25.4.18

Stregonerie. Il bacio più infame (Armando Torno)


Nei testi sulla stregoneria apparsi tra la fine del Medioevo e il secolo dei Lumi si legge sovente il termine «sabba». Pare sia comparso la prima volta durante i processi di Carcassonne del 1318; nel Quattrocento, comunque, si diffuse. Di che si tratta? Evitiamo l'etimologia per dire semplicemente che era un convegno al quale partecipavano adepte di Satana. Tali donne, le streghe, dopo aver stabilito un patto con il signore delle tenebre per ottenere favori e poteri, si sarebbero ritrovate di notte in luoghi convenuti per compiervi riti orgiastici (sorta di antidoto blasfemo a quelli cristiani); in particolare si credeva che si unissero carnalmente al maligno. Esseri umani dai poteri magici – stando a quel che si legge nel famigerato Malleus maleficarum del 1487 – giungevano in volo cavalcando un animale, un bastone, una panca: nel luogo stabilito le attendeva il demonio, sovente nelle sembianze di un capro. Le streghe gli rendevano omaggio con l'«osculum infame». Fermiamoci a questo «bacio spudorato», giacché il resto della scena – secondo libri quali il Formicarius del 1475 o De lamiis et phitonicis mulieribus del 1489 – riguarderebbe parodie della messa, bestemmie, profanazione di ostie e irriverenze contro cose benedette.
«Osculum infame»: ci sono testimonianze del particolare bacio offerto alla regione sacrale del demonio già all'inizio del XII secolo (nel testo prototeatrale Ludus Theophili), le tracce della pratica si perdono soltanto alla fine del Seicento. Ne parlano documenti ufficiali della curia pontificia o si ritrova nelle «Chansons de geste», eccolo raffigurato nei manuali dell'Inquisizione; si immaginava come lo illustrano una scultura nello stallo del portale della cattedrale di Troyes o una xilografia di inizio Seicento nel Compendium maleficarum di frate Francesco Maria Guazzo. L'autore di quest'ultima opera era caro a Federico Borromeo, il cardinale de I Promessi Sposi: durante il suo episcopato a Milano si accesero nove roghi nei quali bruciarono altrettante disgraziate. Sono semplici cenni. Nella vicenda del legnaiolo geloso (e becco) dei Racconti di Canterbury di Chaucer si legge una deliziosa perifrasi: la bella Alison concede un bacio al chierico Assalonne, suo eterno spasimante, porgendogli il fondoschiena da una finestra. Il poverino non si accorgerà subito dell'inganno e Chaucer ne approfitta per ricordare che «baciò a lei l'occhio di dietro», sostituendo il volto al sedere. Altro si trova nei versi del trovatore provenzale Arnaut Daniel e altro ancora nella leggenda di Faust. Giunge sino a noi, pur escludendo la pornografia, come provano alcuni fotogrammi del film di Benjamin Christensen Häxan (1922); di certo non si spiegherebbe, senza ricorso all'«osculum infame», l'attività del gruppo Folk belga «Kiss the Anus of a Black Cat» che nel 2012 ha pubblicato l'album Weltuntergangsstimmung con musiche che evocano, appunto, l'atmosfera della fine del mondo.
Questa storia infinita l'ha ricostruita una filologa romanza, Pantalea Mazzitiello, nel libro Il bacio spudorato, prefato da Franco Cardini. È una ricerca condotta tra testi irriverenti e cerimonie simili a “messe rovesciate”, cercando le mille attinenze e le contaminazioni che ebbe la pratica, i suoi significati simbolici, le trasformazioni.
Si scopre, tra l'altro, che tra il sabba e il carnevale sussiste un nesso, giacché entrambi sono «movimenti verso il basso»: il primo «non porta a una nuova vita, bensì all'altra vita, quella dell'aldilà»; il secondo conduce alla rinascita e al rinnovamento, «alla festosità per gli aspetti corporali e terreni, sfogando le tensioni insite nella rigidità sociale che vige tutto l'anno».
La maschera, grazie al suo aspetto innaturale, rompe i legami tra l'uomo e il mondo e consente un viaggio tra due realtà opposte. Arlecchino, per esempio, prima di essere il personaggio burlesco della commedia borghese, giunge dal mondo infernale. La sua apparizione nell'Historia ecclesiastica del monaco inglese Orderico Vitale (XII secolo), lo mostra come un «selvaggio condottiero della schiera dei morti senza pace»; Dante parla di Alichino, uno dei diavoli della quinta bolgia (canti XXI e XXII dell'Inferno) il cui nome deriverebbe da Hellequin, Harlekin: gli elementi grotteschi, già nella Commedia, si evolveranno trasformandolo.
L'«osculum infame» nella letteratura contemporanea italiana è stato reso, dagli anni Sessanta, con il volgare e laico «leccaculo». Lo testimoniano Gadda e Bassani tra i primi. In tal caso è superflua ogni chiosa. Gli esempi sono troppi.

Il Sole 24 Ore Domenica”, 1 marzo 2015

Nessun commento:

statistiche