20.4.18

"Moretum". Il pesto degli antichi romani


Dall'“Arcigoloso”, che con la cura dell'Arcigola fu per un paio di anni il supplemento gastronomico de “l'Unità”, stralcio - da un più ampio articolo dedicato anche alle nocciole - un brano sull'antico pesto degli italici. Non pochi etimologi fanno derivare da moretum – onde mor(e)tarium, il nome del recipiente che ancora oggi si usa per il pesto o altre preparazioni culinarie e farmaceutiche, appunto il mortaio. (S.L.L.)

Nel poemetto Moretum attribuito con molta incertezza a Virgilio, si parla di una salsa che ha lo stesso nome del componimento e che possiamo definire l’antesignana del celebre pesto ligure e di tutti gli altri pesti che sono praticati e ancora si praticano nella tradizione popolare italiana.
Del Moretum parla anche Columella nel suo libro sull'arte dell'agricoltura nel dodicesimo libro dedicato in parte a ricette di salse e di conserve. La ricetta più usuale prescriveva santoreggia, menta, ruta, coriandolo, sedano, porro da taglio o in mancanza di questo cipolla fresca, poi foglie di lattuga, di ruchetta, di timo verde e un po' di nepitella e anche del puleggio verde e del cacio fresco e salato. Tutti questi ingredienti venivano accuratamente pestati nel mortaio con l'aggiunta di un poco di aceto piperato e dell'olio. L'odierna ricetta classica dei pesto (una salsa ormai amata dagli italiani di ogni regione e particolarmente gradita nella stagione estiva per la sua freschezza e fragranza) com'è noto vorrebbe esclusivamente basilico, aglio, sale grosso, formaggio sardo stagionato mischiato a parmigiano e olio. Ma anche i gastronomi liguri più esigenti non escludono l'aggiunta di pinoli e di noci e così lo stesso Columella proponeva una variante al suo classico Moretum. «Taglia a pezzetti del cacio gallico (Plinio lo riteneva fra i migliori del suo tempo), o qualunque altro cacio vorrai, e pestalo nel mortaio; mescolavi poi, oltre ai condimenti indicati sopra (le verdure), dei pinoli se ne hai in abbondanza o altrimenti delle nocciole abbrustolite e liberate della cuticola o ancora delle mandorle, mettigli qualche goccia di aceto piperato, rimescola tutto insieme e condisci questo composto con olio».

“L'arcigoloso – l'Unità”, 28 agosto 1989

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