25.4.18

“Questo abbiamo fatto”. Una poesia per il 25 aprile (Giovanni Serbandini)


Giovanni Serbandini, nome di battaglia “Bini”, fu partigiano sui monti della Liguria, direttore dell'edizione ligure de “l'Unità” e deputato comunista. (S.L.L.)
Giovanni Serbandini

E quando non potremo più andare
per la vecchiaia o i malanni
su questo monte ci faremo portare
a dorso di mulo.
Batterà il cuore,
con l'ansia della prima azione
tentata quasi senz'armi,
al riconoscere nell'aria pulita
le foglie che allora ci salvarono,
le cime e i paesi familiari
con i distaccamenti
usciti più forti
nonostante Alexander
dai rastrellamenti invernali.

E se, risuonando
il nostro nome partigiano,
una mano ci stringerà
scura di fatica,
la vedremo in ogni casa contadina
spartire con noi la minestra,
indicarci la strada o il nemico,
una rude carezza passare
sul collo del mulo tornato
all'alba nel paese distrutto
scappando ai predoni fascisti.

Il vento scuoterà le fronde
come bandiere e i volti
riappariranno - giovani volti
dalle ferite segnati
e più dalla consapevolezza -
di Beppe, Cialacche, Berto, Pinan
e degli altri che dissero:
"Solo mi dispiace
di non poterci essere
alla battaglia finale".

Eppure con loro scendemmo
bloccate le strade al nemico,
e già con il loro nome
si chiamavano nelle fabbriche
nelle strade i fratelli
insorti a migliaia con l'arma in pugno.
Soprattutto a loro
il generale tedesco si arrese
quel venticinque d'aprile.

Se dunque più dei malanni
o della morte ci pesa
l'ipocrisia dominante,
oh non temete:
questo abbiamo fatto
e questo resterà
luminoso come il sole
sulle foglie del monte.

Da Poesie Partigiane, Guanda, 1961

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