Jack Kerouac |
Viaggio tra bar e luoghi
dell'Upper West Side
dove Kerouac ambientò il
primo romanzo
sull’assassinio di un
amico
Havana Central è un bar
di fronte alla Columbia University, il sito web lo consiglia «ai
bambini» e il solo lamento dei clienti è che le «empanadas»
arrivano fredde dal forno a microonde. Gli studenti del campus lo
frequentano discutendo di crisi e disoccupazione. Per la passeggiata
romantica vanno nel ridente Riverside Park, lungo il fiume Hudson,
disinquinato e colmo di pesci. I campi di calcio dei ragazzini
punteggiano la riva, tra gli alberi: nessuno ricorda che la storia
della beat generation americana è cominciata proprio in
questo bar e in questo parco. Allora il bonario Havana Central si
chiamava West End bar, e sui tavoli di legno incidevano il nome col
temperino il poeta Allen Ginsberg del poema Urlo, 1956, lo
scrittore Jack Kerouac di Sulla strada, 1957, e William
Burroughs de Il pasto nudo, 1959, intellettuale guida del
gruppo.
In quel parco oggi così
domestico si consumò il fatto di sangue che battezza nella violenza
il movimento letterario. Ginsberg studiava alla Columbia, Burroughs,
fuoricorso di Harvard e Kerouac, ex giocatore di football nella
squadra della Columbia, gravitano intorno al campus, con Lucien Carr,
amico della ragazza di Kerouac, Edie Parker, e David Kammerer, che si
innamora di Carr. Il 13 agosto del '44, due mesi dopo lo sbarco in
Normandia, Carr, stufo delle avances aggressive, uccide
Kammerer al Riverside Park, appena fuori dal West End bar, oggi
Havana, e ne getta il cadavere nell'Hudson. L'arma del delitto, un
coltello da boy scout, è nascosta da Kerouac e anche Burroughs aiuta
l'amico assassino. Carr infine confessa; Burroughs, che è già stato
condannato in Messico per avere ucciso la moglie, «omicidio colposo»
secondo una sentenza «orientata» dai dollari della sua famiglia, e
Kerouac non vengono mandati alla sbarra per complicità e scrivono
insieme nel 1945 un romanzo sul delitto E gli ippopotami si sono
lessati nelle loro vasche, pubblicato l’anno scorso da Adelphi.
Kerouac tornerà sull'assassinio ne La città e la metropoli,
appena tradotto da Newton Compton.
Per scampare ai processi
che incombono, Ginsberg e Kerouac scelgono la strada dell'incapacità
mentale, Burroughs, dopo la morte violenta della moglie e di
Kammerer, ripara a Parigi. Così, in un quarto di miglio quadrato di
New York, nasce nella violenza il mito della beat generation.
Per capire cosa resta oggi della sua esperienza letteraria, umana, di
costume e politica, occorre ripartire da quel West End che Manhattan
2012 candeggia in Havana Central.
I beat non sono scomparsi
con la morte dei padri fondatori, lo provano da noi le continue
traduzioni, il lavoro editoriale di Emanuele Bevilacqua e della
Cooper. In America Harper Collins ha appena pubblicato Rub out the
words, magnifico epistolario di Burroughs 1959-1974 a cura di
Bill Morgan. Le droghe che accompagnano la vita dello scrittore, i
due assassinii in cui è coinvolto, non ne toccano il valore
letterario: livido, cerebrale, erotico, Il pasto nudo anticipa
Pasolini, Houellebecq, Littell. Il suo intuito critico, la rottura
con l'establishment, sono vivi nella lettera-stroncatura che invia a
Truman Capote, accusandolo di non avere difeso i killer protagonisti
del suo capolavoro A sangue freddo dalla pena di morte: «Hai tradito
e svenduto il tuo talento… ti verrà ritirato. Goditi i tuoi
sporchi soldi. Non avrai più nulla da dire. Non scriverai mai più
una frase degna di A sangue freddo. Come scrittore sei
finito». Il critico Luc Sante annota freddo sul New York Times del 7
febbraio: «E infatti Capote non riuscirà più a finire un libro».
In Italia l'esperienza
della beat generation filtra attraverso il lavoro della magnifica
Fernanda Pivano. Dalla Poesia degli ultimi americani, a
L'altra America negli anni Settanta, al saggio introduttivo di
Jukebox all'idrogeno, le poesie di Ginsberg, Nanda Pivano crea
la «sua» beat generation. Pacifista radicale, ne espunge la
violenza, gli eccessi sessuali sono diradati dalla signorina perbene
le cui gambe fecero innamorare Pavese - che le cita nelle sue lettere
- e che amò sempre con fedeltà il marito Ettore Sottsass. La droga
era per lei solo «esperimento», Pivano che non prendeva neppure
l'Aspirina, figuriamoci l'eroina. La beat generation «italiana»,
grazie a Nanda, è innocente, senza nichilismo e autodistruzione. Una
grande famiglia, dove magari si può andare a letto tutti insieme,
come la poetessa Diane di Prima racconta di aver fatto con Ginsberg,
Kerouac, Orlovsky al Greenwich Village: «Avevo pure le mestruazioni…
ma Kerouac non si fermò» (Memorie di una beatnik), ma ci si
vuole bene.
La vera «beat
generation» era più dura, come duro era il cuore della Guerra
Fredda, stagione di paura nucleare, in cui prosperò. L'America era
superpotenza, il superdollaro garantiva a Gary Snyder di studiare Zen
in Giappone, a Burroughs di vivere a Parigi, a Ginsberg di visitare
Praga nel '68. Prima della fama c'era sempre un lavoro, anche per i
più poveri come Neal Cassidy, eroe segreto di Sulla Strada, o
i più intraprendenti, come Ferlinghetti e la sua storica libreria
City Lights di San Francisco, ispirata a Chaplin. I beat non erano
ideologici, Ginsberg si batteva contro la guerra ma scriveva sui muri
«Ez for Prez», eleggete Ezra Pound presidente, in difesa del poeta
fascista internato in manicomio dal '45. Kerouac era conservatore, On
the road è romanzo di individualisti, non di rivoluzionari.
L'America di Einsenhower, generale, poi rettore della Columbia che
vede nascere i beat e infine presidente 1952-1960, era spigolosa,
sicura di sé, guardatela in tv nella serie Madmen. L'alcol la
irrorava, vedi il calvario del grande scrittore John Cheever, il
sesso restava nascosto ma la liberazione sessuale di Talese, Roth,
Bellow e Updike era dietro l'angolo.
I beat sapevano che i
loro eccessi, letterari e personali, avrebbero sempre avuto qualcuno,
famiglia o mecenate, pronto a pagare cauzione e assicurazioni.
Ribelli del benessere alzavano il loro Urlo, titolo del poema
celebre di Ginsberg, ma poi recitavano come lui il Kaddish, orazione
funebre per la mamma scomparsa «Strano ora pensare a te, andata
senza corsetti e occhi…». Poi moriranno i Kennedy, Malcolm X e il
reverendo King, bruceranno scuole, ghetti e Vietnam, il dollaro
perderà parità con l'oro nel 1971 con Nixon e il conformismo odiato
dai beat sarà rimpianto dal regista George Lucas in American
Graffiti. Restano, dimenticata la moda, i versi allucinati «Ho visto
le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia,
affamate nude isteriche» di Ginsberg, la vitalità di Kerouac «era
lei, la ragazza che avevo sempre sognato», il formalismo di
Burroughs. Il resto è kitsch, a Denver, «che ha nostalgia dei suoi
eroi» scriveva Ginsberg, potete perfino fare un giro turistico per i
luoghi beat di Neal Cassidy, www.litkicks.com/Denver/BeatTrain.html
e prima o poi ci sarà un parco giochi Beatland, magari ispirato al
poema Coney Island della mente di Ferlinghetti.
I libri sono in
biblioteca alla Columbia, ma l'avventura è finita, West End bar si
chiama Havana, coltelli e amori violenti sono dimenticati: rischiate
al più che l'empanadas sia fredda.
Tuttolibri La Stampa, 12
febbraio 2012
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