Palermo, Mangiare di strada |
Mussu, masciddaru
e carcagnolu sono parte integrante dello sterminato e antico
mondo del mangiare da strada palermitano. In genere il delegato alla
vendita di queste frattaglie è il “quarumaro”. Ma chi è il
quarumaru?
INGREDIENTI
Frattaglie di vitello,
secondo i vostri gusti (leggi in premessa)
Sale
Limone
Pepe (facoltativo)
PROCEDIMENTO
Mettere l’acqua
sufficiente nella pentola e portarla a bollore, unire le frattaglie e
farle cuocere fin quando sono ben cotte. Toglierle con delicatezza
dalla pentola, aiutandovi con una schiumarola, e sciacquarle in
abbondante acqua di fonte. Quando saranno fredde tagliarle a pezzetti
e servirle condendo con succo di limone, sale e pepe, se piace.
CURIOSITÀ
Quarumaru è colui
che nella sua bottega serve, già pronti per essere mangiati trippa,
quarume (termine tradotto in italiano con caldume che deriva
dal vocabolo greco cholàdes che vuol dire budellame, trippe,
intestini e dalla cui radice derivano anche le parole kaldàumen
– in tedesco – e kaldum – in danese – con lo stesso
significato).
In questo regno di
squisitezze troviamo anche ‘u mussu (muso) o,
come dicevano anticamente, 'a nasca (il
naso). In effetti, questo piatto, è un insieme di parti del vitello
che comprende principalmente mussu, masciddaru (la
parte carnosa della mascella) e carcagnuolu (il calcagno).
Daniele Billitteri,
noto giornalista palermitano ed appassionato di cucina, nel suo libro
Cose Nostre – Homo Panormitanus, nel capitolo Cosa bolle in
pentola? La quarume, fotografa con grande efficacia i luoghi preposti
alla vendita di frattaglie.
Ecco cosa dice:
“…Mai chiedere
prima di assaggiare. La stigghiola, infatti, non
finisce solo arrosto. Può finire anche bollita. In questo caso si
chiama ziniere o zinienu e
appartiene al pianeta quarume…
….Naturalmente chi vende quarume, quasi
sempre vende anche il musso, cioè quella parte del vitello che
comprende la testa, i piedi, le mammelle, e….quello. Si, esatto,
proprio quello, simbolo dei simboli che, senza tanti preamboli né
tiepidezze, si definisce sic et sempliciter nerbo. Anche qui (come
per il panellaro) c’è un piano inclinato in genere ricoperto di
larghe foglie di broccolo sulle quali vengono posati i pezzi già
bolliti e serviti freddi tagliati a pezzetti cosparsi di limone. C’è
il masciddaru……, la lingua, gli occhi, le
orecchie. Poi ci sono i piedi che si dividono in frontali e
carcagnuoli. I primi si tagliano a pezzi, i
secondi si arrosicano (rosicchiamo) a stricasale secondo un rituale
ormai codificato. Nerbo, frontali e masciddaru
si possono usare per fare un’insalata con l’aggiunta di cipolla
rossa calabrese, olive bianche salate, sedano, carote, olio e aceto.
Con le sole parti bianche (nerbo e frontali) si fa invece l’nsalata
che i nobili chiamano di “nervetti”……..
Personalmente questa
pietanza la preferisco all’antica, ovverosia semplicemente composta
da mussu, masciddaru e carcagnuolu, con una spremuta di limone e una
spolverata di sale, a stricasale appunto.
dal sito RICETTE DI
SICILIA - APPUNTI DI UN VIAGGIO GASTRONOMICO - http://www.ricettedisicilia.net/
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