Per avvicinarsi al mondo
di Lawrence occorre avere bene a mente due cose: primo, la natura del
suo temperamento individuale e, secondo, la relazione tra un tale
temperamento e i suoi tempi. Poiché Lawrence è stato singolarmente
unico e allo stesso tempo una figura rappresentativa della nostra
epoca. Emerge tra le costellazioni come una minuscola stellina
scintillante; luccica più splendente mano a mano che comprendiamo la
nostra epoca. Se non fosse stato così perfettamente il riflesso del
suo tempo, sarebbe stato già dimenticato. Così, la sua importanza
aumenta con il tempo. Non che diventi più grande o che si avvicini
alla terra.
No, rimane dov'era
all'inizio: rimane come un esile puntino sopra l'orizzonte, come una
stella della sera, ma quando sopraggiunge la notte - perché è
proprio la notte ciò che ci viene addosso con sempre maggior forza -
diventa più brillante. Lo capiamo meglio quanto più avanziamo nella
notte.
Ho sparsi davanti a me
gli appunti dai quali nascerà questo libro su Lawrence. Sono un
mucchio enorme, sconcertante. Alcuni di essi non li capisco più
nemmeno io. Altri li vedo già sotto una nuova luce. Gli appunti sono
pieni di contraddizioni. Lawrence era pieno di contraddizioni. La
vita stessa è piena di contraddizioni. Non voglio imporre nessun
ordine più alto sull'uomo, sul suo lavoro, sul suo pensiero di
quanto non lo imponga la vita. Non voglio stare fuori dalla vita,
giudicandola, ma dentro di essa, sottomettendomi a essa, riverendola.
Parlo di contraddizioni.
E immediatamente mi sento obbligato a contraddire quello che dico.
Per esempio, voglio che sia chiaro dal principio che un uomo come
Lawrence aveva ragione, aveva ragione in tutto quello che diceva, in
tutto quello che faceva, anche quando ciò che diceva o faceva era
ovviamente sbagliato, ovviamente stupido, ovviamente prevenuto o
ingiusto. (Fa del suo meglio per provare quello che dico in opere
quali i suoi studi su Poe e su Melville). Lawrence era contro il
mondo come esso è. Il mondo è sbagliato, è stato sempre sbagliato
e lo sarà sempre. In questo senso Lawrence aveva ragione, ha ancora
ragione e l'avrà sempre. Ogni essere sensibile, consapevole del
proprio potere, del proprio diritto, sente questa opposizione. Il
mondo, comunque, c'è e non sarà negato. Il mondo dice NO. Il mondo
scuote eternamente il capo per dire NO.
La figura più importante
dell'intero mondo occidentale è stata per duemila anni l'uomo che
era la quintessenza della contraddittorietà: Cristo. Era una
contraddizione per sé e per il mondo. E tuttavia, coloro che erano
contro di lui, o contro il mondo, o contro se stessi, hanno compreso.
E compreso da tutti, ovunque, anche se rifiutato. E forse perché è
stato una contraddizione? Non rispondiamo immediatamente. Teniamo
questa domanda in sospeso. Qui, toccando questo punto, siamo molto
vicini a qualcosa che ci riguarda tutti profondamente. Ci avviciniamo
quasi all'enigma da dietro. Riflettiamo un istante con calma. Ci fu
Cristo, la figura splendida e luminosa che ha dominato tutta la
nostra storia. Ci fu anche un altro uomo - San Francesco d' Assisi.
Fu secondo a Cristo in ogni senso. Fece una tremenda impressione al
mondo - forse perché, come i Bodhisattva che hanno rinunciato al
Nirvana per aiutare l'umanità, anche lui scelse di rimanere vicino a
noi. Ci sono state queste due luminose figure, dunque. Ce ne sarà
una terza? Ci può essere? Se mai ci fu uomo nel corso dell' epoca
moderna che raggiunse quasi questo culmine, fu D. H. Lawrence.
Ma la tragedia della vita
di Lawrence, la tragedia del nostro tempo, è questa - che se egli
fosse stato questa terza grande figura, non l'avremmo mai saputo.
L'uomo non è mai pienamente nato - perché non è mai stato opposto
fino in fondo. E un busto perpetuamente impantanato nell'acquitrino.
Alla fine il busto sparirà comunque.
Lawrence scomparirà con
il tempo che ha così magnificamente rappresentato. Anche lui lo
sapeva. Ecco perché la speranza e la disperazione alle quali ha dato
voce sono così elegantemente equilibrate. Consumatum est, ha
gridato verso la fine. Non sul letto di morte, ma sulla croce, mentre
era vivo e in pieno possesso delle sue facoltà. Proprio come Cristo
sapeva in anticipo cosa vi era in serbo per lui, accettando il suo
ruolo, così anche Lawrence sapeva e ha accettato. Ognuno è andato
incontro a un destino differente. Cristo aveva già svolto il suo
dovere quando fu messo in croce. Lawrence si inchiodò alla croce
perché sapeva che il compito non poteva essere assolto - né il suo
compito né quello del mondo. Gesù fu ucciso. Lawrence fu obbligato
a commettere suicidio. Ecco la differenza.
Lawrence non fu il primo.
Ci furono altri prima di lui, per tutta l'epoca moderna, che
dovettero farsi fuori. Ogni suicidio fu una sfida. Rimbaud, Nietzsche
- tragedie che accesero quasi una scintilla. Appare Lawrence e non
succede niente. Vende meglio, e questo è tutto. Ho detto un momento
fa che la contraddittorietà di Cristo ci ha portati molto vicino a
qualcosa di vitale, a una paura che ci attanaglia. Lawrence ci ha
reso di nuovo consapevoli di ciò - sebbene sia stata quasi
istantaneamente congedata. Quale è l'essenza di questo enigma?
Essere nel mondo senza essere del mondo. Approfondire la concezione
del ruolo dell'uomo. Come si fa?
Negando il mondo e
proclamando la realtà interiore? Conquistando il mondo e
distruggendo la realtà interiore? In ogni caso vi è sconfitta. In
ogni caso vi è trionfo, se volete. Sono la stessa cosa, sconfitta e
vittoria - è solo questione di cambiare la propria posizione.
C'è un mondo della
realtà esteriore, o azione, e il mondo della realtà interiore, o
pensiero. Il fulcro è l' arte. Dopo lungo uso, dopo infinite
altalene, il fulcro si logora. Allora, quasi fossero elette
divinamente, sorgono figure, solitarie e tragiche, di uomini che
offrono le loro nude spalle come fulcro per il mondo. Periscono sotto
il peso opprimente di questo fardello.
Ne nascono altri, sempre
più numerosi, fino a che dai molti sacrifici eroici si costruisce un
fulcro di carne viva che può di nuovo tenere in equilibrio il peso
del mondo. Questo fulcro è l' arte, che all'inizio era carne grezza
che era azione, che era fede, che era il senso del destino.
Oggi il mondo dell'azione
è esausto, e così anche il mondo del pensiero. Non c'è senso
storico né una realtà interiore, metafisica. Nessun uomo, oggi, può
chinarsi a offrire le proprie nude spalle come supporto. Il mondo si
è dilatato a tal punto che la schiena più possente non sarebbe
ampia a sufficienza per sostenerlo. Oggi sta albeggiando su uomini
che, se vogliono trovare la salvezza, devono tirarsi in piedi solo
con le proprie forze. Devono scoprire da sé un nuovo senso di
equilibrio. Ognuno deve, per se stesso, ritrovare il senso del
destino.
In passato una figura
come Cristo poteva creare un mondo immaginario abbastanza potente
nella sua realtà da renderlo la leva del mondo. Oggi ci sono milioni
di esseri disposti al sacrificio, ma non abbastanza forza in molti di
loro per sollevare un granello di sabbia. Il mondo è guasto, e gli
uomini, individualmente, sono guasti. Siamo sulla strada sbagliata,
tutti noi. Un gruppo, quello più numeroso, insiste nel cambiare il
modello esterno - la configurazione sociale, politica, economica. Un
altro gruppo, molto piccolo ma di maggiore potere, insiste nello
scoprire una nuova realtà. Non c'è speranza in alcun modo.
L'interiore e l'esteriore sono una cosa sola. Se ora sono separati è
perché un nuovo modo di vita sta per essere introdotto.
C'è un solo regno nel
quale l'interiore e l'esteriore possono ancora essere fusi, ed è il
regno dell'arte. La maggior parte dell'arte rifletterà la morte che
sta avendo luogo, ma solo gli spiriti più precoci possono fornire
un' indicazione della vita che verrà. Proprio come i popoli
primitivi continuano in mezzo a noi la loro vita di cinquanta o
centomila anni fa, così gli artisti. Stiamo affrontando una
condizione di vita assolutamente nuova. Un cosmo interamente nuovo
dev'essere creato, e dev'essere creato dalle nostre isolate, separate
parti viventi. Siamo noi, i bocconi indistruttibili di carne vivente,
a formare il cosmo. Il cosmo non è fatto nella mente, da filosofi o
metafisici, né è fatto da Dio.
Una rivoluzione economica
non lo creerà certamente. E qualcosa che portiamo dentro di noi e
che costruiamo intorno a noi: noi siamo parte di ciò e siamo noi che
dobbiamo trasformarlo in essere.
Dobbiamo capire chi e che
cosa siamo. Dobbiamo portarlo a compimento, sia nella creazione sia
nella distruzione. Quello che facciamo la maggior parte del tempo è
negare o desiderare. Mai, dall'inizio della nostra storia, della
nostra storia occidentale, siamo stati desiderosi che il mondo fosse
qualcosa di diverso da quello che è. Ci modifichiamo per adattarci a
un' immagine che è stata un miraggio. Questa volta è giunta a
esaurimento nel dubbio supremo. Siamo paralizzati; roteiamo sul perno
del sé come dervisci ubriachi. Niente ci libererà se non una nuova
conoscenza - non la veggenza socratica, ma l' accorgimento, che è
conoscenza divenuta attiva.
Infatti, come Lawrence ha
predetto, stiamo entrando nell'era dello Spirito Santo. Stiamo per
abbandonare lo spirito del nostro io morto e stiamo per entrare in
nuovo campo. Dio è morto. Il Figlio è morto. E noi siamo morti
proprio perché questi ci hanno abbandonato. Non si tratta, in
realtà, di vera morte, ma di Scheintot. Di Proust è stato
detto da qualcuno che «era il più vivo tra tutti i morti». In quel
senso siamo ancora vivi. Ma gli assi si sono rotti, i poli non
funzionano più. Non è né notte né giorno. Né è crepuscolo.
Siamo trasportati alla deriva con il flusso.
“la Repubblica”, 5
gennaio 2007
Nessun commento:
Posta un commento