22.5.18

Un sobbalzo di breve durata (Umberto Eco)

Giorgio Celli

Il mio amico Giorgio Celli, scrittore ma anche professore di entomologia, una volta aveva scritto un racconto su un delitto perfetto, e sia lui sia io eravamo i protagonisti di questo racconto. Il personaggio Celli aveva inserito nel tubetto del dentifricio del personaggio Eco una sostanza chimica che attira sessualmente le vespe; Eco si era lavato i denti prima di andare a letto e la sostanza, rimasta in misura sufficiente sulle sue labbra, aveva attirato sciami di vespe eccitate sul suo volto, con effetti mortali. Il racconto fu pubblicato sulla terza pagina del quotidiano bolognese II resto del carlino. Dovete sapere che la terza pagina di ogni quotidiano italiano, almeno sino a pochi anni fa, era regolarmente dedicata alla cultura, e l’articolo detto “elzeviro”, quello di sinistra, poteva essere o una recensione, o un breve saggio, o anche un racconto. Il racconto di Celli è uscito come elzeviro col titolo Come ho ucciso Umberto Eco. I redattori del quotidiano evidentemente ritenevano che i lettori sapessero che tutto ciò che appare in un giornale deve essere preso sul serio, tranne l’elzeviro, che deve o può essere inteso come esempio di narrativa artificiale.
Ma quella mattina, quando sono entrato nel bar sotto casa per prendere il mio caffè, sono stato accolto da manifestazioni di gioia e di sollievo da parte dei baristi, i quali avevano creduto che Celli mi avesse realmente ucciso. Ho attribuito l’incidente al fatto che quelle persone non avessero una cultura sufficiente per riconoscere le convenzioni giornalistiche; ma più tardi ho incontrato il mio preside, persona colta e che conosce assai bene queste convenzioni, il quale mi ha detto che quella mattina, aprendo il giornale, aveva avuto un sobbalzo. Un sobbalzo di breve durata, ma per un momento quel titolo, su un giornale, che per definizione racconta avvenimenti realmente accaduti, gli era parso riferirsi a una notizia reale.

da Sei passeggiate nei boschi narrativi Bompiani, 1994

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