Il generale Kutuzov |
La parola (dal greco anékdotos
= non destinato alla stampa, segreto) significava, in origine, inedito. È, ad
esempio, il titolo - in latino, Historia
arcana — di un'opera dello scrittore bizantino Procopio di Cesarea, scritta
probabilmente nel 550 e pubblicata postuma per via dei suoi attacchi
all'imperatore Giustiniano e a Teodora.
Questa accezione, che era ancora viva
nel linguaggio accademico francese del Settecento, è stata ormai sostituita da
quella di «particolarità storica». Dell'antico significato resta che l'aneddoto
riguarda personaggi storici o comunque famosi e consiste in una succinta
narrazione di episodi, battute, dialoghi. Fa parte insomma di quella che i
francesi chiamano la petite histoire.
Nell'antichità, quel che è oggi l'aneddoto era anche l’apoftegma, cioè la battuta — che in
genere conteneva una massima morale — pronunciata da qualche personaggio
celebre o a lui attribuita. Sotto il nome di Plutarco va, ad esempio, una delle
più note sillogi di aneddoti e apoftegmi dell'antichità, che con i testi di
Dione Cassio, Aulo Gellio, Macrobio e Valerio Massimo ha avuto una importanza
grandissima per la cultura medievale. L'aneddotica morale dell'età cristiana,
d'altronde, nasce in buona parte dalla tradizione della biografia classica,
intesa come collezione di ammaestramenti memorabili. Tuttavia si può dire che
anche non poca parte delle narrazioni evangeliche potrebbe venir rubricata come
collezione di aneddoti, ossia narrazione delle cose operate e dette da Gesù
Cristo.
Non necessariamente collegati da una sostenuta continuità storica, e
dotati invece di caratteri esemplari ed edificanti, quei fondamentali modelli
di pietà e di letteratura vengono applicati, per tutta l'Età Media, ai «detti»
e ai «fatti» dei santi o degli imperatori. Ad esempio, il Novellino (secolo XIII) è ricchissimo di aneddoti attribuiti a
personaggi antichi e moderni: Federico II, il Saladino, i reali di Francia e di
Inghilterra. E il genere non manca neppure nel Boccaccio e nella posteriore
novellistica. Ricordiamo per la letteratura francese l'importanza della
traduzione delle Opere morali di
Plutarco, pubblicata da Amyot nel 1572 e molte volte ristampata; il gusto
dell'aneddoto a rinforzo dell'esempio morale, che tocca tutti i memorialisti
del Sei e Settecento, dalle Historiettes di
un Tallemant de Réaux (1619-1692), oggi giustamente rivalutate, fino ai Caractères et anecdotes (1803, postumi)
di uno Chamfort.
Per la cultura inglese, oltre alle settecentesche raccolte di
aneddoti dello Spencer e di sir Horace Walpole, va rammentata l'aneddotica di
un Samuel Johnson, conosciuta dalla biografia del Boswell e dalla raccolta di
Mrs. Thrale. Lungo questa linea, gli scritti di memorie del secolo XIX sono
stati e continuano ad essere la sede elettiva degli aneddoti: dai Mémoires d'outretombe di Chateaubriand,
alle Choses vues di Hugo, a Passato e pensieri di Herzen, e ad altri
molti.
Innumerevoli le raccolte oggi esistenti di aneddoti relativi a
personaggi storici e ad artisti. Il genere sopravvive invero come giornalismo
minore, al limite della cronaca mondana, o come ingrediente del giornalismo
politico o letterario. L'aneddoto non di rado apre o chiude l'articolo come
l'elemento « vivo » che dovrebbe servire ad avvicinare l'argomento trattato al
lettore comune. Aneddoti immaginari debbono poi essere considerate le storielle
satiriche che ricorrono a proposito di questo o quel personaggio politico. Mentre
il genere letterario ha perduto la sua autonomia proprio in corrispondenza al
trionfo della narrazione o della poesia di soggetto storico; e cioè con l'età
romantica. O è sopravvissuto, semmai, come raccolta di apoftegmi attribuiti ad
un personaggio immaginario (il Didimo
Chierico di U. Foscolo, il Filippo
Ottonieri di G. Leopardi).
Qualche volta l'aneddoto entra come semplice elemento in
un'opera letteraria (Heine, Platen, Hérédia, Carducci). E talvolta giunge alla
grande poesia: pensiamo all'aneddoto del generale Kutùzov, in Guerra e pace
di Tolstoj, che si addormenta durante il consiglio di guerra; o al dialogo
mimato fra papa Gregorio e i cardinali Orioli e Falconieri in un famoso sonetto
di G. G. Belli. Nella letteratura contemporanea, forse l'unico scrittore che
abbia portato l'aneddoto ad altezza letteraria è Bertolt Brecht, che lo
considerava proprio per la sua forza di esempio e ammaestramento
medievaleggiante, secondo una tradizione sopravvissuta nei lunari e negli
almanacchi popolari: si vedano i racconti intitolati appunto Storie da
calendario, nonché alcune delle poesie che vi sono inserite, come La
leggenda di Lao Tse. Brecht è l'ultimo dei moderni, d'altronde, che abbia
creato un personaggio vivo con una collana di aneddoti e di apoftegmi: il signor
Keuner, nelle Storie omonime.
Da Ventiquattro voci
per un dizionario di lettere, Il Saggiatore, 1968
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