9.11.13

Aneddoto. Una voce da enciclopedia (Franco Fortini)

Il generale Kutuzov
La parola (dal greco anékdotos = non destinato alla stampa, segreto) significava, in origine, inedito. È, ad esempio, il titolo - in latino, Historia arcana — di un'opera dello scrittore bizantino Procopio di Cesarea, scritta probabilmente nel 550 e pubblicata postuma per via dei suoi attacchi all'imperatore Giustiniano e a Teodora. 
Questa accezione, che era ancora viva nel linguaggio accademico francese del Settecento, è stata ormai sostituita da quella di «particolarità storica». Dell'antico significato resta che l'aneddoto riguarda personaggi storici o comunque famosi e consiste in una succinta narrazione di episodi, battute, dialoghi. Fa parte insomma di quella che i francesi chiamano la petite histoire.
Nell'antichità, quel che è oggi l'aneddoto era anche l’apoftegma, cioè la battuta — che in genere conteneva una massima morale — pronunciata da qualche personaggio celebre o a lui attribuita. Sotto il nome di Plutarco va, ad esempio, una delle più note sillogi di aneddoti e apoftegmi dell'antichità, che con i testi di Dione Cassio, Aulo Gellio, Macrobio e Valerio Massimo ha avuto una importanza grandissima per la cultura medievale. L'aneddotica morale dell'età cristiana, d'altronde, nasce in buona parte dalla tradizione della biografia classica, intesa come collezione di ammaestramenti memorabili. Tuttavia si può dire che anche non poca parte delle narrazioni evangeliche potrebbe venir rubricata come collezione di aneddoti, ossia narrazione delle cose operate e dette da Gesù Cristo. 
Non necessariamente collegati da una sostenuta continuità storica, e dotati invece di caratteri esemplari ed edificanti, quei fondamentali modelli di pietà e di letteratura vengono applicati, per tutta l'Età Media, ai «detti» e ai «fatti» dei santi o degli imperatori. Ad esempio, il Novellino (secolo XIII) è ricchissimo di aneddoti attribuiti a personaggi antichi e moderni: Federico II, il Saladino, i reali di Francia e di Inghilterra. E il genere non manca neppure nel Boccaccio e nella posteriore novellistica. Ricordiamo per la letteratura francese l'importanza della traduzione delle Opere morali di Plutarco, pubblicata da Amyot nel 1572 e molte volte ristampata; il gusto dell'aneddoto a rinforzo dell'esempio morale, che tocca tutti i memorialisti del Sei e Settecento, dalle Historiettes di un Tallemant de Réaux (1619-1692), oggi giustamente rivalutate, fino ai Caractères et anecdotes (1803, postumi) di uno Chamfort. 
Per la cultura inglese, oltre alle settecentesche raccolte di aneddoti dello Spencer e di sir Horace Walpole, va rammentata l'aneddotica di un Samuel Johnson, conosciuta dalla biografia del Boswell e dalla raccolta di Mrs. Thrale. Lungo questa linea, gli scritti di memorie del secolo XIX sono stati e continuano ad essere la sede elettiva degli aneddoti: dai Mémoires d'outretombe di Chateaubriand, alle Choses vues di Hugo, a Passato e pensieri di Herzen, e ad altri molti. 
Innumerevoli le raccolte oggi esistenti di aneddoti relativi a personaggi storici e ad artisti. Il genere sopravvive invero come giornalismo minore, al limite della cronaca mondana, o come ingrediente del giornalismo politico o letterario. L'aneddoto non di rado apre o chiude l'articolo come l'elemento « vivo » che dovrebbe servire ad avvicinare l'argomento trattato al lettore comune. Aneddoti immaginari debbono poi essere considerate le storielle satiriche che ricorrono a proposito di questo o quel personaggio politico. Mentre il genere letterario ha perduto la sua autonomia proprio in corrispondenza al trionfo della narrazione o della poesia di soggetto storico; e cioè con l'età romantica. O è sopravvissuto, semmai, come raccolta di apoftegmi attribuiti ad un personaggio immaginario (il Didimo Chierico di U. Foscolo, il Filippo Ottonieri di G. Leopardi).
Qualche volta l'aneddoto entra come semplice elemento in un'opera letteraria (Heine, Platen, Hérédia, Carducci). E talvolta giunge alla grande poesia: pensiamo all'aned­doto del generale Kutùzov, in Guerra e pace di Tolstoj, che si addormenta durante il consiglio di guerra; o al dialogo mimato fra papa Gregorio e i cardinali Orioli e Falconieri in un famoso sonetto di G. G. Belli. Nella let­teratura contemporanea, forse l'unico scrittore che ab­bia portato l'aneddoto ad altezza letteraria è Bertolt Brecht, che lo considerava proprio per la sua forza di esempio e ammaestramento medievaleggiante, secondo una tradizione sopravvissuta nei lunari e negli almanacchi po­polari: si vedano i racconti intitolati appunto Storie da calendario, nonché alcune delle poesie che vi sono inserite, come La leggenda di Lao Tse. Brecht è l'ultimo dei moderni, d'altronde, che abbia creato un personaggio vivo con una collana di aneddoti e di apoftegmi: il si­gnor Keuner, nelle Storie omonime.


Da Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Il Saggiatore, 1968

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