Nel 2011 Eugenio Bennato raccontò
in un volume (Brigante se more,
Coniglio editore) i retroscena della composizione di Omme se nasce, brigante se more, una sua ballata conosciuta in tutto il mondo. Lo intervistò per “alias” Simona Frasca.
Colloco qui uno stralcio dalle sue risposte. (S.L.L.)
Nel 1979 mi fu commissionata la
colonna sonora di un film per la televisione tratto dal libro di Carlo
Alianello L'eredità della priora, il
primo romanzo sulla storia del Risorgimento raccontata dalla parte dei
perdenti. L'ingaggio fu di quelli importanti perché la Rai ebbe il coraggio di
raccontare una storia fino a quel momento nota all'opinione pubblica solo in
maniera unilaterale e di affidare a due giovani autori la musica. Il tema
principale era il brigantaggio, la storia di coloro che opposero una strenua
resistenza all'esercito dei Savoia e che subirono una doppia sconfitta, quella
delle armi e quella della storia, visto che nessuno si ricorda di loro.
Del brigantaggio si è persa
memoria, all'epoca ci documentammo ma non trovammo nulla che potesse aiutarci.
Carlo D'Angiò e io scrivemmo Omme se
nasce, brigante se more, un canto che ha conosciuto una storia atipica
perché raggiunse il successo non attraverso il consueto meccanismo discografico
ma per scelta popolare. Il nostro componimento, che è stato tradotto in molte
lingue, si presta ad essere un canto di lotta per tutti i movimenti
protestatari del mondo. Per esempio a Casal di Principe 15 anni fa, in seguito
all'uccisione di don Diana, la ballata fu utilizzata come simbolo di lotta
contro la camorra con il testo adattato a quella tragica occasione. Ultimamente
ho ricevuto un altro rifacimento dal titolo Pa'
vita se more realizzato dal presidio contro la discarica di Chiaiano e
Marano. È tipico di un canto che diventa popolare di essere modificato e
trasformato a tal punto da far perdere di vista il nome dell'autore. Questo ci
riempie di soddisfazione salvo poi sottolineare che la ballata non è
dell'Ottocento come molti nostri detrattori sostengono ma una composizione
originale mia e di Carlo, un brano che noi ci inventammo completamente proprio
per colmare un vuoto.
In questi anni ho sentito le cose
più stravaganti sull'origine della nostra ballata ma quando ho letto che alcuni
la ritengono scritta nel 1861 non ne ho potuto più e ho deciso di scrivere il
libro. Non c'è nessuna fonte per questo canto, tutto nasceva dalla nostra
profonda adesione alla musica popolare. Mentre scrivevo il libro ho composto
altre due ballate, la prima è dedicata al capitano Ninco Nanco, uno dei tanti
'maledetti' briganti uccisi e di cui ci restano le fotografie e l'altra, Il sorriso di Michela, è su Michelina De
Cesare. Con queste due composizioni ho cercato di restituire alla storia i nomi
di gente che ha combattuto e che è stata completamente dimenticata per 150
anni. Oggi Ninco Nanco è un'icona della rivendicazione storica del brigantaggio
e Michelina De Cesare è l'immagine forte di una donna morta a 26 anni
combattendo contro l'invasione dei piemontesi. L'esigenza del libro è dettata
dalla necessità di raccontare il mio viaggio nella musica popolare del sud
Italia.
La storia del Risorgimento fu una
vicenda stranissima secondo la quale il piccolo stato piemontese ingaggiò una
cruenta guerra contro il sud facendo leva sulle giuste rivendicazioni da parte
di intellettuali dell'epoca come i mazziniani de “La Giovine Italia”. L'espansione
aggressiva
del Piemonte avvenne invece con
una violenza pazzesca, con la creazione di lager come quello di Fenestrelle in
Piemonte che accolse 50 mila prigionieri tutti morti uccisi, con la discesa di
un esercito ferocissimo e senza la dichiarazione di guerra. I piemontesi
sradicarono fabbriche, industrie, cultura e dialetti ingenerando un vittimismo
che sopravvive oggi e che è genesi di malcostume, di mancato sviluppo e anche
di una criminalità diffusa…
da Simona Frasca Mascalzone napoletano in “alias – il
manifesto”, 5 febbraio 2011
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