Eravamo in dieci, sabato, a Trevi
per il Don Chisciotte messo in scena dal nostro amico Claudio Carini in quel
gioiellino ch’è il Teatro Clitumno, uno dei piccoli teatri di paese riportati
in vita nei tempi d’oro della Regione.
Eravamo in gran parte compagni e
amici impegnati in Libera Umbria.
In pizzeria, prima dello
spettacolo, ad alcuni di noi han portato il caffè, con la bustina di zucchero.
Io, che lo preferisco amaro, osservo la bustina in questione e vi leggo
stampato Chiccomafie. Che diavolo
c’entra la mafia?
Poiché i miei problemi all’occhio
destro non cessano e l’illuminazione è così così, mostro l’oggetto a Walter –
senza nulla dire - perché esamini la scritta. Non si limita a riflettere in
silenzio, parla alto e forte: “Cha cavolo c’entrano le mafie?”.
Carlo gli toglie la bustina di
mano, si aggiusta gli occhiali, legge e proclama: “Voi di Libera vedete mafie
dappertutto. Non mi meraviglio di Salvatore, ch’è cecato, ma tu dovresti aver
vista a sufficienza”.
Walter riprende in mano la
bustina e la riesamina: “Sono i caratteri tipografici che confondono la gente”.
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