«Anche il diavolo sa farsi buono
per imitare Gesù. Ma la sua luce è artificiale… Dove c’è Gesù c’è umiltà,
mitezza, amore e Croce. La luce del demonio invece ci inganna e ci riempie di
orgoglio».
Ho ascoltato per alcune domeniche
fa l’omelia papale. Bergoglio mi ha profondamente deluso. Ultimamente insiste
nella svalutazione della vita terrena e ribadisce la credenza nell’aldilà, cui
sempre il fedele deve guardare; ma affronta il tema con la bonaria prudenza da
parroco di paese, senza voli mistici, senza evidenziarne gli aspetti
scandalosi, lasciandolo scorrere come acqua fresca. Il papa emerito sarà anche
stato frequentatore di saune gay, ma aveva altro spessore.
A me sembra che da questo come da
altri interventi e gesti emerga l’impronta schiettamente controriformistica di
questo papa argentino. Da una parte costui raccoglie e in parte fa proprie le
critiche laiche e “protestanti” alla corruzione della gerarchia ecclesiastica
cattolica. Condanna – dunque - senza esitazioni il fatto che la Chiesa si lasci
coinvolgere nei giochi dei “potenti della terra”, il fatto che sia partecipe di
grandi speculazioni finanziarie, di spreco e di lusso, la rivendicazione per i
preti di uno “status” speciale teso a nascondere pratiche come la pedofilia.
Insomma egli chiede a vescovi, prelati e preti semplici comportamenti pubblici
più severi, più austeri, che meglio testimonino l’unzione divina. E prende
provvedimenti che lasciano intravedere una profonda operazione di ripulitura e
di rinnovamento dei quadri dirigenti.
Dall’altra egli sembra spingere
la Chiesa cattolica verso un ruolo di rappresentanza dei poveri e di mediazione
con i poteri forti che fu caratteristico dei secoli d’oro dell’Inquisizione e
che trova espressione letteraria – per
esempio - in alcuni personaggi dei Promessi
sposi, quali padre Cristoforo e il cardinale Borromeo (di cui il Manzoni tace
– per esempio – l’accanimento nella caccia alle streghe).
La sconfitta del comunismo
novecentesco, nella logica del prete che è diventato papa, ha colpito
definitivamente l’orgoglio luciferino dei lavoratori, di quegli oppressi e
poveri che avevano preteso di ottenere giustizia in questo mondo e di “fare da
sé”. In Italia addirittura lo cantavano (“il riscatto del lavoro dei suoi figli
opra sarà”) con le parole dell’inno di Turati. E’ falsa luce di Satana il pretendere una
società giusta, senza sfruttati e sfruttatori: la Giustizia non è di questo
mondo, le uniche difese di chi soffre per le iniquità sociali sono l’umiltà,
l’affidarsi alla provvidenza o alla preghiera o alla protezione della Chiesa.
Il programma, insomma, è una
Chiesa gerarchica che trasforma e rilancia la sua immagine, eliminando le
brutture che più hanno fatto scandalo o nascondendole con tartufesca ipocrisia.
L’obiettivo è un potere che, alla base del suo rapporto con gli altri poteri
forti nelle aree del mondo in cui più conta (Europa, Americhe, Africa, Filippine),
non pone soltanto i suoi commerci con il sacro e col miracolo, ma anche la
rappresentanza dei popoli e la protezione dei poveri, cui provvede con
istituzioni caritatevoli e che cerca di organizzare in sindacati e cooperative
illuminate della fede e dalla gerarchia, senza pretese di palingenesi sociale. Il
nuovo papa lo dice esplicitamente, una “Chiesa povera per i poveri”, mai e poi
mai una “Chiesa dei poveri”; la Chiesa è e resta dei preti, che la governano
grazie al carisma sacerdotale.
A tutto questo fa da contraltare
una tenuta e perfino un irrigidimento, non tanto dogmatico e teoretico, ma eminentemente
pratico, sui temi di inizio e fine vita o in difesa dell’etica sessuale
tradizionale. Tutt’al più si ostenta una paterna comprensione per chi “sbaglia”,
la cui untuosità è sottolineata chi siamo noi per…?.
Né manca qualche sottolineatura sul
primato sacerdotale tipico dei cattolici: mentre c’è un giro di vite sugli
stili di vita di una parte del clero, continua la massiccia beatificazione di
preti e frati sulla scia di Wojtila e Ratzinger, il che aumenta agli occhi dei
saggi l’impraticabilità del Paradiso cattolico.
L’articolo che segue, a mo’ di
appendice, di Sandro Magister, da “L’Espresso”, è di circa sei mesi fa. Mi pare
tuttora utile perché mette i puntini su diverse i. Altri puntini andrebbero
messi. (S.L.L.)
Appendice
Non è tutt’oro quel che Francesco
di Sandro Magister
In perdurante luna di miele con
la pubblica opinione, papa Francesco s'è guadagnato anche l'elogio del più
barricadiero dei teologi francescani, il brasiliano Leonardo Boff: «Francesco
darà una lezione alla Chiesa. Usciamo da un inverno rigido e tenebroso. Con lui
viene la primavera».
Veramente, Boff ha lasciato da
tempo il saio, si è sposato, e all'amore per Marx ha sostituito quello
ecologista per madre terra e fratello sole. Ma è pur sempre il più famoso e
citato dei teologi della liberazione.
Quando, appena tre giorni dopo la
sua elezione a papa, Jorge Mario Bergoglio ha invocato «una Chiesa povera e per
i poveri», la sua annessione nelle file dei rivoluzionari sembrava cosa fatta.
In realtà c'è un abisso tra la
visione dei teologi latinoamericani della liberazione e la visione di questo
papa argentino.
Bergoglio non è un prolifico
autore di libri, ma quel che ha lasciato di scritto basta e avanza per capire
che cosa ha in mente con quel suo insistito mescolarsi col "popolo".
La teologia della liberazione la
conosce bene, la vide nascere e crescere anche tra i suoi confratelli gesuiti,
ma con essa marcò sempre il suo disaccordo anche a costo di ritrovarsi isolato.
Suoi teologi di riferimento non
erano Boff, né Gutierrez, né Sobrino, ma l'argentino Juan Carlos Scannone,
anche lui gesuita inviso ai più, che era stato suo professore di greco e che
aveva elaborato una teologia non della liberazione ma "del popolo",
centrata sulla cultura e la religiosità della gente comune, dei poveri in primo
luogo, con la loro spiritualità tradizionale e la loro sensibilità per la
giustizia.
Oggi Scannone, 81 anni, è
ritenuto il massimo teologo argentino vivente, mentre su quel che resta della
teologia della liberazione già nel 2005 Bergoglio chiuse il discorso così:
«Dopo il crollo del 'socialismo reale' queste correnti di pensiero sono
sprofondate nello sconcerto. Incapaci sia di una riformulazione radicale che di
una nuova creatività, sono sopravvissute per inerzia, anche se non manca ancora
oggi chi le voglia anacronisticamente riproporre».
Questa sentenza liquidatoria
contro la teologia della liberazione Bergoglio l'ha infilata in uno dei suoi
scritti più rivelatori: la prefazione a un libro sul futuro dell'America Latina
che ha per autore il suo amico più stretto nella curia vaticana, l'uruguaiano
Guzmán Carriquiry Lecour, segretario generale della pontificia commissione per
l'America Latina, sposato con figli e nipoti, il laico di più alto grado in
curia.
“L’Espressso”, 21 maggio 2013
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