Aprile 2013. I vescovi dell'Umbria a rapporto dal papa poverello. |
Alla resa dei conti le sdolcinate sviolinate papali a favore di una Chiesa povera si rivelano per quello che sono: imbonimento puro e semplice. Pigliate i vescovi dell'Umbria: hanno deciso di autotassarsi per finanziare un fondo a favore dei disoccupati. Altro che "Chiesa povera" che rinuncia ai beni terreni e vive d'elemosina e men che mai una "Chiesa onesta" che in un momento di crisi rinuncia - almeno in parte - all'otto per mille estorto anche a chi non esprime preferenze, alle scandalose esenzioni fiscali per i redditi clericali, alle tante provvidenze pubbliche perché s'istituisca un sistema generalizzato di protezione sociale.
Tutto il contrario. I vescovi umbri, senza una parola di critica del loro capo romano, si comportano da grandi, caritatevoli signori pronti a rinunciare a qualcosa per soccorrere i bisognosi. Naturalmente, poi, il fondo governato dai vescovi non distribuirà i sussidi secondo regole certe e criteri di equità, ma a simpatia, com'è uso di lor signori: "A te sì che sei umile, a te no che sei ribelle!".
E intanto tutte le televisioni del mondo, tutti i giornali del mondo e perfino non pochi compagni che se la bevono a dire: "Quant'è bravo sto papa, quant'è umano sto papa". E tutte le televisioni dell'Umbria, i giornali dell'Umbria, certi compagni dell'Umbria: "Hai visto i vescovi! Vedi se lo fanno i politici, se si autotassa la Marini". Chi può dar loro torto?
La Marini forse gode di qualche privilegio da eliminare, ma non ha fatto voti né fa proclami sulla propria povertà e, se decide di soccorrere i disoccupati e i bisognosi, lo fa da buona cristiana, cioè di nascosto e senza ostentazioni. Mentre Sua Eccellenza il Vescovo senza pudore ostenta la sua carità pelosa.
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