Il profilo biografico di Victor
Hugo, scritto per “la Repubblica” dalla Guicciardi nel 1985, in occasione del
centenario della morte dello scrittore, è quanto di più acido e malevolo si
possa immaginare. Si accolga dunque quanto scrive con prudenza, attenti a notare
il comico involontario che si origina dall’antipatia. (S.L.L.)
Affetto, come dice Alain
Robbe-Grillet, da una straordinaria ipertrofia dell'Ego ("Ego Hugo"
era il suo motto), l'autore dei Miserabili
ha vissuto, per così dire, molte vite parallele.
Questa sua duplicità (che non è
necessariamente ipocrisia: Hugo era candido nelle sue menzogne), gli deriva
innanzitutto dalle contraddizioni vissute fin dall' infanzia. Suo padre, il
generale Lèopold Hugo, di modesta origine contadina, nel suo primo periodo
rivoluzionario si faceva chiamare "Bruto"; poi divenne fierissimo del
titolo di conte concessogli dal fratello di Napoleone, Giuseppe re di Spagna. A
dieci anni il piccolo e vanesio Victor si firmava già "de Hugo".
Fattosi adulto, portò successivamente i titoli di Barone, Visconte e Conte. Se
suo padre era bonapartista, la madre, Sophie Trèbuchet, di estrazione operaia, fu
un' ardente partigiana dell'Ancien règime, tanto più che Napoleone aveva fatto
fucilare il suo amante, il generale de Lahorie. I genitori di Victor, separati,
si odiavano, si contendevano i figli, litigavano ferocemente per questioni
d'interesse. Dunque Hugo ebbe un'infanzia travagliata; ma nei suoi scritti ne
inventa un'altra felice, proiettando l'immagine di un padre glorioso e di una
madre tenera e bellissima (invece Sophie era di una rara bruttezza).
Adolescente, Victor si ispira
alle idee della madre. In uno dei suoi primi poemi celebra la caduta di
Napoleone ("le Corse a mordu la
poussière / L' Europe a proclamè
Louis / L'aigle perfide et meurtrière
/ Tombe devant les fleurs de lys").
Ha solo tredici anni, ma continuerà a lungo, e non disinteressatamente, ad
esaltare in versi la causa della monarchia restaurata (odi per i funerali di
Luigi XVIII, per la morte del duca di Berry, compianto per l' esilio di Carlo
X); e Luigi XVIII premierà il suo entusiasmo monarchico assicurandogli una
pensione di 1.200 franchi. Nel 1820 Victor fonda, insieme ai fratelli, una
rivista il cui titolo è tutto un programma: “Le Conservateur littèraire”.
Sette anni dopo, tuttavia, si
converte al bonapartismo: nell' "Ode
à la Colonne", colui che aveva definito "l' usurpatore"
sanguinario diventa "il gigante" la cui gloria sale fino al cielo.
Quando lo scrittore afferma di essere stato "socialista" a partire
dal 1828, mente. Sarà infatti l' amico intimo del duca d' Orlèans, erede al
trono e consigliere ascoltato di Luigi Filippo, il re borghese, che nel 1845 lo
eleva alla dignità di Pari di Francia. Eletto all'Assemblea Costituente dopo la
rivoluzione del ' 48, sosterrà perfino - attraverso “L'èvènement”, il giornale
fondato dai figli Charles e Franois Victor, che egli ispira - l'elezione alla
presidenza della Repubblica di Luigi Bonaparte. La rottura con "Napoleone
il piccolo" avviene soltanto nel 1851, quando il principe presidente con
un colpo di Stato si fa consacrate imperatore. Allora Victor Hugo stigmatizza
"il tiranno", si batte per le strade, annuncia l'intenzione di morire
sulle barricate, ma intanto si procura carte false per fuggire a Bruxelles.
Comincia così il suo lungo esilio - in Belgio, a Jersey e a Guernesey - del quale
si compiacerà per diciott'anni ("mai mi sono sentito il cuore più leggero
e soddisfatto").
Con l'aureola di "grande proscritto",
sarà poi accolto trionfalmente al suo ritorno a Parigi dopo l'abdicazione di
Napoleone III. Ciò non toglie che poco dopo verrà contestato dal popolo per
aver condannato gli eccessi della Comune (la folla cerca di prendere d'assalto
la sua casa al grido di "Victor Hugo sulla forca"). Nei suoi Carnets egli confessa di aver
vagheggiato allora di diventare un dittatore per salvare la Repubblica. Gli
ultimi quindici anni li vivrà in pace, carico di onori, adulato come profeta di
un socialismo umanitario abbastanza fumoso; e come tale è stato celebrato nel
mondo intero.
Il suo biografo Alain Decaux
afferma che in realtà Hugo non fu un socialista, ma un liberale riformista e
talvolta un opportunista. La duplicità del personaggio si manifesta anche sul piano
religioso. Non era battezzato e la madre gli aveva inculcato princìpi atei e
volterriani. Però, quando si tratta di sposare Adèle Foucher, cattolica
praticante, Victor si procura un falso certificato di battesimo per potersi
sposare in chiesa; romperà col partito clericale soltanto nel 1849, per via
della Questione romana. Nello stesso periodo, paradossalmente, si avvicina a un
Dio che ha sempre ignorato, un Dio magniloquente che evocherà spesso nei suoi
poemi e con il quale si compiace di dialogare; una celebre fotografia di lui
solitario su un roccione reca la didascalia: "Victor Hugo in conversazione
con Dio".
Il rovescio di questa religiosità
tardiva è la superstizione. Hugo si appassiona allo spiritismo. Per due anni,
dal 1853 al 1855, dedica regolarmente parecchie ore al giorno a far ballare i
tavolini, mettendosi in comunicazione con dei fantasmi: per citare solo i più
celebri, quelli di Chateaubriand, Dante (che lo chiama "caro"),
Racine, Rousseau, Aristotele, Shakespeare, Byron, Voltaire, Galileo, Platone e
perfino Gesù Cristo. Straordinari sono i testi poetici che talvolta queste
illustri ombre gli dettano e che egli puntualmente trascrive.
Ci resta da vedere l'Hugo intimo.
I suoi poemi e le sue lettere ce lo mostrano come marito, padre e nonno
esemplare, traboccante d'affetto e di virtù, stoico dinnanzi agli innumerevoli
drammi che lo colpiscono (nella vita di Hugo tutto è smisurato, anche le
tragedie familiari). Il fratello Eugène, disperatamente innamorato di Adèle, la
fidanzata di Victor, impazzisce il giorno delle loro nozze. Lèopoldine, la
figlia prediletta, muore annegata a diciannove anni. L'altra figlia Adèle,
scappata in America per inseguire un tenente inglese che non vuol saperne di
lei, impazzisce e resterà in manicomio per quarantatrè anni. Morto in fasce il
primogenito Lèopold; fulminato da un attacco apoplettico il figlio Charles e
deceduto dopo atroci sofferenze l'altro figlio Franois Victor.
In verità, Victor Hugo non è né
un marito né un padre modello. E' egoista, tirannico e avaro. Pur avendo
accumulato un considerevole patrimonio, in nome del sacrosanto principio
borghese secondo il quale "il capitale non si tocca", preferisce
imporre a se stesso e ai suoi familiari un'infinità di privazioni: si vanta di
lavorare al freddo e di "andare a piedi alla Camera dei Pari con stivali
che fanno acqua". Innamoratissimo di Adèle fin dall'adolescenza, le ha
giurato di serbarsi casto per lei fino al matrimonio; ma la notte di nozze per
nove volte le proverà il suo amore con tale impeto da lasciarla mezza
tramortita e disgustata per sempre del sesso. Sarà lui a spingerla poi,
incautamente, nelle braccia del timido, brutto ma intelligentissimo
Sainte-Beuve, l'amico di famiglia: Adèle finisce per cedergli e Victor
magnanimo finge di perdonare, giurando persino amicizia eterna al rivale (ma in
un poema segreto lo paragona a un "ragno", una "cloaca", un
"fellone mostruoso"). Da quel momento la vita amorosa di Hugo diventa
straordinariamente complicata. Continua a vivere con Adèle, per la quale nutrirà
sempre una tenerezza rispettosa; la sua amante ufficiale, a cui dice "sono
nato alla felicità nelle tue braccia", è la devotissima Juliette Drouet,
che vivrà nell'ombra per più di mezzo secolo e che da lui accetta tutto, anche
se gli fa delle scenate fino a sessant'anni passati. Juliette, del resto, deve
sopportar molte rivali: innanzitutto la bellissima Lèonie Biard, "fatta di
carne come Venere e di amore come Maria", per la quale Victor concepisce
una folle passione, non interrotta neppure da un episodio da vaudeville (il marito di lei fa
sorprendere gli adulteri dalla polizia e Lèonie finisce in prigione, mentre il
poeta, che gode dell'immunità quale Pari di Francia, piange nel grembo della
moglie...).
Sebbene appesantito dagli anni,
Hugo continua ad avere molte avventure con delle donne borghesi e con delle
attrici (c'è anche Sarah Bernhardt). Seduce persino la giovane cognata Julie e,
pare, Louise Michel, l'eroina della Comune. Questo senza contare gli amori
ancillari, di cui tiene un conto meticoloso nei suoi carnets, annotando come uno studentello, in linguaggio
crittografico, come e quando le ha palpate o possedute, e che cosa ha pagato
per ogni prestazione. Fin quasi alla sua morte Victor Hugo ha così condotto una
doppia vita: e i suoi funerali ne rispecchiarono la duplicità. Aveva lasciato
scritto di voler essere sepolto in una bara da poveri: e difatti la sua salma
fu composta in una bara di terza classe. Ma la cassa venne collocata su un
catafalco faraonico, sotto l'Arco di Trionfo, vegliata per un giorno ed una
notte, poi scortata fino al Pantheon per esservi inumata da uno squadrone di
guardie municipali e da un reggimento di corazzieri in alta tenuta; la
seguirono undici carri carichi di fiori e due milioni di parigini.
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