E' stato pubblicato pochi giorni fa sul "manifesto" una sorta di articolo-apologo di Alberto Asor Rosa, molto suggestivo e nutrito di memoria e raziocinio. Credo che valga la pena di postarlo sperando che la cosa ne allunghi di un po' la durata e ne allarghi la diffusione, anche di pochissimo. (S.L.L.)
Beh, qualcosa abbiamo rimediato: la spaccatura della
tradizionalmente infrangibile e inattaccabile falange berlusconiana; e la
sempre più probabile espulsione dalle aule parlamentari di Silvio Berlusconi,
il quale aveva contribuito potentemente a degradarle nel corso di ben due
decenni. L'uno e l'altro risultato rappresentano un effetto positivo del
governo delle «larghe intese»: il primo in maniera inequivocabile e diretta; il
secondo, reso più sicuro e inevitabile dallo spappolamento del fronte
berlusconiano, nel senso che il cosiddetto «Nuovo CentroDestra» continuerà
certo a votare contro la decadenza di Berlusconi, ma convinzione ed esiti
negativi ne risulteranno incomparabilmente indeboliti (anche per loro, adesso,
la decadenza rappresenta un grosso favore).
Il 2013 è un anno machiavelliano: vi ricorre infatti il
cinquecentenario (più o meno) della stesura del Principe. Nel chiuso un po'
soffocante delle aule universitarie se ne è celebrata la ricorrenza (nemmeno
tanto, a pensarci bene). Il paese, invece, - e cioè l'Italia, cui il Segretario
fiorentino cercò invano di parlare, e che avrebbe ancora tanto da imparare da
lui - è restato sostanzialmente indifferente: come, del resto, sempre più nei
confronti di qualsiasi altra memoria del proprio non ignobile passato, che
potrebbe aiutarlo a risalire dal proprio miserabile presente.
Machiavelli osserva nel Principe (cap. XVIII) che il buon
principe deve avere insieme le qualità della «volpe» e quelle del «leone»:
«Perché il leone non si difende dai lacci (inganni), la volpe non si difende
dai lupi». E conclude: «Bisogna adunque essere volpe a conoscere i lacci e
leone a sbigottire (spaventare) i lupi». Cioè: il buon principe deve esser
capace, a seconda delle circostanze, d'esser leone e d'esser volpe, forte e
astuto a seconda dei casi, oppure, se è necessario, astuto e forte insieme, se
la situazione lo richiede e le sue qualità lo consentono. E' un'impresa
difficilissima, che non è riuscita a molti nella storia.
Il nostro tempo - tempo italiano, ma forse europeo, forse
mondiale - è un tempo di volpi. Il nostro Presidente, Giorgio Napolitano, è,
machiavellianamente, volpe di classe, (come del resto lo è anche Papa Bergoglio,
- volpe buona, s'intende!, con il quale infatti così bene si capiscono). E una
volpe, minore ma niente male, si è rivelato anche il nostro presidente del
consiglio, Enrico Letta, bravo a muoversi su di un sentiero accidentato in
mezzo alla foresta. Le volpi - non c'è niente di negativo in questa
definizione, a tener conto dei suoi aspetti generali - tengono la scena
saldamente, la storia attuale ne è improntata.
E il leone, o i leoni? Il leone si è ritirato nelle sue tane
misteriose, da dove sarà difficile persuaderlo a tornar fuori, a meno che il
richiamo non sia particolarmente convincente e imperioso. Ma tornerò su questo
punto in conclusione. Meditiamo un istante su quello che appaiono essere oggi
il presente e il destino futuro della sinistra italiana (sinistra? insomma,
questa cosa informe e ingovernabile che sta un poco più in là del
neocentrodestra recentemente costituito). Essa è il frutto di una serie
prodigiosamente lunga, ormai quasi trentennale, di «astuzie» politiche (e non
di rado anche personali: faccio questo fondamentalmente perché serve a me), che
si sono succedute nel tempo a opera di un gruppo dirigente che si è creduto
tanto scaltro da cadere sovente nella stupidità.
Se Matteo Renzi, a quanto pare, è il nostro futuro, questo
vuol dire che la Bolognina, la prima grande ganzata della nostra storia di
sinistra è arrivata finalmente al suo traguardo finale e, doppiata la boa della
storia, è libera di andare su rotte e verso approdi per noi da qui in poi
perfettamente sconosciuti. Renzi, infatti, è anche lui, ahimè, una volpe, ma di
quella specie inferiore che riesce a penetrare nei pollai solo perché i loro
(presunti) custodi hanno perso la capacità di preservarli. Se poi fosse vero
che il suo successo elettorale dipende soprattutto dalle regioni considerate
tradizionalmente di sinistra, il quadro risulterebbe ancor più sconvolgente e
drammatico: vorrebbe dire infatti che lì, dove meglio si poteva, invece di
allevare leoni e buone volpi, si sono allevati in grande maggioranza polli da offrire
alla prima, modesta, volpicina di passaggio.
In proposito non ho dubbi di sorta. Poiché visibilmente non
siamo in grado come Federico il Grande di condurre una battaglia
contemporaneamente su tutti i fronti, in questo momento il primo, forse esclusivo
obiettivo è tentare d'impallinare Renzi prima che s'impadronisca del pollaio.
Ma come si fa se il suo elettorato alle primarie è incalcolabile e dunque
ingovernabile alla buona luce della ragione? Mi capita spesso di essere
presidente di un condominio, quello in cui abito, ovviamente: se, al momento
del voto, o dei voti, invitassi i passanti che circolano sotto casa a
parteciparvi alla stessa stregua degli altri, gli altri utenti del palazzo dove
abito mi prenderebbero per matto. E' invece esattamente quello che capita ora
in seno al Pd: frutto anche questa volta dell'astuzia stupida dei maggiorenti,
il Segretario può essere scelto, magari a maggioranza, non dai condomini, ma
dai dirimpettai, interessati a smontarne, ad esempio, tutta la facciata (così,
certo, sembrerà tutto più nuovo).
In ogni caso, sia che la volpicina di turno, in cui
l'astuzia diventa furbizia di bassa lega, venga frenata, sia che riesca a
conquistare il posto cui aspira, il problema resta. Il leone, l'ho già
ricordato, non è necessariamente un soggetto diverso dalla volpe: per
Machiavelli l'ideale è invece che stiano congiunti nella medesima persona,
meglio, nel medesimo soggetto storico. Allora la volpe diventa quel che
dev'essere, e cioè l'astuzia messa al servizio di una buona causa. E cioè: il
leone è l'altra faccia della politica. E cioè: il leone è la forza che incarna
l'astuzia e la rende efficacemente operante, sia contro i lupi sia contro gli
inganni, che, dice Machiavelli, da ogni parte ci avvolgono e cimentano.
Da quando non abbiamo più i Principi (chissà se è stato un
vantaggio), il binomio volpe-leone, il moderno Principe, si è incarnato il più
delle volte in un'identità collettiva: l'organizzazione (anche questa non è una
grande novità, o no?). I grandi uomini della sinistra europea otto-novecentesca
lo avevano perfettamente capito. In parole povere: stiamo messi malissimo
perché il problema di un'organizzazione politico-sociale orientata chiaramente
a restituire potere (in tutti i sensi) a tutti quelli che, dal punto di vista
sociale, economico e politico, ne hanno sempre più incredibilmente sempre meno,
da alcuni decenni non è stato più posto con chiarezza, anzi non è stato posto
per niente.
Allora: che vinca Renzi o auspicabilmente che perda, il
problema resta questo. E cioè: possibile che il XXI secolo, ossia la gloriosa
postmodernità, si accontenti d'essere soltanto il tempo delle volpi, e non più
dei leoni? Ammettiamo pure che «partito» sia metafora vecchia di una cosa nuova
che dobbiamo reinventare; ma la sostanza è questa, e alla sostanza «partito»
bisogna tornare a pensare.
Come in tutti i ragionamenti in cui ambiziosamente
contingenza e storia si mescolano insieme, anche in questo dev'esserci un
apprezzamento anche molto rischioso, ma ineliminabile, del presente. Lo spazio
temporal-politico che ci lascia la sopravvivenza del governo Letta, ora forse
meno precaria di quanto non sembrasse fino a qualche giorno fa, va occupato,
per quanto ci riguarda, da questo compito strategico ineliminabile. Dunque: il
governo Letta non è in questo momento il nemico principale; il nemico
principale è l'ulteriore degenerazione della sinistra, quella che ci resta e
quella che rischia di avanzare sotto i nostri occhi. Affermazione veramente
scandalosa, me ne rendo conto: per ora, questo governo più dura e meglio è.
E' così che si fa: muoversi, calcolando esattamente il
rapporto che passa fra le condizioni pre-ordinate e costrittive del lavoro che
facciamo e l'obbiettivo che ci si propone di raggiungere. Tanto meglio se,
combattendo Renzi, questa ipotesi si riaffaccia e s'impone come centrale anche
all'interno del dibattito congressuale del Pd. Se non si opera così, il leone
resterà segregato nella sua tana, le volpi, anzi le vulpecule affamate di
spazio e di potere, dilagheranno sempre più a fare strage dei polli che noi
siamo.
"il manifesto", 19 novembre 2013
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