Roma, L'Angelo di Castel Sant'Angelo (particolare) |
Dio non è solo. Unico,
certamente, come proclama la professione di fede biblica da cui si dipanano i
tre monoteismi «Ascolta, Israele, il Signore è Uno» - ma non certo relegato
entro quel supremo isolamento che regnava tutt'intorno a Lui prima che il mondo
esistesse, quando non c'era altro che un muto e informe caos. Se la creazione
ha fors'anche per movente quello di far compagnia al Signore, è pur vero che da
quei cruciali sei primi giorni in poi, non Gli resta che girarsi intorno per
trovare una confusione di voci e gesti molto diversa da quel vuoto disordinato
di prima ch'Egli scandisse il creato. Come recita, infatti, un detto del
Profeta, cioè Maometto, «il cielo scricchiola perché non c'è in esso lo spazio
di un piede che non sia occupato da un angelo».
Sbarazzatosi di olimpi e totem,
l'universo della fede s'è riempito di creature sospese fra terra e cielo, come
per un horror vacui esistenziale che attraversa la preghiera e l'immaginario,
la metafisica e l'arte, approdando magari a una perfetta «incarnazione» (con
licenza parlando, trattandosi di angeli) del Kitsch, come osserva Giorgio
Agamben nell'introduzione al monumentale trattato, che ha curato per Neri Pozza
con Emanuele Coccia, Angeli. Ebraismo Cristianesimo
Islam.
E' pur vero che alle origini, del
mondo e della storia, gli angeli sono tutto fuorché paffuti putti imbambolati
con le alucce spiegate. La parola significa «messi» in greco e ripropone il
calco dell'ebraico biblico: insieme alla funzione di «postini» del cielo, gli
angeli coprono a volte quella di custodi (ma non in senso personale, piuttosto
della collettività). Vanno su e giù tra basso e alto come racconta
splendidamente il sogno di Giacobbe e la sua scala sospesa. Si nascondono anche
sotto spoglie umane, come quando, travestiti da viandanti nel deserto, vanno ad
annunciare a Sara e Abramo la loro tardiva procreazione (ma se il patriarca
fosse stato un poco attento, si sarebbe accorto che fingevano di mangiare le
sue prelibate pietanze, perché loro non si nutrono). L'annunciazione diventerà
nel Nuovo Testamento una costante dei doveri angelici. Su questo e altro, ma
soprattutto sulla loro presenza nella Bibbia, Catherine Chalier ha scritto un
libro interessante e pieno di spunti, Angeli
e uomini (La Giuntina). Ma non è tutto oro quello che luccica: gli angeli
non sono creature propriamente angeliche. Non dimentichiamo che il più illustre
nel vero senso della parola tra loro è nientemeno che Lucifero, caduto per
troppa ambizione. Non per niente l'accostamento degli opposti in questo caso
non stona, anzi, è quasi armonioso: Angeli e demoni (Dan Brown docet) sembra
quasi l'accoppiata perfetta.
Insomma, come ben sa l'Eterno,
che guarda alle Sue schiere con una certa diffidenza (lo dice Giobbe), gli
angeli sono insidiosi. E invidiosi, soprattutto. Dell'uomo, la cui creazione
non mancano mai di rinfacciare al Signore - «Che è l'uomo che ti debba
preoccupare di lui?», Gli ripetono con l'eco di un salmo. Ma l'uomo ha una
marcia in più rispetto a loro: come narra la tradizione ebraica, gli angeli
dovettero riconoscere al giovane Adamo la capacità di dare il nome giusto alle
cose, e incassare lo smacco di vederlo diventare il prediletto dell'Eterno, in
virtù di quel suo talento: «Invidiosi del prestigio della specie umana, fanno
di tutto per evitare che l'uomo possa superare la propria condizione e salire
nella gerarchia cosmica. In realtà questa invidia sembra una sottile forma di
snobismo» (scrive Emanuele Coccia nell'introduzione all'angelologia cristiana).
Ma chi, che cosa e come sono
fatti, gli angeli? Difficile saperlo, meglio immaginarlo, come raccontano le
migliaia di pagine di questo affascinante repertorio che attraversa fedi,
epoche, universi umani. Agamben e Coccia hanno affidato a diversi esperti una
analisi del tema (problema?) e una vasta scelta antologica: in parole povere,
tutto quello che, forse, avreste voluto sapere di loro e non avete mai osato
chiedere. Gli angeli sono individui, dotati di nome e figura, come gli statuari
cherubini raffigurati ai lati dell'Arca Santa o quelli con cui «interagisce» il
profeta Ezechiele nelle sue strabilianti visioni. Ma sono anche schiere
informi, una innumerevole moltitudine intorno al Signore, pronta a servirLo e
inneggiarLo (quando non a spettegolare alle Sue spalle). Non hanno il dono
della parola, che è stato assegnato ad Adamo e con lui all'umanità, però si
esprimono eccome, oltre a volare. Tanto che a volte, nelle diverse tradizioni
religiose, la loro voce inascoltabile sembra un po' quella della coscienza
celeste, una specie di grillo parlante nascosto fra le pieghe del trono divino
su cui si reggono le sorti del mondo.
A ogni buono conto, ribelli o
servili, fedeli postini o ornamenti fine a se stessi, schiere battagliere o
araldi di pace, tutto si può dire degli angeli. Forse perché sono inafferrabili
più di ogni altra cosa, in cielo come in terra. Astratti simboli di una
metafisica per iniziati, quando non ingenue raffigurazioni di cartapesta, essi
ci raccontano soprattutto di quell'ignoto a cui noi umani non riusciamo proprio
a rassegnarci. E così, come un bambino di notte al buio, per scacciare la paura
di questo universo nero e sconfinato, pieno di dubbi forse più che di stelle,
cerchiamo anche noi un po' di compagnia tra queste sfuggenti creature.
“La Stampa”, 28-12-2009
Nessun commento:
Posta un commento