27.11.13

Enrico Berlinguer: "Contro le mafie lotta di massa" (1983)

Quelli che seguono sono alcuni brani del discorso tenuto da Berlinguer a Ravenna l’8 gennaio 1983 nel corso di una manifestazione regionale del Pci e della Fgci. Il discorso, ragionato e vibrante, per molti versi purtroppo ancora attuale, presenta alcuni passaggi bellissimi, per esempio quello sul deperire della politica e sui modi del suo possibile rinnovamento. Molte cose sono cambiate nei trent’anni trascorsi, per lo più in peggio, ma io credo che da lì si possa e si debba ripartire dopo il diluvio del berlusconismo. (S.L.L.)
Desidero che sia assolutamente chiaro che il nostro impegno contro la droga non vuol essere motivo di agitazione strumentale contro il governo e contro altri partiti, non ha secondi fini giacché il nostro scopo in questo campo è solo quello di arginare e sconfiggere la piaga della droga come male in sé, per liberare i corpi e le menti da questa servitù avvilente e distruttiva. E noi comunisti vogliamo dunque continuare ad essere alla testa di questa battaglia di civiltà contro l'imbarbarimento, di questa lotta per la vita e contro la morte. (...)
È indubbio — e noi comunisti lo comprendiamo forse meglio di altri — che il diffondersi del consumo della droga è un portato dell'epoca attuale, uno dei prodotti di un assetto sociale e di un sistema di valori - ma sarebbe meglio dire di disvalori - che creano smarrimenti e alimentano vane fughe dalla realtà e dalla lotta per cambiare la società e il mondo con la consapevolezza e la tenacia che questo impegno richiede a ciascuno. Il ricorso alla droga, che si reputa essere una evasione, si rovescia però rapidamente da presunta liberazione in effettiva tirannia e schiavitù. La droga è la risposta ingannevole e funesta cui ricorre talvolta chi vede irrisolti e giudica irrisolvibili i concreti problemi e le reali situazioni che ha davanti a sé, che non sono solo individuali, ma collettive. E, invece, non c'è problema che non abbia la sua soluzione, almeno in parte. Si tratta di cercarla, di trovarla, con l'intelligenza, la solidarietà, l'impegno umano e la lotta di quanti credono o vengono persuasi a credere, appunto, che ogni problema non è irrisolvibile.
Per contrastare la diffusione della droga fino a debellarla occorre perciò saper alimentare e riaccendere la fiducia non mitica più, certo, ma razionale, nella possibilità del cambiamento; occorre mantenere viva, cioè, la speranza rivoluzionaria. E in questo compito è chiaro che proprio noi comunisti abbiamo una precisa funzione che risponde alla nostra ragione di essere.
Compito tanto più indispensabile oggi, di fronte a una vera e propria crisi della politica, acutamente avvertita da tutti, ma in modo particolare dai giovani che vedono tanto spesso la politica ridotta a intrigo, a mercato di posti, a puri calcoli, personali o di gruppo, elettorali e di potere, mentre la politica è e dovrebbe essere — e così la concepiamo noi — lotta tra grandi interessi e tra diversi ideali dei rapporti sociali e dei rapporti umani.
Per questo noi abbiamo posto tra i punti centrali delle nostre battaglie quello di un rinnovamento dei partiti, quello nostro compreso, ma anche della politica in generale e del modo di far politica, affinché essa si colleghi, nel pensare e nell'agire, ai bisogni nuovi e ai movimenti reali che sorgono nella società, parte dei quali sono diversi dal passato. E tra questi emergono anche quelli connessi all'esistenza della piaga della droga e alla lotta per vincerla.
Ma, detto questo, bisogna subito aggiungere che sarebbe profondamente sbagliato fermarsi alla considerazione che la droga è un prodotto della società attuale e credere che per debellarla si debba aspettare il cambiamento generale della società. La droga deve e può essere combattuta, arginata, sconfitta fin da ora. E per questo, la prima condizione è sapere come stanno le cose.
Bisogna quindi che si faccia sempre più strada una precisa consapevolezza: il consumo e poi il bisogno di droga è alimentato, provocato da chi ne organizza e controlla la produzione, il mercato e il traffico; da coloro che, attraverso la rovina e la morte di tanti ragazzi, attraverso la disperazione di tante famiglie costruiscono le basi di un vasto potere finanziario e politico, di un dominio perverso che penetra, agisce, ricatta in aree sempre più estese della società, nei gangli della vita pubblica, non solo in singole regioni (Sicilia, Campania, Calabria), ma sul piano nazionale.
Queste organizzazioni hanno un nome: si chiamano mafia, 'ndrangheta, camorra. Ed esse non sono soltanto associazioni criminali che operano isolate, ma hanno collegamenti, protezioni, omertà in settori dello Stato, delle amministrazioni pubbliche, centrali e locali, e in settori dei partiti governativi. Quella che controlla e dirige il mercato della droga è una organizzazione ramificata, che utilizza per questi fini criminali tecniche moderne, metodi e suddivisioni di lavoro propri delle grandi società multinazionali. Si va dalla coltivazione del papavero e della coca, alla installazione di raffinerie clandestine tecnologicamente sofisticate; dal trasporto, ai depositi, alla distribuzione, allo smercio capillare, che viene realizzato con le più collaudate tecniche dell'industria al consumo: dapprima immissione di massicce quantità di droghe leggere a bassi prezzi, poi repentine cadute di questo tipo di offerta e sua sostituzione con droghe pesanti. Così è avvenuto, così avviene in aree sempre più estese. E giungono ormai anche nei più sperduti centri, attraverso una capillare rete distributiva fatta di spacciatori e consumatori, vittime dei mercanti di morte e mercanti essi stessi.
Per avere un'idea delle dimensioni dell'accumulazione di profitti attuata attraverso la droga, basti pensare che il capitale investito nel passaggio da un kg. di morfina a un kg. di eroina si valorizza di ben 20 volte: si passa cioè da 15 milioni di lire per un kg. di morfina base a profitti per il corrispettivo di eroina dell'ordine di 350 milioni di lire nel mercato americano e di 200 milioni in quello europeo. Un dato esemplare: in una sola delle raffinerie di Palermo, delle cinque finora individuate dalle forze dell'ordine, si realizzava una produzione complessiva settimanale valutata in 700 miliardi di lire.
Questa massa enorme di denaro così accumulato finanzia poi altri traffici illeciti, altri traffici di morte come quello delle armi, ma si tramuta anche in denaro riciclato attraverso banche e poi investito in attività produttive e finanziarie, utilizzando flussi di denaro pubblico per mezzo di appalti, subappalti e così via, godendo di condizioni di vantaggio e adoperando mezzi di intimidazione che danneggiano, mettono fuori concorrenza e colpiscono gli imprenditori onesti.
Come vedete, la presenza di questa mostruosa industria del delitto, fondata sul traffico della droga, ma estesa a una serie di altre attività anche economiche, ripropone con forza nuova, con urgenza problemi generali che riguardano la questione meridionale, la democrazia, l'indipendenza nazionale, per riuscire a frantumare e a disperdere il coacervo di interessi criminosi, l'espandersi dei poteri occulti, le mafie, le camorre, le P2, con i loro collegamenti economici e politici, nazionali e internazionali, e le losche operazioni di centri stranieri di ogni tipo ai danni del nostro paese. In questi ultimi anni l'Italia è diventata quello che padre Dante avrebbe chiamato il «vasel d'ogni strame». È avvenuto e sta avvenendo di tutto: sede non solo di consumo ma di transito e di produzione della droga; sede di traffico e fornitura di armi; sede di operazioni finanziarie di carattere puramente speculativo (pensate solo all'Ambrosiano e allo Ior); sede in cui si incrociano e intrigano servizi segreti dei più vari paesi. E si vorrebbe ora che l'Italia divenisse pure sede di nuove basi di missili nucleari. Bisogna che torniamo a essere un paese indipendente, sovrano, pienamente libero e finalmente pulito.
E quale forza può lottare per questi obiettivi più efficacemente e credibilmente del Partito comunista italiano, che è l'unico che può affermare, senza tema di smentite, di essere una forza pienamente libera, pulita, indipendente da ogni vincolo con Stati, governi e partiti stranieri?
Ma questi obiettivi generali debbono essere conseguiti anche con una lotta concreta e specifica sui vari terreni, uno dei quali è proprio quello rivolto a stroncare il mercato della droga. (...)
L'Italia, che è stato finora il solo paese dove la lotta al terrorismo ha assunto un carattere di massa, strettameli te collegata alla azione meritoria e spesso piena di sacrifici delle forze dell'ordine, è il paese che dà anche alla lotta contro la droga il carattere di una grande battaglia di popolo. Ciò fa onore al popolo italiano. E questa impronta popolare e di massa, che è stata così decisiva per isolare e colpire duramente i disegni e l'azione delle bande terroristiche, sarà certamente determinante per colpire i mercanti della droga e per aiutare i giovani a rifiutarla o a liberarsene.

In Berlinguer, attualità e futuro, supplemento a "l'Unità", 11 giugno 1989 


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