Quelli che seguono sono alcuni
brani del discorso tenuto da Berlinguer a Ravenna l’8 gennaio 1983 nel corso di
una manifestazione regionale del Pci e della Fgci. Il discorso, ragionato e
vibrante, per molti versi purtroppo ancora attuale, presenta alcuni passaggi
bellissimi, per esempio quello sul deperire della politica e sui modi del suo
possibile rinnovamento. Molte cose sono cambiate nei trent’anni trascorsi, per
lo più in peggio, ma io credo che da lì si possa e si debba ripartire dopo il
diluvio del berlusconismo. (S.L.L.)
Desidero che sia assolutamente
chiaro che il nostro impegno contro la droga non vuol essere motivo di
agitazione strumentale contro il governo e contro altri partiti, non ha secondi
fini giacché il nostro scopo in questo campo è solo quello di arginare e
sconfiggere la piaga della droga come male in sé, per liberare i corpi e le
menti da questa servitù avvilente e distruttiva. E noi comunisti vogliamo
dunque continuare ad essere alla testa di questa battaglia di civiltà contro
l'imbarbarimento, di questa lotta per la vita e contro la morte. (...)
È indubbio — e noi comunisti lo
comprendiamo forse meglio di altri — che il diffondersi del consumo della droga
è un portato dell'epoca attuale, uno dei prodotti di un assetto sociale e di un
sistema di valori - ma sarebbe meglio dire di disvalori - che creano
smarrimenti e alimentano vane fughe dalla realtà e dalla lotta per cambiare la società
e il mondo con la consapevolezza e la tenacia che questo impegno richiede a
ciascuno. Il ricorso alla droga, che si reputa essere una evasione, si rovescia
però rapidamente da presunta liberazione in effettiva tirannia e schiavitù. La
droga è la risposta ingannevole e funesta cui ricorre talvolta chi vede
irrisolti e giudica irrisolvibili i concreti problemi e le reali situazioni che
ha davanti a sé, che non sono solo individuali, ma collettive. E, invece, non
c'è problema che non abbia la sua soluzione, almeno in parte. Si tratta di cercarla,
di trovarla, con l'intelligenza, la solidarietà, l'impegno umano e la lotta di
quanti credono o vengono persuasi a credere, appunto, che ogni problema non è
irrisolvibile.
Per contrastare la diffusione
della droga fino a debellarla occorre perciò saper alimentare e riaccendere la
fiducia non mitica più, certo, ma razionale, nella possibilità del cambiamento;
occorre mantenere viva, cioè, la speranza rivoluzionaria. E in questo compito è
chiaro che proprio noi comunisti abbiamo una precisa funzione che risponde alla
nostra ragione di essere.
Compito tanto più indispensabile
oggi, di fronte a una vera e propria crisi della politica, acutamente avvertita
da tutti, ma in modo particolare dai giovani che vedono tanto spesso la
politica ridotta a intrigo, a mercato di posti, a puri calcoli, personali o di
gruppo, elettorali e di potere, mentre la politica è e dovrebbe essere — e così
la concepiamo noi — lotta tra grandi interessi e tra diversi ideali dei
rapporti sociali e dei rapporti umani.
Per questo noi abbiamo posto tra
i punti centrali delle nostre battaglie quello di un rinnovamento dei partiti,
quello nostro compreso, ma anche della politica in generale e del modo di far
politica, affinché essa si colleghi, nel pensare e nell'agire, ai bisogni nuovi
e ai movimenti reali che sorgono nella società, parte dei quali sono diversi
dal passato. E tra questi emergono anche quelli connessi all'esistenza della
piaga della droga e alla lotta per vincerla.
Ma, detto questo, bisogna subito
aggiungere che sarebbe profondamente sbagliato fermarsi alla considerazione che
la droga è un prodotto della società attuale e credere che per debellarla si
debba aspettare il cambiamento generale della società. La droga deve e può
essere combattuta, arginata, sconfitta fin da ora. E per questo, la prima
condizione è sapere come stanno le cose.
Bisogna quindi che si faccia
sempre più strada una precisa consapevolezza: il consumo e poi il bisogno di
droga è alimentato, provocato da chi ne organizza e controlla la produzione, il
mercato e il traffico; da coloro che, attraverso la rovina e la morte di tanti
ragazzi, attraverso la disperazione di tante famiglie costruiscono le basi di
un vasto potere finanziario e politico, di un dominio perverso che penetra,
agisce, ricatta in aree sempre più estese della società, nei gangli della vita
pubblica, non solo in singole regioni (Sicilia, Campania, Calabria), ma sul
piano nazionale.
Queste organizzazioni hanno un
nome: si chiamano mafia, 'ndrangheta, camorra. Ed esse non sono soltanto
associazioni criminali che operano isolate, ma hanno collegamenti, protezioni,
omertà in settori dello Stato, delle amministrazioni pubbliche, centrali e
locali, e in settori dei partiti governativi. Quella che controlla e dirige il
mercato della droga è una organizzazione ramificata, che utilizza per questi
fini criminali tecniche moderne, metodi e suddivisioni di lavoro propri delle
grandi società multinazionali. Si va dalla coltivazione del papavero e della
coca, alla installazione di raffinerie clandestine tecnologicamente
sofisticate; dal trasporto, ai depositi, alla distribuzione, allo smercio capillare,
che viene realizzato con le più collaudate tecniche dell'industria al consumo:
dapprima immissione di massicce quantità di droghe leggere a bassi prezzi, poi
repentine cadute di questo tipo di offerta e sua sostituzione con droghe
pesanti. Così è avvenuto, così avviene in aree sempre più estese. E giungono
ormai anche nei più sperduti centri, attraverso una capillare rete distributiva
fatta di spacciatori e consumatori, vittime dei mercanti di morte e mercanti
essi stessi.
Per avere un'idea delle
dimensioni dell'accumulazione di profitti attuata attraverso la droga, basti
pensare che il capitale investito nel passaggio da un kg. di morfina a un kg.
di eroina si valorizza di ben 20 volte: si passa cioè da 15 milioni di lire per
un kg. di morfina base a profitti per il corrispettivo di eroina dell'ordine di
350 milioni di lire nel mercato americano e di 200 milioni in quello europeo.
Un dato esemplare: in una sola delle raffinerie di Palermo, delle cinque finora
individuate dalle forze dell'ordine, si realizzava una produzione complessiva
settimanale valutata in 700 miliardi di lire.
Questa massa enorme di denaro
così accumulato finanzia poi altri traffici illeciti, altri traffici di morte
come quello delle armi, ma si tramuta anche in denaro riciclato attraverso
banche e poi investito in attività produttive e finanziarie, utilizzando flussi
di denaro pubblico per mezzo di appalti, subappalti e così via, godendo di
condizioni di vantaggio e adoperando mezzi di intimidazione che danneggiano,
mettono fuori concorrenza e colpiscono gli imprenditori onesti.
Come vedete, la presenza di
questa mostruosa industria del delitto, fondata sul traffico della droga, ma
estesa a una serie di altre attività anche economiche, ripropone con forza
nuova, con urgenza problemi generali che riguardano la questione meridionale,
la democrazia, l'indipendenza nazionale, per riuscire a frantumare e a
disperdere il coacervo di interessi criminosi, l'espandersi dei poteri occulti,
le mafie, le camorre, le P2, con i loro collegamenti economici e politici,
nazionali e internazionali, e le losche operazioni di centri stranieri di ogni
tipo ai danni del nostro paese. In questi ultimi anni l'Italia è diventata
quello che padre Dante avrebbe chiamato il «vasel d'ogni strame». È avvenuto e
sta avvenendo di tutto: sede non solo di consumo ma di transito e di produzione
della droga; sede di traffico e fornitura di armi; sede di operazioni
finanziarie di carattere puramente speculativo (pensate solo all'Ambrosiano e
allo Ior); sede in cui si incrociano e intrigano servizi segreti dei più vari
paesi. E si vorrebbe ora che l'Italia divenisse pure sede di nuove basi di
missili nucleari. Bisogna che torniamo a essere un paese indipendente, sovrano,
pienamente libero e finalmente pulito.
E quale forza può lottare per
questi obiettivi più efficacemente e credibilmente del Partito comunista
italiano, che è l'unico che può affermare, senza tema di smentite, di essere
una forza pienamente libera, pulita, indipendente da ogni vincolo con Stati,
governi e partiti stranieri?
Ma questi obiettivi generali
debbono essere conseguiti anche con una lotta concreta e specifica sui vari
terreni, uno dei quali è proprio quello rivolto a stroncare il mercato della
droga. (...)
L'Italia, che è stato finora il
solo paese dove la lotta al terrorismo ha assunto un carattere di massa,
strettameli te collegata alla azione meritoria e spesso piena di sacrifici
delle forze dell'ordine, è il paese che dà anche alla lotta contro la droga il
carattere di una grande battaglia di popolo. Ciò fa onore al popolo italiano. E
questa impronta popolare e di massa, che è stata così decisiva per isolare e
colpire duramente i disegni e l'azione delle bande terroristiche, sarà
certamente determinante per colpire i mercanti della droga e per aiutare i
giovani a rifiutarla o a liberarsene.
In Berlinguer, attualità e futuro, supplemento a "l'Unità",
11 giugno 1989
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