1.2.17

Compari e comari. Parentele spirituali (Alfonso M. Di Nola)

Il battesimo delle bambole a Barile
«Li vestiti ci tucchéme, e cumpari ci facémo», «i vestiti ci tocchiamo e compari ci facciamo» recitano, secondo una formula stereotipa, i ragazzi e le ragazze della Ciociaria, quando intendono stringere una parentela «scherzo», tuttavia ricca di conseguenze umane. Si toccano per tre volte gli indumenti e si segnano: la nuova solidarietà è conclusa in un ritualità ingenua. A Barile, uno dei paesi albanesi della Lucania, dove ancora è viva la memoria della trasmigrazione, a San Giovanni, il 24 giugno, si celebra un comparatico straordinario, che vedremo, lo spero, sulla nostra terza rete nella intelligente ricostruzione del regista Sandro Lai: è il comparatico delle bambole, nel corso del quale fanciulline tenui e indifese fanno da mamma e altre da madrina. Accompagnano, queste protagoniste della etichetta contadina, allo spiazzo della stazione ferroviaria le loro fantastiche bambole, pupe montate con sapienza di nonne e di madri intorno al mestolo e avvolte in fasce, come è del Cristo bambino nell’iconografia rinascimentale. La bambola viene deposta ai piedi di alcuni scalini, e la madrina, la «cummare», salta, con la sua agilità fanciullesca, gli scalini e la bambola, recitando la formula: «Pupe de Sante Giuvanne, battizimi sti panne, sti panne so battizzate, tutti cummari simi chiamate» (il singolare suono intermedio della a, che diventa ae, potete verificarlo nella fonetica ordinaria di De Mita).
La stessa notte magica e stregonica di San Giovanni, lungo il fiume Liri, incontrate coppie di ragazzi che, scesi nelle acque spesso diacce, immergono le destre annodate, mignolo stretto a mignolo, e si fanno compari. E pure ho visto, in Abruzzo, un’altra cerimonia di comparatico: i ragazzi a coppie si strappano un ciuffo di capelli, lo legano l’un l’altro e lo lanciano al vento o anche pongono qualche capello su un sasso, sputandovi sopra e lanciandolo in un corso d’acqua, quasi a significare che il comparatico così realizzato potrà essere sciolto soltanto se si riesce ritrovare i capelli lanciati al vento. Ma singolare fra tutti è quel «comparatico» della spina o dell’arco, che una volta diffuso dalla Svezia al Portogallo, è presente in gran parte del Meridione in occasione di festività varie. Due uomini (in Spagna un uomo e una donna che assumono i nomi evangelici di Juan e Maria) reggono, l’uno di fronte all’altro, un ramo spaccato di querciolo o di altro albero, e un infante, spesso di pochi mesi, viene «passato» attraverso la spaccatura perché sia preservato dall’ernia scrotale, in effetti perché gli sia garantita nelle società contadine la capacità generativa per il futuro. I due uomini che praticano il passaggio del bambino nudo per tre volte e in posizione di parto, con la testa in avanti, divengono i suoi «compari della spina», con riferimento, per quanto riguarda la «spina» al rovo che spesso sostituisce il querciolo.
Ora nelle varie feste che andiamo seguendo lungo l’estate «nascosta» della storia subalterna, questi comparatici «scherzosi» sono frequenti e ricorrono, naturalmente, nelle festività invernali e primaverili. Il loro significato è di ben difficile individuazione. Appartengono certamente a quell’istituto del padrinato che ha trovato, qualche anno fa, la sua rigorosa analisi in un bel libro di Italo Signorini (Padrini e compari, 1981), e tuttavia esulano dalle forme classiche secondo le quali da noi e nei paesi dell'America Latina si stringa il vincolo della cosiddetta parentela spirituale. Il compare di battesimo, di cresima, talvolta di matrimonio, originariamente testimoni dell’iniziazione cristiana del figlioccio o della figlioccia, istituisce un vincolo fortemente sacralizzato nelle tradizioni rurali e pastorali. Indipendentemente dalla regole di diritto canonico che vietano il matrimonio fra padrino e figlioccio di battesimo e lo considerano incesto, le culture inseriscono nel vincolo una serie di obblighi, fra i quali principale, secondo Signorini, è quello del «rispetto». In Macedonia, si dice «quando il kum, il compare, entra nella tua casa, anche la paglia si alza», e in Lucania «bisogna baciare la porta su cui la comare ha posato la mano». In Abruzzo e nelle Marche, il compare resta una sorta di presenza vigilante e continua, protettiva garante: il bracciante che va alla fatica nelle prime ore del mattino deposita un sassolino sul davanzale del suo figlioccio, per rappresentargli miticamente la sua presenza, e proprio al compare spetta di portare alla casa del figlioccio gli annunzi buoni e cattivi, i segni della gioia e della morte. Ho avuto occasione di conoscere contadini che hanno procrastinato il matrimonio dei figli in attesa che il compare, emigrato in Venezuela, avesse la possibilità economica di procurarsi un biglietto di aereo per essere presente alla cerimonia.
Accanto al sistema liturgico di padrinato, la rete della solidarietà si apre verso impensate occasioni festive per confermare nuovi rapporti al di fuori della liturgia ufficiale. In Messico l’erezione di una croce funeraria, la benedizione di ornamenti della chiesa o quella dell’immagine di un santo, l’accompagnamento di una puerpera alla messa di purificazione dopo il quarantesimo giorno del parto, la donazione del primo paio di orecchini a una ragazza sono esempi, fra molti altri, di compadrinaggio non sacramentale. Da noi il pellegrinaggio festivo, soprattutto a piedi, è un tempo alto, carico di energie numinose, nel quale si dischiude il nascosto bisogno di amicizie e parentele. E forse uno dei meccanismi sociali sottostanti a queste cerimonie appartiene all’intima struttura dei gruppi rurali-pastorali: sono comunità, che, all’osservazione di chi veramente le conosce, appaiono attraversate da forti conflittualità e tensioni. Le parentele di sangue e di affinità sono spesso aree di odi, di gelosie, di allarmi: i parenti di sangue e gli affini sono coloro che appaiono pronti a sottrarti, nelle lunghe controversie ereditarie, la «roba», i pochi metri di campo, la casa. Di qui l’uso presente in molte parti del sud di esorcizzare con il sale gettato a terra il passaggio di un parente. L’invenzione dei padrinaggi, dei comparatici, delle parentele spirituali e fittizie realizza il reinserimento di una società estremamente esposta e insicura in una sicurezza di relazioni più efficaci di quelle parentali. E queste intricate realtà della nostra storia culturale hanno, al di là della funzione di garanzia un forte valore iniziatico: ogni comparatico stretto nelle vie polverose dei pellegrinaggi o presso le fonti o nelle chiese, commemora e ripete il distante esempio modulare di Gesù che, immerso nelle acque del Giordano, si fa battezzare dal selvatico Giovanni, il signore delle desolazioni del deserto, mangiatore di cavallette e vestito di pelli animali.


“il manifesto”, ritaglio senza data, probabilmente 1981

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