6.2.17

L'ozio rende i bambini più capaci e felici (Giovanni Sabato)

Ora che sono in vacanza, lasciateli (anche) giocare. Scorrazzare in un parco, popolare un mondo incantato di maghe e di mostri, e anche restarsene un po' a ciondolare nei propri pensieri. E i vostri figli non solo si divertiranno e si riposeranno, ma coltiveranno facoltà non meno importanti di quelle che apprendono in un corso d'inglese o di nuoto. Di cui si gioveranno anche a scuola.
Lo ribadisce uno studio sulla rivista Frontiers in Psychology guidato da Jane Barker, psicologa all'Università del Colorado a Boulder, il cui messaggio è chiaro: le attività libere, in cui i bambini scelgono da soli cosa fare, sono essenziali per imparare a porsi in autonomia degli scopi e a organizzarsi per perseguirli, quella che gli psicologi chiamano funzione esecutiva autodiretta. «La funzione esecutiva è un insieme di abilità di pianificazione, organizzazione, memoria, iniziativa, scelta di passare da un'attività a un'altra in risposta alle circostanze, che mettiamo in atto per perseguire un dato scopo» spiega.
Le attività strutturate, condotte sotto la guida degli adulti, sviluppano nei piccoli queste abilità in risposta alle istruzioni ricevute, quando viene detto loro cosa fare e quando. Ma altrettanto importante è che sappiano farlo da soli, prefiggendosi di propria iniziativa i loro scopi e attivandosi per raggiungerli. Questa competenza è importante fin dall'età dell'asilo, e si è dimostrata fra le doti più utili nel decidere il futuro successo scolastico e accademico, al pari o più del quoziente d'intelligenza o delle abilità matematiche.
«Abbiamo ipotizzato che le attività poco strutturate, in cui i piccoli hanno più margini di autonomia, siano preziose per sviluppare questa capacità» osserva Barker. Per verificarlo, ha chiesto ai genitori di una settantina di bambini di 6-7 anni di descrivere le tipiche attività dei figli nell'arco della giornata e nel corso dell'anno, e ha misurato con semplici test la funzione esecutiva autodiretta dei piccoli. Ha così constatato che i bambini più dediti ad attività spontanee, come giocare liberamente o leggere libri e fumetti a propria scelta, erano più bravi ad autodeterminarsi e organizzarsi. Le attività guidate come lezioni, corsi pomeridiani e sport organizzati, non sostituiscono quelle spontanee, anzi: chi vi dedicava più tempo aveva meno capacità di perseguire un compito in autonomia. Le due facoltà non sono quindi intercambiabili ma complementari e vanno coltivate entrambe.
Lo studio va a ingrossare un filone di ricerche che ci sta mostrando quanto siano importanti per la maturazione dei bambini attività che gli adulti ritengono spesso ozi da scoraggiare se non pericoli da evitare.
Giocare in libertà, anche correndo qualche rischio, è ormai riconosciuto essenziale per lo sviluppo del bambino, una palestra in cui impara a porsi delle mete, superare gli ostacoli, stabilire regole e interagire con i suoi pari. Ne sa qualcosa la scuola elementare Swanson di Auckland, in Nuova Zelanda, dove per una ricerca di due università locali i bambini hanno goduto di un'inconsueta libertà di giocare come volevano nel tempo libero, ruzzolandosi per terra, inseguendosi e arrampicandosi sugli alberi. Risultato: meno vandalismo e bullismo, più concentrazione in classe e migliori risultati. Al punto che, concluso l'esperimento, la scuola ha scelto di continuare con il nuovo regime. «Imporre troppi limiti al gioco per paura che i bimbi si facciano male è controproducente, perché la scoperta indipendente è un elemento decisivo nella crescita, e solo correndo qualche rischio si impara come affrontarli» ha dichiarato un artefice dello studio, Grant Schofield, della Auckland University of Technology.
Altrettanto poco apprezzato, ma altrettanto a torto, è il cosiddetto sognare a occhi aperti, restare immersi nei propri pensieri sconnessi dalla realtà circostante. Chi lo fa è spesso richiamato a
occupazioni «più produttive». In realtà anche questo stato della mente è importante per coltivare consapevolezza e creatività, memoria, riflessioni intime e simulazioni di situazioni future. E giusto quindi lasciare che bimbi e adolescenti vi indulgano, lasciandoli in pace quando li vediamo farlo, o incoraggiandoli a fare ogni tanto una passeggiata da soli senza cellulare e videogiochi.
L'ideale, in definitiva, è cercare il giusto equilibro fra le varie attività. Cosa non sempre facile. «Vediamo due tipi di famiglie. A quella che stressa il figlio con centomila attività va senz'altro consigliato di lasciarlo un po' più a se stesso, a giocare e a sognare ad occhi aperti» spiega Pietro Lucisano. professore di pedagogia sperimentale alla Sapienza-Università di Roma.
«Poi c'è quella che lo lascia tutto il giorno a casa, magari perché i genitori lavorano tutta l'estate, e servizi pubblici come i centri estivi, che un tempo facevano da valvola di sfogo, sono diventati costosi. In questi casi semplici spazi di gioco possono davvero fare la differenza: il prato sotto casa è una grande scuola. Ma ce ne sono sempre meno. Allora c'è chi dice di farli studiare anche d'estate, ma io sono contrario e il nuovo studio lo conferma: l'apprendimento passa anche per le mani e per i piedi, a volte più che per le orecchie».
Quel che si vede è spesso un gap sociale. «Abbiamo verificato che i ragazzi che dispongono di mezzi e fanno vacanze ricche di esperienze ne traggono vantaggi anche intellettivi, quelli che non si muovono dal loro quartiere no. Per ovviare bisognerebbe almeno stimolarli, facendo con loro attività varie: non necessariamente culturali, anche esperienze all'aria aperta che stimolino abilità manuali, osservazione, gioco. Ma invece vediamo che nelle situazioni culturalmente svantaggiate i ragazzi rischiano di passare l'estate davanti a tv e videogiochi. Il consiglio allora è di coinvolgerli, farli giocare a piccoli esperimenti scientifici, o costruire semplici giochi, o anche partecipare alla cucina: far diventare le attività quotidiane uno stimolo all'intelligenza».


Pag.99, 12 luglio 2014

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