10.1.12

Animali. Tragica fine dell'uro. Rinascita del bisonte europeo (Silvio Renesto)

Bisonte europeo
La vasta e multiforme popolazione di bovini domestici che dal nostro continente ha – per così dire – invaso quasi tutto il mondo, vanta un antenato selvatico di tutto rispetto: l’uro, il cui nome scientifico, Bos primigenium (Bue delle origini), sottolinea il rango di capostipite.
Come il maiale domestico ha ben poco in comune con il suo antenato selvatico, il cinghiale, in quanto a forza, agilità e carattere fiero, così i bovini domestici non sono che pallide imitazioni dell’antico gigantesco uro.
Alto più di due metri, con enormi corna a forma di lira, un folto pelame lanoso color fulvo e la lunga coda sferzante, l’uro è stato raffigurato in innumerevoli graffiti delle caverne, dove l’uomo primitivo lo ritraeva con grande maestria, in stupende scene di caccia. Notizie sulla forza e sul carattere fiero e indomito di questo animale ci vengono fin dai grandi scrittori latini (anche Giulio Cesare lo descrive nelle sue cronache militari). Un tempo diffusissimo nelle grande praterie dell’Europa e di parte dell’Asia, l’uro viveva in branchi numerosi, pascolando in assoluta libertà. Probabilmente agli albori della civiltà l’uomo riuscì a catturarne qualche esemplare e tramite successivi incroci con altre specie di bovini nordici più piccoli e, forse, più tranquilli, riuscì ad ammansire il possente animale e a dare origine alla variegata stirpe del bue domestico, il Bos taurum.
La sorte del grande ruminante selvaggio è stata però infausta: il dilagare di popolazioni umane affamate di carne, ma soprattutto di terra da arare e coltivare, ridusse sempre più la disponibilità di territorio per l’uro, dovunque scacciato, o “imbastardito” con i bovini domestici. Si fece sempre più raro fino agli ultimi esemplari, segnalati nei pressi della Vistola intorno al 1627, poi l’animale scomparve per sempre.
Alcuni caratteri dell’uro (come ad esempio la forma delle corna, il colore del mantello ecc.) si ritrovano sparsi qua e là nelle varie razze di buoi domestici: in particolare il piccolo, lanuto bue scozzese sembra una curiosa miniatura dell’antico ruminante. […]
Se l’uro non c’è proprio più, il bisonte europeo “resiste”, almeno per ora. E’ in assoluto il più grande animale del nostro continente e, almeno un tempo, uno dei più selvaggi. Le sue dimensioni sono leggermente superiori a quelle del cugino d’oltreoceano e pur somigliandogli nel colore e nella forma delle corna è però più irsuto e la groppa rimane alta, per cui non si osserva i caratteristico profilo spiovente che si osserva nel bisonte americano.
L’aspetto, massiccio e molto “primitivo”, suscita notevole impressione: non stupisce che fino a qualche tempo fa le popolazioni rurali dell’Europa centrosettentrionale ne abbiano avuto un sacrosanto terrore.
A differenza del bisonte americano che predilige i grandi spazi aperti, quello europeo amava vivere nel fitto delle foreste, nutrendosi di germogli e cortecce di frassino o di betulla. […]
La caccia praticata fin dalla preistoria per la carne, il cuoio robustissimo, non ha seriamente danneggiato seriamente le popolazioni dei bisonti fino a tempi assai recenti. Erano animali così grossi e (almeno così si credeva) pericolosi che ad esempio i romani cantavano nei loro poemi i nomi dell’ardito eroe che riusciva ad abbatterne un esemplare. Solo dopo la diffusione delle armi da fuoco divenne relativamente sicuro affrontare quei bestioni. Da allora furono perpetrate vere stragi, e passarono alla storia i massacri di interi branchi ad opera del re polacco Augusto II, ma uno dei fattori che maggiormente pregiudicò la sopravvivenza fu la drastica riduzione delle foreste. Come l’uro anche il bisonte dovette assistere alla progressiva, inesorabile scomparsa dell’ambiente dove nutrirsi, riprodursi, trovare rifugio.
Già agli inizi dell’Ottocento lo zar Alessandro I cercò di salvaguardare la specie vietandone la caccia, ma servì a poco, infatti alla fine del secolo non ne rimaneva che un centinaio nella fitta foresta di Bielowiza, tra Polonia e Urss. Alla fine della seconda guerra mondiale si aveva notizia solo di poche decine di esemplari sparsi in vari giardini zoologici. Sembrava ormai certo che nessuno avrebbe più visto un bisonte in Europa, invece grazie agli sforzi di scienziati e naturalisti fu possibile varare un programma di riproduzione controllata e di far proliferare i pochi bisonti rimasti, tanto che nei primi anni 50 si riuscì a rimettere in libertà degli esemplari.
Secondo Christian Kempf esperto di fauna europea e responsabile di numerosi progetti di reintroduzione, oggi in Europa vivono circa 450 esemplari di questo “signore della foresta”, come lo chiama lui.

da “L’Unità”, 2 aprile 1989

Postilla
La situazione del bisonte è ulteriormente migliorata nell’ultimo ventennio tant’è che la specie non è più indicata come a rischio di estinzione, ma soltanto come vulnerabile. Si parla di un migliaio di esemplari della specie pura, più qualche centinaio di ibridi con il bisonte americano o con specie addomesticate. (S.L.L.)  

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