24.1.12

Nel diluvio di insipide “baguette” (di Carlo Bogliotti)

A Savigliano (CN), la Festa del Pane ci dà l'occasione per riflettere su di un prodotto quotidiano, che in quanto tale rischiamo di dare per scontato, privandoci delle tante qualità che può avere e delle infinite varietà tradizionali in cui può essere declinato. Oggi comprare il pane significa il più delle volte districarsi tra forme più o meno fantasiose, mangiare panini senza personalità, omologhi da Aosta a Palermo, magari belli a vedersi ma pronti a trasformarsi, dal mattino alla sera, in insignificanti biscotti rocciosi da sgranocchiare. Il problema è la fretta: lieviti molto veloci o «miglioratori» che limitano anomalie sviluppando anidride carbonica (ecco perché il pane ci gonfia); l'ampio utilizzo di semilavorati o di paste surgelate a livello industriale e poi scaldate/cotte in un ultimo passaggio nel punto vendita. Tutte pratiche diffuse, che facilitano la vita a chi deve produrre ma che stanno facendo diminuire i veri panettieri, un mestiere duro fatto di sapienze antiche e levatacce. Tante panetterie (soprattutto nel Nord Italia) si sono trasformate in laboratori di assemblaggio di semi-lavorati industriali a scapito di gusto e digeribilità. Meglio allora informarsi e re-imparare cos'è il vero pane, che può durare anche quindici giorni, fatto con pasta madre o lieviti meno aggressivi, con l'utilizzo di farine di qualità e gusto.
Sembra che la materia prima non conti più: quel grano che oggi ha prezzi ridicoli per i contadini e non viene più voglia a nessuno di coltivarlo. Quando invece è un fondamento dell'alimentazione mediterranea, che non a caso ha sviluppato un universo di forme e sapori: si contano più di trecento pani tradizionali nella sola Italia. E molti di questi oggi si fa fatica a trovarli, nel diluvio di insipide baguette industriali.

“La Stampa” 24-09-2011

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