Assisi. Foto di Marco Francalancia |
Ad Assisi sono tornato dopo alcuni anni, in un sabato d’inverno senza turisti. Ho guardato, ascoltato e letto. La città è una palude e la stagnazione lascia scorgere poco di quanto dentro accade. Il centro continua ad affascinare, molto al di là dell’immagine convenzionale, francescana e misticheggiante, ma è proprio da lì che sembra effondersi verso la piana, il monte e le colline circostanti un senso di torbido torpore.
Per tutto il Novecento, già dal tempo di Mussolini, che ammirava in Francesco “il più italiano dei santi”, passando per gli anni del “regime democristiano”, fino alle ripetute visitazioni del papa polacco, lo svuotamento del capoluogo ha accompagnato, a ondate, la crescita dell’“industria del santino” gestita direttamente da frati e suore e del notevole indotto laico. Si giunge così alle poche centinaia d’adesso, con un numero altissimo di esercizi commerciali, ricettivi, e tra questi molti religiosi alberghi dello spirito, beneficiari di esoneri fiscali. Qualcuno in Comune ipotizza un’inversione di tendenza, un progressivo ripopolamento grazie ai mini-appartamenti ricavati dalle ristrutturazioni dopo-terremoto, ma il mercato immobiliare è del tutto bloccato e non c’è nulla che incoraggi le giovani coppie ad abitare nel capoluogo.
C’è una netta differenza, infatti, – a sentire i residenti - tra la percezione dall’esterno e quella dall’interno. Al visitatore occasionale Assisi rimanda un’immagine di città medievale ricca di monumenti, salubre, città delle pace e del francescanesimo con tutte le sue suggestioni, con lembi di paesaggio incontaminato e incantevole. Gli abitanti al contrario provano un senso di solitudine e una sindrome da assedio, specie quelli che non vivono di turismo e non beneficiano di nessuna compensazione per le distorsioni economiche ed etiche che derivano dall’essere abitanti di un centro preso d’assalto per decine di giorni l’anno, fino all’imbrunire, con tutte le conseguenze che ne derivano, in termine di costi, servizi, serenità. Un’amministrazione attenta al bilancio ha fatto sì che i cittadini non soffrissero troppo dei balzelli che hanno colpito altri centri, ma il prezzo è stato l’abbassamento generale delle attività sociali: i centri di aggregazione carenti, gli incentivi all’impresa innovativa giovanile acqua fresca, la sensibilità verso le donne lavoratrici zero. E’ difficile il ripopolamento di una città così strutturata.
La stagnazione si avverte anche fuori dal capoluogo, da Santa Maria degli Angeli, che condivide col capoluogo il business turistico-religioso e con la contigua Bastia le attività commerciali e industriali, alle altre frazioni del monte e del piano. Agli Angeli molto è cambiato in apparenza, la configurazione del traffico, i sottopassaggi, le rotatorie, i nuovi supermercati; e sono in attività i cantieri del discusso Puc, che prevede ampie e alte cementificazioni. Ma, a quel che sento e avverto, anche qui la sostanza (quel che sta sotto le apparenze) è stagnazione. Qualcuno del luogo – non senza saggezza – interpreta addirittura come regressione le modificate destinazioni d’uso di spazi che un tempo erano sede di attività produttive e oggi di supermercati. Riusciranno questi nuovi centri commerciali – in tempi di crisi - a vendere le loro mercanzie con intorno così tanta concorrenza? Il dubbio riguarda anche gli appartamenti del Puc. Si vocifera che siano in buona parte già venduti. A chi? Chi dispone oggi di tanti capitali e rischia di tenerli inutilizzati per un buon lasso di tempo?
Forse più che altrove agli Angeli si avverte l’orma di Bartolini, sindaco del terremoto e del Giubileo e potente vicesindaco nel primo quinquennio di Ricci, ora oppositore da destra; ma il suo attivismo, fatto com’era di appalti, cemento, affari e clientele, era in realtà conservatorismo, cioè fiancheggiamento e sostegno dei poteri più forti: i vasti e corposi interessi clericali, immobiliari e turistici, o i comitati d’affari più o meno riservati.
Ricci ha cambiato stile, ma non politica: è più diplomatico, ha fatto pace con la Regione, con Perugia, con la Marcia Perugia-Assisi, ha scelto la pratica gesuitica e dorotea del mota sedare et quieta non movere, ma resta rappresentante degli stessi interessi. E pare che pensi soprattutto alla propria carriera: è in prima fila alla manifestazione con Alfano, ma non lesina aperture a Casini. Insomma, come tanti nella cosiddetta “casta” dei politicanti, Ricci è in attesa.
Intanto la crisi arriva anche nella città del Poverello. Si dice (tuttora mancano dati scomposti) che il turismo, dopo il primo crollo, regga e che anzi qualcosa recuperi in termini di presenze, se non di introiti. Forse è vero. Si dice che la crisi qui morda meno che altrove, perché c’è ancora qualche lavoro in corso nell’edilizia, perché la diversificazione tra attività legate al turismo, industrie e commerci d’altra natura aiuta, perché da queste parti non mancavano riserve di risparmio e di ricchezza. Può darsi. E tuttavia, se non siamo alle smobilitazioni della vicina Bastia, alla Bolletta Mobili, ove il sindacato è tradizionalmente collaborativo, si è scioperato per salari non corrisposti. E’ un segnale allarmante. Dentro la crisi inoltre si scorgono movimenti non del tutto decifrabili, ma di sicuro gravidi di conseguenze: i più grandi alberghi, sia laici che cattolici, cambiano proprietà o quanto meno gestione. Ha un nuovo padrone (e un nuovo nome) il Grand’Hotel, ha un nuovo padrone l’Hotel Subasio, i frati affidano a L’Ora di Padova la gestione del raddoppiato Cenacolo francescano. Nel settore dell’ospitalità cresce l’insofferenza per le strutture dei religiosi e delle religiose, che godono di facilitazioni fiscali tali da configurare una concorrenza sleale.
L’opposizione di centro-sinistra e di sinistra, con poche lodevoli eccezioni, non riesce ad esprimere né lotte, né critiche, né proposte e dentro di essa il Pd sembra involversi in una crisi senza fine. Dei due consiglieri comunali pd, una, la Travicelli, di provenienza democristiana, si è proclamata indipendente dal gruppo consiliare e dal Pd assisano, anche se a Perugia continua a fare la “democratica”. Il recente congresso, che doveva risolvere i problemi interni, ha sancito l’elezione a segretario di Masciolini, ma i suoi due competitori non hanno accettato la sconfitta, hanno fatto ricorso agli organi superiori, denunciando brogli e tessere false. Insomma un Pd da una parte dimezzato, dall’altra “uno e trino”. Le promesse di una svolta della nuova segreteria sembrano destinate a rimanere nel limbo delle buone intenzioni.
A sinistra l’esperienza più interessante degli ultimi anni è rappresentata da “La Mongolfiera”, la lista di sinistra, che nelle elezioni comunali del 2006 aveva raccolto intorno a sé una parte significativa dell’intellettualità laico-socialista e comunista, con un programma avanzato e intelligente e circa il 10% dei voti. Nel 2011 da quell’esperienza è nato il movimento “Buongiorno Assisi” che è riuscito a imporre a tutto il centrosinistra il candidato a sindaco, Carlo Cianetti. La sconfitta di costui, particolarmente dura anche per l’esplicito sabotaggio o disimpegno di alcuni esponenti Pd, ha determinato anche in quest’area un ripiegamento. Ridotti a poca cosa sono, peraltro, anche i piccoli partiti dell’estrema. E’ tempo, forse, di uscire dalla palude. Questo dossier vuole rappresentare, anche, un contributo alla riapertura del dibattito e a una ripresa dell’iniziativa.
Alla comunità assisana rimane intanto sostanzialmente estraneo e si limita a intervenirvi quanto basta per difendere i propri interessi mobiliari e immobiliari il complesso di ordini, congregazioni e fraternità cattoliche che vive negli eremi e nei conventi della “Città serafica”. Un tempo si distinguevano per l’impegno pacifista e terzomondista i frati della Basilica e del Sacro Convento (non senza qualche contrapposizione con i “fratelli” della Porziuncola, più tradizionalisti e conservatori). Nel 2006 una deliberazione papale ridusse la loro autonomia, riportandoli sotto la giurisdizione del Vescovo. La normalizzazione ha avuto successo, anche perché il ritorno all’ordine corrispondeva all’aspirazione di molti frati, assai lontani in spirito dall’avanzato francescanesimo di alcuni stati del Sud America. Di fatto il Sacro Convento si è allineato con le amministrazioni della destra e ne è stato uno dei più forti sostenitori al tempo di una controversa delibera contro i mendicanti e i mangiatori di panini. Paradossalmente, nel mondo cattolico, sui temi della pace e della cooperazione, ma anche su temi sociali (disoccupazione, nuove povertà, acqua pubblica), uno stimolo è venuto proprio dal vescovo Sorrentino e dalla diocesi, con vere e proprie iniziative di dibattito intitolate alla “Tenda del Risorto”. Un altro punto di luce è di sicuro la “Pro civitate christiana” che riesce ad essere tuttora, non di rado, luogo di incontro e di dialogo tra credenti nelle religioni e credenti nella autonoma umana ragione, ma con la palude assisana ha scarsissimi contatti.
dal dossier "speciale assissi", in "micropolis" gennaio 2012
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