Un articolo di Oreste Del Buono, giornalista brillante, letterato consapevole, attentissimo a tutte le forme della cultura di massa dallo spettacolo sportivo al fumetto, pubblicato su “L’Europeo” settimanale n.40 del 1967 e ripubblicato da “L’Europeo” bimestrale n.1 del gennaio 2004, racconta di Jacques Anquetil. L’eroe antipatico del ciclismo degli anni Cinquanta e Sessanta, fu ammiratore ed emulo di Fausto Coppi, al punto di cercarne una sorta di investitura e di imitarne perfino le controverse storie d’amore. Ebbe anche lui, una sorta di “dama bianca” Janine, moglie del suo medico di fiducia… (S.L.L.)
Le memorie di Anquetil battono le memorie di De Gaulle, oltre che per il numero delle vittorie riportate, per l’assoluta coscienza della propria grandezza. Eppure apparentemente non avrebbe il fisico del ruolo...
Ha cominciato a correre nel ’50, su proposta di un amico. La prima bicicletta l’aveva avuta a quattro anni. La seconda il giorno della prima comunione. Era una vera bicicletta da uomo, ma, a forza di usarla tra Quincampoix e Sotteville, il villaggio dove andava a lavorare da tornitore, l’aveva ridotta a un catenaccio. Proprio perché ammirava il modo con cui se la cavava su quel catenaccio, l’amico Dieulois, operaio come lui, ma appassionato dilettante di ciclismo, gli propose di prendere la cosa un po’ più sul serio. Il catenaccio fu sostituito da una bicicletta da corsa, Anquetil firmò una licenza da dilettante, e si tracciò lui stesso il programma: partecipare a tre corse importanti e vincerle, altrimenti tanto valeva rinunciare alla nuova carriera.
Scelse le tre prove del “Maillot des jeunes”. Durante la prima, scoprì che non gli piaceva stare in mezzo al gruppo, ma lo scoprì troppo vicino al traguardo, e vinse di appena qualche centinaio di metri. Forte della scoperta, alla seconda prova inflisse al più immediato inseguitore 1’45”. La terza prova era a cronometro, con la promiscuità felicemente scongiurata fin dalla pedalata iniziale. Partì per ultimo, favorito dalle due prove precedenti: Dieulois era partito penultimo con il rituale vantaggio di quattro minuti. Anquetil fece presto a recuperarlo, poi, però, per qualche chilometro esitò a superare l’amico per non umiliarlo. Uno dei rarissimi rispetti umani della sua carriera, a ogni modo il tempo incalzava, dovette passare avanti, non guardò più altro, aveva fretta. Tanta fretta che decise di non fermarsi più di due stagioni tra i dilettanti. Nel 1953 era già professionista.
Di rispetti umani, certo, Anquetil non ne ha confessati molti nella sua lunga, straordinaria carriera. Oltre l’esitazione di quel giorno per l’amico della giovinezza, di sicuro c’è solo l’ammirazione per Coppi. Coppi era il Campionissimo, celebre in terra francese quanto in terra italiana. Il neoprofessionista Anquetil, famelico di successi, doveva affrontarlo al trofeo Baracchi. Ma volle conoscerlo a casa prima che in gara. Andò a trovarlo a Novi Ligure. Tutto quello che riguardava il Campionissimo gli apparve significativo e bellissimo: la casa, la più grande di Novi Ligure, l’ospitalità, la più gentile, i consigli, i più utili. E questo, anche se ovviamente Anquetil non ebbe l’opportunità di far confronti con altre case di Novi Ligure, anche se Coppi non gli offrì neppure un bicchier d’acqua, anche se i consigli non furono poi seguiti: quell’incontro costituì, a ogni modo, almeno per il francese una specie di investitura…
1 commento:
"Proprio perché ammirava con cui se la cavava...": qualcosa si è perduto del testo originale. Grande articolo di OdB, che è riuscito a farmi conoscere qualcosa di nascosto dell'antipatico Anquetil.
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