Quando la miseria cresce i preti s’allargano e crescono le loro iniziative propagandistiche, tese a ottenere una sorta di “monopolio della carità”. Accade spesso e dappertutto; ed è accaduto in Umbria in questo gennaio. Il 15 si è celebrata a Perugia la giornata del migrante e del rifugiato con una Messa solenne trasmessa su Rai 1. Vi partecipavano delegazioni da tutte le diocesi dell’Umbria e per l’occasione il presidente della Conferenza episcopale umbra, Paglia, ha predisposto un’accorata esortazione all’accoglienza. Protagonista della giornata è stato tuttavia il vescovo di Perugia Bassetti che ha tenuto un’omelia molto politica e “nazionale”. Il succo era “gl’italiani son stati migranti, gl’italiani devono essere accoglienti”, in linea, anche nel riferimento ai 150 anni di unità, con Napolitano e con le novità nelle politiche migratorie del suo governo tecnico. Intanto la Caritas della diocesi perugina è al centro di uno scandalo (su cui si è messa la sordina) dopo le denunce di abusi su piccoli migranti rivolte a un prete che era ai suoi vertici.
Nel frattempo il quadro della gerarchia umbra sembra in movimento. Il nome Paglia, che secondo la leggenda era cardinale nel cuore (in pectore) del papa polacco, non avendo al tempo l’età per essere nominato, non si rintracciava nell’elenco dei nuovi porporati. L’esclusione peraltro era abbastanza attesa, giacché Ratzinger non appare generoso di nomine verso i vojtiliani doc, ma oggi i siti cattolici danno il gerarca ciociaro in prima fila tra i concorrenti per il Patriarcato di Venezia. Paglia in questo gennaio oltre a partecipare alla commemorazione del boiardo di stato Enrico Micheli, figlio del celebre tesoriere della Dc (con Gianni Letta, Prodi, Bindi e Veltroni), ha firmato con la Marini e Boccali il Protocollo d’intesa tra la Ceu, l’associazione umbra dei Comuni e la Regione a favore del Fondo di solidarietà delle Chiese umbre.
Si tratta in pratica di un contributo della Regione a questo Fondo, che raccoglie quattrini con l’obiettivo dichiarato di soccorrere le famiglie in difficoltà. L’ammontare del finanziamento regionale è di soli 100 mila euro, ma in tempi di penuria per le pubbliche finanze anche questo è grasso che cola. Il protocollo informa che la gestione del fondo costa 150,87 euro, “praticamente zero”. Il sottinteso è che i soldi dati ai preti arriverebbero tutti alle famiglie, mentre, se gestiti dal pubblico, verrebbero decurtati dalle spese di personale e d’altro. Tesi assai discutibile: i Comuni dispongono di personale in grado di distribuire gli aiuti a costo zero e potrebbero definire criteri oggettivi ed equi di distribuzione senza ricorrere alla clericale discrezione.
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