4.1.12

Billy Wilder (da Crowe e Razzini)

Nel 2002 Adelphi pubblicò le Conversazioni con Billy Wilder dello sceneggiatore-regista Cameron Crowe, che del grande regista tedesco-americano era ammiratore e si sentiva discepolo e amico. E' un libro che non ho comprato e non ho letto, chissà perché, e che leggerei volentieri, anche per il mio amore ardente per il cinema di Wilder.
Ho trovato un ritaglio da "Alias" con l'articolo di Vieri Razzini che lo recensisce, ma mancano le indicazioni di numero e data: l'annata dovrebbe essere, ovviamente, il 2002.
Ne trascrivo alcuni stralci - in genere citazioni dal libro - in cui trova risalto la grande personalità (e la grande moralità) del regista di Viale del tramonto, di  A qualcuno piace caldo, del capolavoro sconosciuto Uno due tre e di molto altro ancora. (S.L.L.)
Billy Wilder durante la lavorazione di "Uno due tre"
Di esempi del carattere di Wilder - di cui troviamo tracce consistenti nei suoi personaggi, soprattutto di commedia - il libro è gremito.
Balzano agli occhi la sua semplicità, il rifiuto istintivo di considerarsi un genio (proprio come Ford e Hawks, Renoir, Rossellini). "Io non faccio cinema, faccio film", dice. Oppure, da artigiano: "Sì, quella era una battuta divertente, e risolveva un sacco di problemi narrativi in tre parole".
Inquadrature ricercate, "a effetto", ne conta due in tutta la carriera, in Viale del Tramonto il cadavere del protagonista che galleggia sulla piscina ripreso da sott'acqua, e la caduta di Kirk Douglas nell'Asso della manica ripresa all'altezza del suolo, in modo da farne balzare il volto in primo piano...
Sono diversi i film che  considera non riusciti, e ne spiega le ragioni pratiche senza servirsene da alibi. "Baciami, stupido! - dice ruvidamente - sarebbe venuto male anche con Peter Sellers al posto di quell'attore". Crowe: "Crede che i suoi film le appartengano, anche se di fatto sono di proprietà degli studios?". Wilder: "Sì, in un certo senso sono miei. Quelli brutti no, naturalmente"...
Risuonano i nomi degli attori prediletti, William Holden, Lemmon e Mathau, Marilyn ("talento allo stato puro... non faceva mai quello che ti aspettavi, e aveva sempre ragione"), Audrey Hepburn ("Pensare che credeva di non avere alcun talento"), e più di una volta il nome dell'attore ideale che gli è sempre sfuggito, Cary Grant...
Scrive Crowe nelle ultime pagine: "Mi fa una domanda che mi ha già fatto altre volte: Ce l'ha un finale?. E prima che io possa rispondere, aggiunge, con una traccia di stupore nella voce: Il finale perfetto sarebbe che io morissi. Non era una battuta macabra. Era solo l'opinione di un professionista: un grande narratore di storie, un devoto della logica e della concisione, che si preoccupava del nostro finale. In modo quanto mai pratico Billy Wilder ha proposto la sua morte come soluzione di un problema narrativo". 

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