Nell’estate 1980 Leonardo Sciascia telefona a “l’Espresso” di cui è collaboratore: “Borges è a Roma di passaggio. Potrei andare a colazione con lui?”. Gli dicono che è una buona idea e che potrebbe fargli un intervista. Ma Sciascia si nega (“Non so fare domande”), accetta tuttavia l’idea di portare seco un registratore. S’incontrano all’Excelsior in una saletta riservata e tranquilla. Con loro c’è Maria Kodama, allora segretaria di Jorge Luis Borges poi moglie, c’è un interprete. Ma non ne avranno bisogno: i due parlano ciascuno nella propria lingua, ma s’intendono benissimo.
La registrazione rimane per qualche anno inutilizzata. Viene recuperata nel luglio del 1986, un mese dopo la morte di Borges, e la sua trascrizione viene pubblicata a cura di Rita Cirio. I due parlano di tantissime cose.
In questo blog “posto” passaggi della conversazione, selezionando alcuni temi. Qui colloco un brandello di dialogo su Benedetto Croce, contenente alcuni giudizi ingenerosi (e forse ingiusti) di Leonardo Sciascia. (S.L.L.)
BORGES. «La poesia è sempre misteriosa, io credo».
SCIASCIA. «Lei, cosa pensa del saggio di Benedetto Croce su Dante?».
BORGES. «Non mi piace. È fra le cose più povere che abbia scritto Croce. A Croce non piaceva Dante, credo, gli piaceva Ariosto. Quando dice, per esempio, che quell'episodio sul ponticello doveva essere soppresso, credo commetta un errore. Mi sono sentito defraudato da quel saggio».
SCIASCIA. «È un saggio piuttosto sciocco, direi. Riduce la "Divina Commedia" a una specie di colabrodo, tutta buchi di non poesia. L'idea di Croce di poesia e non poesia non è un'idea molto sottile».
BORGES. «Questo vuol dire che Croce non capiva molte cose; era una persona molto intelligente, però c'erano cose che non capiva, anzi che non sentiva».
SCIASCIA. «Era un grand'uomo ottuso».
BORGES. «Non so, forse lui come italiano del sud sentiva meno...».
SCIASCIA. «Anch'io sono un italiano del sud però... Croce, come critico, non so cosa abbia capito; non ha capito Pirandello, non ha capito De Roberto, Dante lo ha ridotto a un colabrodo, Manzoni non andava; di Mallarmé pure non ha capito un gran che».
BORGES. «Però è simpatico Croce come persona, un grande...».
SCIASCIA. «Sì, è un grand'uomo. Per me era un grande storico locale, soprattutto come storico di Napoli è straordinario. Ma nella critica letteraria ha fatto più danni che la grandine».
BORGES. «Io però salvo lo stile di Croce. L’accento di Croce, la lezione di Croce, l’intonazione di Croce, la cadenza. Personalmente com’era? Lo ha conosciuto?».
SCIASCIA. «No, mai».
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