1970. È la notte tra il 19 e il 20 aprile, Paul Celan si getta nella Senna da Pont Mirabeau. Era nato nel 1920 in Romania e sopravvissuto al Lager. Qui riprendo un ampio stralcio da un articolo di Ranieri Polese: Gli amori impossibili di Paul Celan al tempo della follia, “Corriere della Sera”, 24 giugno 2010. Il “pezzo” ha come occasione alcune novità librarie, ma è essenzialmente una appassionata ricognizione lungo la biografia del grande poeta e intellettuale europeo di lingua tedesca. (S.L.L.)
Paul Celan (a destra) a cena con amici |
Ricoverato nell' ospedale psichiatrico di Sainte-Anne di Parigi dal febbraio al giugno del 1966, Paul Celan riprende a scrivere. Alcuni brevi testi in prosa (i Microliti, di cui ora Zandonai ha pubblicato una scelta tradotta per la prima volta in italiano). E scrive poesie. Trentacinque in tutto, dirette - in larga parte dedicate - alla moglie Gisèle che riceve da lui i manoscritti, li copia con la macchina per scrivere e poi glieli riporta. Questa raccolta, in gran parte inedita (solo undici liriche erano apparse nel luglio '68, in un volume dell'editore Suhrkamp che raccoglieva «opere abbandonate» di diversi autori), pubblicata in Germania nel 2006, viene ora tradotta in italiano e curata da Dario Borso per Einaudi, con il titolo originariamente pensato dallo stesso Celan: Oscurato (Eingedunkelt). Suggerisce, il retro della copertina, un accostamento al Canzoniere del Petrarca. Per l' unicità della donna a cui si rivolgono, ma anche per una circostanza forse non casuale. Proprio nel 1965, fra un ricovero in clinica psichiatrica a maggio e la crisi di follia del 23 novembre quando tenta di accoltellare la moglie, Celan ha fatto un breve viaggio in Provenza. Con il proposito di incontrare il poeta René Char. Ma l'incontro non c' è, invece c'è un peregrinare lungo il fiume Sorga e dalle parti del castello di Saumane, luoghi tutti legati al ricordo di Laura, la donna amata da Petrarca. Solo che qui c'è una differenza, se Laura era in cielo e il poeta era in terra, ora la donna è in terra mentre il poeta è «internato», prigioniero. Da quel carcere scrive lettere, chiede libri, invia poesie e spiega alla moglie il significato di parole difficili, di audaci termini composti. Sembra quasi di aver dimenticato l'episodio tremendo del tentato omicidio. Tra maggio e giugno, Celan è sottoposto a coma insulinico che porta a una dissociazione psichica ritenuta capace di «sgombrare la mente dello schizofrenico», e le ultime liriche vi alludono seppure nella consueta maniera cifrata. E intanto, di poesia in poesia, tornano le parole-chiave di Celan: occhio, foglia, respiro. E le immagini delle lancette dell' orologio e degli alberi, i pioppi della sua Bucovina natale, i tigli che presiedono ai nati di marzo come Gisèle. A cui rivolge questi quattro versi: «Ficca il cordoglio nelle borse degli occhi,/ il grido vittimale, il diluvio salato,/ giungi con me a una tregua/ e oltre». La tregua, però, non dura. Appena un anno dopo, il 30 gennaio del ' 67, Paul tenta il suicidio colpendosi con un tagliacarte. Dopo l' operazione, viene di nuovo ricoverato a Sainte-Anne dove resterà per otto mesi. A questo punto la moglie decide di separare le abitazioni, lei resta col figlio Eric a Rue de Longchamp mentre lui un po' risiede nella camera dell'École Normale Supérieure dove insegna, un po' trova e cambia appartamenti in continuazione. Fino all' ultima dimora in Rue Zola, non lontano dal Pont Mirabeau da cui si getta nella Senna nella notte tra il 19 e il 20 aprile 1970. «Nella notte fra domenica e lunedì 19/20 aprile ha lasciato il suo domicilio per non tornarvi mai più. Ho passato quindici giorni a cercarlo dappertutto, non avevo alcuna speranza di ritrovarlo vivo. Solo il primo maggio la polizia l' ha ritrovato (...). Io l' ho saputo solo il 4 maggio. Paul si è gettato nella Senna. Ha scelto la morte più anonima e più solitaria (...). Non ho saputo aiutarlo come avrei voluto». Scrive così, il 10 maggio 1970, Gisèle a Ingeborg Bachmann, amica di antica data del poeta. Il dolore enorme per quella morte cancella le antiche rivalità: la Bachmann aveva avuto una relazione con Celan, iniziata a Vienna nel ' 48 e durata fino ai primi anni 50; poi Celan, ormai a Parigi, aveva incontrato e sposato Gisèle nel ' 52. Ma nel ' 57-' 58 Paul e Ingeborg avevano ripreso ad amarsi e Gisèle ne aveva sofferto. Ora però che tutto è finito resta solo la domanda se lei ha fatto tutto il possibile per salvare Paul. Tanto che, pochi mesi dopo, il 23 novembre (data di nascita di Celan, ma anche anniversario della crisi in cui Paul aveva tentato di ucciderla), Gisèle scrive di nuovo alla Bachmann. La ringrazia per le rose che ha ricevuto («I suoi fiori sono qui: vengono da qualcuno che anche ha sofferto per Paul e che anche ha amato Paul»). E poi dice: «Lei sa certamente che da due anni non vivevo più con lui. Non potevo aiutarlo, soltanto distruggermi con lui, e c' era Eric. Credo che Paul lo comprendesse talvolta. Ma è stata molto dura. Era questa la soluzione? Ce n' era una? Quale? Ho avuto ragione?». (in Troviamo le parole. Lettere 1948-1973 di I. Bachmann e P. Celan, appena tradotte da Nottetempo). La Bachmann in quel momento abita a Roma dove sta completando la stesura del romanzo Malina. Di Celan dirà: «Era la mia vita, l' ho amato più della mia vita», racchiudendo in questa epigrafe disperata la storia di un amore impossibile. Anche se i più gravi disastri, per la scrittrice, le sono giunti dalla relazione con Max Frisch: la fine di quel rapporto, nel ' 62 è stata devastante, e da quel dolore non si riprenderà più. Sola, senza più voglia di niente, morirà a Roma nel '73, per le ustioni riportate nell' incendio del suo letto della casa di via Giulia.
La terza donna di Celan, Brigitta Eisenreich, austriaca naturalizzata francese, rimasta invisibile per tanti anni, proprio ora ha deciso di raccontare la sua storia in un libro Celans Kreidenkreis (La stella di gesso di Celan) da poco pubblicato da Suhrkamp. Si conoscono, i due, a Parigi nel ' 52 e il loro rapporto, clandestino ma felice, durerà fino al ' 61. Lei non chiede niente, nemmeno le dediche sui libri che Celan le regala. Quando sa che è sposato, pensa che forse Gisèle è la donna più adatta a lui. Ricorda, Brigitta, i segni che si scambiavano: lui fischiando l'Incompiuta di Schubert, lei mettendo un panno bianco alla finestra, oppure disegnando col gesso una stella. Tollera, Brigitta, anche gesti incredibili di Celan, come quando prima le dice che la poesia Chiatta di macerie è ispirata dalla vista sulla Senna dalla casa di lei; ma poi, cambiando la Senna con il Reno, dedicherà la poesia alla Bachmann.
Se ne va, Brigitta, poco dopo il 60 e saprà rifarsi una vita senza strazio né rimpianti. Per il poeta, invece, comincia il viaggio all' inferno... Nell' ottobre del 60 gli viene assegnato in Germania l'importante Büchner Preis. Ma nulla serve a dare pace a Celan... Ossessionato, in un crescente delirio di persecuzione, Celan ha frequenti attacchi di follia (nel ' 62, per esempio, aggredisce un passante) e viene ricoverato quattro volte in dieci anni. In un incontro con il filosofo Heidegger, nel '67, gli chiede «una parola» in grado di sconfessare il suo coinvolgimento con il nazismo. Quella parola non sarà pronunciata. Eppure, in questa situazione di malessere estremo, Celan continua a scrivere poesie. Spingendosi sempre più oltre il divieto di Adorno (“scrivere poesie dopo Auschwitz è barbarie”), verso la terra desolata da cui altri sopravvissuti come lui (Jean Améry, Primo Levi) non avrebbero fatto ritorno.
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