4.2.12

Precarietà. La giungla che Monti finge di non conoscere (Antonio Di Stasio)

Chi, almeno in passato, è stato uno studioso dell'economia e della società, come il Professor Monti, non può non sapere che, da molti anni ormai, il 90% dei giovani viene utilizzato in attività lavorative con contratti precari o a termine. I giovani, cioè, da tempo sono costretti ad una "politonia" (non monotonia) di incarichi, attività, inattività non volontaria, colloqui presso le agenzie di somministrazione, oppure questo o quel collettore di clientela. E allora perché Monti non possa più presupporre circostanze non vere è necessario che conosca non solo questi dati statistici, ma anche che l'attuale legislazione permette di utilizzare il lavoro dei giovani senza garantire loro stabilità, tutele e certezze. L'elenco dei contratti atipici introdotti e tuttora vigenti della c.d. legge Biagi (d.lgs. n. 276/2003) sarebbe troppo lungo da elencare, arrivando quasi a quota cinquanta, per cui è sufficiente ricordare quelli più comunemente utilizzati per un supersfruttamento dei giovani.
Il contratto di inserimento per chi ha tra i 18 e i 29 anni ha durata massima di 18 mesi, con formazione rimessa completamente alla discrezionalità del datore di lavoro, e viene stipulato sulla base di un indefinito progetto individuale di inserimento per l'«adattamento o adeguamento delle competenze professionali possedute al contesto lavorativo». Il lavoratore, può essere sottoinquadrato fino a ben due livelli, con conseguente abbattimento (malgrado più forte fisicamente e di più recente formazione) della retribuzione e contribuzione rispetto alla qualità e quantità di lavoro prestato, in evidente violazione del principio di proporzionalità della retribuzione previsto dall'art. 36 della Costituzione.
La somministrazione di lavoro è un contratto con il quale l'agenzia si impegna nei confronti di un'azienda (c.d. utilizzatore) a inviare uno o più lavoratori subordinati assunti dalla prima per svolgere la propria attività a favore della seconda. Il rapporto tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina prevista dal d.lgs. n. 368 del 2001 per il contratto a tempo determinato, con possibilità di proroghe del termine nelle ipotesi e per la durata previste nel contratto collettivo delle agenzie di somministrazione. Inoltre, i lavoratori somministrati, in quanto dipendenti dell'agenzia, non vengono computati nell'organico dell'utilizzatore ai fini dell'applicazione delle discipline di legge e di contratto che presuppongono il raggiungimento di determinate soglie numeriche: ciò comporta un'ulteriore diminuzione dei rapporti di lavoro tutelati dalla stabilità reale dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori (ad es. se un'azienda occupa nella stessa unità produttiva 20 lavoratori di cui 5 somministrati, non si applica la tutela reale dell'art. 18 contro i licenziamenti illegittimi).
Il contratto a termine che, come si sa, nel momento in cui nasce ha già inclusa la lettera di licenziamento, può essere più volte prorogato e avere una durata fino a trentasei mesi (a quel punto di solito si propone di continuare il rapporto tramite l'agenzia di somministrazione).
Il contratto a progetto altro non è che la reviviscenza delle co.co.co., ovvero delle collaborazioni coordinate e continuative, e prevede un livello di tutela per il lavoratore vicino allo zero. In caso di gravidanza, malattia e infortunio il rapporto di collaborazione rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. La malattia e l'infortunio non comportano, salva diversa previsione del contratto individuale, una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza pattuita originariamente, a meno che il committente non receda prima. La contribuzione previdenziale ha un'aliquota molto bassa, con pregiudizio della posizione previdenziale. Salutato inizialmente come il rimedio alla proliferazione di collaborazioni coordinate e continuative illecite, costituisce oggi l'archetipo della precarietà giovanile, dietro cui si nascondono progetti il più delle volte fittizi e rapporti di lavoro subordinato mascherato, con l'aggiramento delle relative tutele, tra le quali l'art. 18.
Lo stesso Monti, e poco prima di lui Berlusconi, hanno aggravato la condizione dei giovani - che non vogliono essere "monotoni", ma lavorare - attraverso blocchi delle stabilizzazioni nell'impiego pubblico e del turn-over per lo smisurato allungamento dell'età di pensionamento, l'abrogazione della norma che tentava di arginare il fenomeno delle dimissioni estorte dal datore di lavoro all'atto della stipula del contratto di lavoro, la reintroduzione del lavoro a chiamata, l'utilizzo sempre più indiscriminato dei voucher per la retribuzione del lavoro subordinato.
Tutto questo Monti e la sua ministra del lavoro non possono non saperlo, iniziando già ad avere una fetta di merito nella distruzione delle aspettative e dei diritti dei giovani. È dunque chiaro che mentono quando vogliono far sembrare la loro scelta di abbattere (ancor di più) le tutele e i diritti di chi lavora e di chi aspira a lavorare come tecnica e non politica. Un economista dovrebbe sapere che il lavoro si crea con un piano di politica industriale, impedendo di portare all'estero macchinari e conoscenze, valorizzando il lavoro che, se viene svolto da chi può maturare anzianità ed esperienza, è più affidabile e più competitivo.

Antonio Di Stasi
Università Politecnica delle Marche
da “il manifesto” 4-2-2012

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