4.12.16

Borges: Dio e il libro (Leonardo Sciascia)

Qualche anno fa ho definito Borges un teologo ateo. E da aggiungere che è un teologo che ha fatto confluire la teologia nell’estetica, che nel problema estetico ha assorbito e consumato il problema teologico, che ha fatto diventare il «discorso su Dio» un «discorso sulla letteratura». Non Dio ha creato il mondo, ma sono i libri che lo creano. E la creazione è in atto: in magma, in caos. Tutti i libri vanno verso «il» libro: l’unico, l’assoluto. Intanto, i libri sono come dei ribollenti «accidenti» rispetto alla «sostanza» in cui confluiranno e che sarà il libro («substantia sive deus»: spinozianamente); e finché non avverrà la confluenza, la fusione, ciascun libro sarà suscettibile di variazioni, di mutamenti — e cioè di apparire diverso ad ogni epoca, ad ogni generazione di lettori, ad ogni singolo lettore e ad ogni rilettura da parte di uno stesso lettore. Un libro non è che la somma dei punti di vista sul libro, delle interpretazioni. La somma dei libri, comprensiva di quei punti di vista, di quelle interpretazioni, sarà il libro. E dunque che importa che un uomo di nome Jorge Luis Borges ne abbia scritti dieci o venti o nessuno, se peraltro non si sa che cosa veramente abbia scritto?
E così sia di noi.


Da Cronachette, Sellerio, 1985

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