Sono passati 50 anni,
anzi 51.
Era così la mia prima
tessera della Fgci. Mi iscrissi d'estate, sulla spinta di
un'assemblea a Canicatti, il 25 aprile, con Edoardo Pancamo e
Leonardo Sciascia e delle proteste per l'intervento americano in
Vietnam.
La sezione, decimata dall'emigrazione in Germania, aveva in
segreteria un "delegato giovanile", un trentenne
decisamente inefficiente, ma la la Fgci non c'era più. I tre ragazzi
che fino all'anno prima avevano fatto qualche tessera tra i figli dei
compagni erano partiti anche loro, due per la Germania, uno per
Desio.
Quando mi presentai in
sezione con Liborio Rotolo la diffidenza verso di me, figlio di un
bottegaio di destra, si toccava con mano. Il vecchio compagno
Visconti, "lu 'zzi Decu", disse (a entrambi, ma parlava di
me, non di Liborio, figlio di un contadino comunista): "Si
sti intellettuali vinniru 'ppi dari na manu d'aiutu, ca sianu li
benvenuti. Si vinniru pi rumpiri li cugliuna si nni puonnu iri primu
di trasiri" ("Se questi intellettuali vengono a dare
una mano, siano i benvenuti; se vengono per rompere possono andare
via, prima ancora di entrare").
La segreteria però ci
diede subito l'incarico di rilanciare la Fgci: il segretario
Giovannino Riggeri, detto Ringhio, ex sindaco, ci disse che
arrivavamo a proposito, che si stava riorganizzando la Fgci
provinciale e che la domenica successiva si sarebbe fatta una
riunione ad Agrigento con il segretario regionale Mannino.
Ci accompagnò in una
vecchia macchina un compagno che ci campava facendo il tassista un
po' abusivo, ma quella volta gli fu pagata solo la benzina. Non c'era
ancora la scorrimento veloce: si attraversavano Canicattì,
Castrofilippo e Favara; arrivammo alle 10, in ritardo, ma la riunione
non era ancora cominciata.
Mannino non era potuto
venire; per la segreteria regionale era appena arrivato Totò
Crocetta. C'era Federico Martorana, che della Fgci provinciale era
segretario. Tra gli altri presenti ricordo Casà, Gandolfo Mazzarisi,
Agostino Spataro. Alla fine ci diedero le tessere: 50. Ma le loro
previsioni erano oltremodo ottimistiche: facemmo una decina di
tessere, tutte a figlie e figli di compagni, senza tempo e voglia per
una attività di propaganda e agitazione. Facemmo solo tre tessere
pesanti, operaie, aiutati da Caizza, Nniria, della Camera del
Lavoro, che aveva tentato di organizzare i giovanissimi manovali
dell'edilizia; ma dopo qualche mesi i tre ragazzi, stufi della
mancanza di ingaggio e di diritti, partirono anche loro per il Nord.
Per allargare un po' dovemmo aspettare che nella primavera del 66 tornasse in paese il quadro giovane più istruito e combattivo che il partito avesse espresso: Lillo Gueli, del 39. Per un po' aveva fatto il funzionario, segretario della Fgci provinciale; poi era emigrato anche lui. Per un po' aveva lavorato alla Renault, in Francia; diceva di aver guidato lotte sindacali e di aver perso per questo il lavoro. Grazie alla sua collaborazione nel 66 arrivammo a 25 tessere e gli attivi eravamo 5 o 6. Durante l'estate ci fu il mio debutto pubblico da segretario del Fgci, al cinema Italia, per la manifestazione che preparava le elezioni comunali previste per l'autunno. Eravamo (o ci credevamo) ingraiani; ma lo slogan era amendoliano: "Una nuova maggioranza al Comune di Campobello di Licata".
Per allargare un po' dovemmo aspettare che nella primavera del 66 tornasse in paese il quadro giovane più istruito e combattivo che il partito avesse espresso: Lillo Gueli, del 39. Per un po' aveva fatto il funzionario, segretario della Fgci provinciale; poi era emigrato anche lui. Per un po' aveva lavorato alla Renault, in Francia; diceva di aver guidato lotte sindacali e di aver perso per questo il lavoro. Grazie alla sua collaborazione nel 66 arrivammo a 25 tessere e gli attivi eravamo 5 o 6. Durante l'estate ci fu il mio debutto pubblico da segretario del Fgci, al cinema Italia, per la manifestazione che preparava le elezioni comunali previste per l'autunno. Eravamo (o ci credevamo) ingraiani; ma lo slogan era amendoliano: "Una nuova maggioranza al Comune di Campobello di Licata".
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