23.12.16

Gianfranco Contini. Una breve ma esaltante stagione politica (Silvia Giacomoni)

Perugia, 1929 - Gianfranco Contini (a destra) con Aldo Capitini (a sinistra)
Gianfranco Contini si definiva "antifascista frustrato". Nel 1989 ricordò a Ludovica Ripa di Meana (Diligenza e voluttà, Mondadori) la sua esperienza del 44 in val d'Ossola come rappresentante del Partito d' Azione. Per cinque settimane aveva lasciato Friburgo, dove insegnava da sei anni, e quell'esperienza, diceva, era stata "assolutamente esaltante": "La cosa più straordinaria è che la popolazione (...) era veramente entusiasta. E quando la val d'Ossola fu rioccupata, la gran parte della popolazione si rifugiò in Svizzera, e i fascisti trovarono la città deserta". Quanto al presente, affermava: "È forse ridicolo passare per moralista, ma io vorrei che si sentisse che esiste il prossimo". Cosa resta, ora, del Contini politico? "La stagione politica di Contini è stata breve ma molto intensa. E ci vorrebbe una messa a fuoco", dice Giovanni Pozzi, e lo sguardo gli si illumina di allegro interesse: "Lo farò io, un volumetto di Scritti politici di Gianfranco Contini anzi, di Scritti politici e morali. Lo farò per Adelphi, una cosa semplice, scritti ossolani e ticinesi, qualche altra cosa, e una prefazione".
Sono belli, gli scritti politici di Contini? "E di grande originalità: di un politico non professionale, dettati da premesse non ideologiche. Ci sono pagine sui giovani, sull'Europa, su Aldo Capitini, che sono riflessioni sulla moralità dell'azione. Per la parzialità delle informazioni che riceveva, le sue vedute politiche non sono tutte illuminate. Ma c'è grande attualità e freschezza nel modo di pensare politico con la doppia ispirazione morale e religiosa. La politica è l'arte del possibile, e lui ci mette un pensiero. Non vuole la politica pura, come non voleva la poesia pura, crociana. Non è mai vago, Contini, c'è sempre concretezza. Non c' è paragone con gli altri scrittori antifascisti che sono di cultura retorica, avvocatesca, meridionale. Qui siamo in Lombardia, di fronte a un intellettuale, che è critico militante di scelte molto esclusive, che è filologo nel senso stretto della filologia come tecnica testuale, e fa una parentesi... alla grande. In Italia non l'avrebbe mai fatto. Non c'erano luoghi, per farlo, in Italia".
Contini deve molto alla Svizzera e il ticinese padre Giovanni Pozzi, uno dei sette che si laurearono con lui a Friburgo, ne parla volentieri. L' università dei cattolici svizzeri, Friburgo, chiamò Contini alla cattedra di filologia romanza nel 1938. Contini ha 26 anni ed è celibe: per questo dato anagrafico non può insegnare in Italia. Friburgo è cruciale, per lui, anche sul versante politico. Dalla cattedra che è stata di Bertoni, di Monteverdi, di Migliorini, Contini scopre il cuore italiano della Svizzera nel canton Ticino, dove stringe amicizie, partecipa a una significativa giuria, recensisce il primo Pasolini e dà alle stampe Finisterre di Montale. Viene il 1943, l' armistizio, l'8 settembre, l'invasione dei rifugiati italiani ed emerge - dice Pozzi - "la solidarietà - poco ricordata - di una popolazione italiana che non appartiene all'Italia. In nome della cultura". Le università svizzere accolgono gli studenti italiani e i giornali ticinesi si riempiono di firme italiane. "Anche se c' era la censura, se la carta era razionata e i giornali erano esilissimi, fatti di due fogli, - ricorda Pozzi - tra il 44 e il '45 escono centinaia di contributi italiani". Firme disparate: da Montanelli che firma Calandrino a Franco Fortini, a don Gnocchi. In Cultura e azione, il supplemento del “Dovere”, quotidiano liberale radicale, che lui diresse dal febbraio al giugno 45, escono gli scritti politici del filologo, raccolti con altri da Renata Broggini nelle Pagine ticinesi di Gianfranco Contini (Salvioni). Cose straordinarie, come Noi e i tedeschi, uscito nell'aprile. Un articolo scritto per trasferire agli italiani il messaggio che Karl Barth, il teologo protestante di Basilea, rivolgeva ai connazionali complici del nazismo: "quanto più è religioso che l'uomo accetti le proprie colpe, piuttosto che affannarsi in ogni istante a proclamare la sua totale innocenza". Anche il Contini religioso è tutto da studiare.


la Repubblica, 28 gennaio 2000

Nessun commento:

statistiche