7.12.16

Il referendum costituzionale del 2001 (S.L.L. - stato fb)

Mi viene in mente un altro referendum costituzionale confermativo, quello in cui - purtroppo - passò il Sì. Era il 2001. Il centro-sinistra, sferzato dal candidato premier, il sindaco di Roma appena dimissionario, Francesco Rutelli, aveva approvato, appena in tempo, l'ampia riforma del Titolo V della Costituzione, che assegnava ampi poteri alle regioni.
A Rutelli, dati i tempi stretti, era stata concessa la facoltà di scegliere lui tra l'approvazione di una seria legge sul conflitto di interessi, approvata da un ramo del Parlamento ma rimasta a lungo nei cassetti, e la riforma costituzionale, cosiddetta "federalista", cui mancavano gli ultimi passaggi parlamentari. Scelse il "federalismo" regionale nella speranza di frenare il successo al Nord del Popolo di Berlusconi e della Lega, appena rientrata nell'alleanza di destra dopo la fase "secessionista" dei riti magici sul Po; e anche per non alimentare, con la legge sul conflitto di interessi, il vittimismo di Berlusconi.
Le elezioni andarono secondo le previsioni. L'Ulivo, senza Rifondazione, guidato da Rutelli perse (forse meno male di quanto ci si aspettasse), ma costui riuscì a trasformare in partito l'alleanza elettorale della Margherita, perdendosi solo i mastelliani e qualche "popolare" di peso (Geraldo Bianco, per esempio): aveva tra i suoi pupilli il giovanissimo Matteo Renzi, esponente a Firenze del PPI, di tradizione fanfaniana. Qualche mese dopo le elezioni, il 7 ottobre 2001, si svolse il referendum confermativo richiesto dalle Regioni di centro-destra. Bossi, al tempo potente ministro delle Riforme, disse, spalleggiato dai berlusconidi, che quel referendum non contava niente, che il nuovo governo avrebbe realizzato il vero federalismo attraverso la "devolution". I Sì risultarono i due terzi dei voti validi, ma a votare andò appena il 34% dell'elettorato.

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