Nel numero del 7 luglio
1921, in forma di lettera al giornale firmata con lo pseudonimo “Il
vecchio gufo rivoluzionario”, “L'Ordine Nuovo” pubblicò nelle
sue “Cronache torinesi”, un articolo dal titolo I corvi e i
gufi scritto da Antonio Gramsci.
L'occasione era fornita dalla pubblicazione sullo stesso “quotidiano
comunista”, una decina di giorni prima, della lettera di “Un
gruppo di carabinieri, guardie regie, guardie di finanza e agenti di
custodia”. I firmatari si dichiaravano vittime dello sfruttamento e
dichiaravano di essere pronti a difendere i lavoratori in caso di
scontro. Erano arrivate lettere di plauso di operai e comunisti alla
scelta di campo degli agenti, ma Gramsci frena gli entusiasmi e
raccomanda vigilanza. Una posizione fin troppo prudente, al limite
del settarismo, in parte giustificata da un contesto che se non era
insurrezionale all'insurrezione si avvicinava. L'interesse del testo
sta nel fatto che Gramsci, più che argomentare, ricorre ad un
racconto, una favola di animali scritta con molto brio. È proprio
quella la parte dell'articolo che qui riprendo. (S.L.L.)
A proposito degli agenti
del governo, mi limito a raccontarti una delle tante storielle che il
consigliere del conte di Luconor raccontava al suo padrone quando
questi gli chiedeva consiglio.
Tra i corvi ed i gufi era
scoppiata la guerra per causa d’un boschetto di cui, da tempo, si
contendevano la proprietà. In pochi giorni i corvi si trovarono
ridotti a malpartito. I gufi che si svegliano dopo il tramonto,
assalivano nella notte i corvi dormienti nei loro nidi e ne facevano
strage. Invano i corvi cercavano di rintuzzare l’offesa.
Svolazzavano da mane a sera tra gli alberi, sostavano sui fianchi
scoscesi dei monti, esploravano i crepacci, le rupi... non un palmo
di terreno sfuggiva alla loro indagine.
Tutto era inutile. I gufi
se ne stavano rintanati nei loro nidi nascosti, introvabili, e
ridevano, ridevano dei corvi che ogni giorno seppellivano qualcuno
dei loro senza mai riuscire a fare una vittima tra le file
dell’esercito nemico.
Un giorno i corvi tennero
consiglio. Che dissero? Impossibile sapere.
I corvi conoscono l’arte
di conservare i segreti e non svelarono mai ad alcuno - né sotto
l’imposizione della forza, né fra le reti dell’insidia - quali
deliberazioni furono prese in quella storica riunione. Si sa però
che sorse una disputa e che l’assemblea terminò drammaticamente.
Infatti, un vecchio corvo
ne usci spennacchiato, malconcio, ferito in più parti. Egli
abbandonò la tribù e si recò, saltellando - le ali più non
lo reggevano - su di una rupe enorme dove, in una notte lontana,
aveva sentito lo stridulo grido del gufo. Si posò sulla vetta della
roccia gigantesca e attese la notte. Quando i gufi uscirono dai loro
rifugi scorsero, con gli occhi fosforescenti, paurosi, il vecchio
corvo. Gli furono attorno minacciosi, pronti a colpirlo.
«Non vedete dunque
ch’io vengo tra di voi in cerca di pietà? - disse il corvo. - Non
vedete che i miei m’hanno reso impotente al volo, mi hanno ferito,
m’hanno scacciato? Accoglietemi. Soccorretemi. Sarò il vostro
consigliere. Quando le mie ali saranno pari alla bisogna vi guiderò,
io stesso, nelle case dei corvi».
I gufi tennero consiglio.
Un vecchio gufo s’alzò e disse: «Non fidatevi. È della razza dei
vostri nemici. Vi tradirà». Ma tutti risero a queste parole e
vollero che il corvo restasse con loro e gli resero grandi onori e
s’inchinarono dinanzi a lui come dinanzi al re. Il vecchio gufo,
inascoltato e deriso, varcò il monte e sparve. Trovò una nuova
tribù? Una nuova famiglia? Chissà!...
Il corvo esplorò tutti i
nidi dei gufi, conobbe le loro abitudini, i loro piani di guerra, i
loro propositi. Misurò le loro forze, s’impadronì dei loro
segreti. Seppe persino che la moglie del primo ministro trescava -
civetta! - col capo di stato maggiore... I gufi andavano a gara per
rivelargli ogni cosa. Nulla sfuggiva alla sua indagine sagace.
I giorni passarono e le
ali del corvo ferito crebbero e riebbero forza. Egli chiamò i gufi a
raccolta e disse: «Miei generosi amici! Il giorno è venuto. Io vi
darò in cambio dell’ospitalità cortese, il trionfo ultimo sui
corvi. (Applausi). Io partirò all’alba di domani, scoprirò
tutti i nidi dei vostri nemici e prima che la notte ritorni sarò tra
di voi per guidarvi, per portarvi alla vittoria». (Lunga
clamorosa ovazione). Il corvo parti. Tornò alla sua tribù che
accorse festante ai suoi gridi gracchiando con gioia infinita. Egli
fece schierare i maschi in ordine di battaglia, si pose alla loro
testa e spiccò il volo...
Sul rifugio dei gufi,
prima che la notte scendesse, a cento, a mille, feroci, piombarono i
corvi. I gufi dormivano e i corvi ne fecero strage. Non uno salvò la
sua vita...
La morale? La lascio
cercare a te, caro «Ordine Nuovo», ed ai tuoi lettori.
Il vecchio gufo
rivoluzionano.
In Socialismo e
fascismo, L'Ordine
nuovo 1921-1922, Einaudi, 1966
Nessun commento:
Posta un commento