Riprendo qui la prima parte della
recensione a un libro documentario a cura di Costantino Di Sante: Italiani senza onore, Ombre Corte, 2005.
(S.L.L.)
L'orribile generale Mario Roatta |
C'è un nuovo «armadio della
vergogna», dopo quello che ha occultato le stragi naziste in Italia. Ma, questa
volta, il teatro dei fatti è la Jugoslavia; gli anni quelli che vanno dal 1941
al 1943; responsabili gli italiani. Oggi la pubblicazione integrale dei
documenti riguardanti i crimini commessi dal nostro esercito (i resoconti delle
commissioni d'inchiesta e i memoriali di difesa dello stato maggiore) ci
consente di fare alcune ipotesi sull'impunità dei «criminali» italiani (477
nominativi indicati dalla Jugoslavia, 497 aggiunti dalla Gran Bretagna, 6 dalla
Grecia e 3 dall'Albania).
La politica di occupazione dei
Balcani si contraddistinse per una serie ripetuta di violenze, angherie e
sopraffazioni, che non furono il risultato di scelte isolate dei comandi
militari, ma componente essenziale della strategia di dominio territoriale dell'Italia
fascista, il cui scopo era arrivare alla «distruzione totale e integrale
dell'identità nazionale slovena e croata». Con il passare dei mesi e il
crescere di un movimento di resistenza slavo, l'occupazione diventò via via più
feroce. La circolare del generale Mario Roatta del 1° marzo del 1942, che
prevede di incendiare e demolire case e villaggi, uccidere ostaggi, internare
massicciamente la popolazione e passare per le armi anche quelle famiglie in
cui mancassero all'appello uomini in età adulta (potenziali «ribelli»), è un
documento impressionante. Così come lo è il dispositivo emanato dal generale
Robotti (agosto 1942) nel quale tra l'altro si legge: «Non importa se
nell'interrogatorio degli arrestati si ha la sensazione di persone innocue.
Ricordarsi che per infinite ragioni anche questi elementi possono
trasformarsi in nostri nemici.
Quindi sgombero totalitario. (...) Non limitarsi agli internamenti».
Corriere della sera, 12/2/2005
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