Carlo Cassola |
Non ricordo esattamente, invece,
se qualcuno tirò fuori il nome di Bassani e se la battuta fu quindi corretta in
Cassola e Bassani sono le Liale del 1963. Fatto sta che andarono in giro, da
allora in poi, entrambe le versioni. Bassani si adirò, e non aveva tutti i
torti. Quanto a Cassola, non ho mai saputo niente di sue reazioni in pubblico.
Quello che posso dire è che la poetica di Cassola non interessava minimanente gli
scrittori del Gruppo 63. Ciò che infastidiva era, a quel tempo, la critica
belante, la quale voleva far passare Cassola a viva forza per grande scrittore
e maestro di non so che stile (forse lo stile asciutto e dimesso, parola che
ricorre anche nelle enciclopedie, puntualmente, alla voce Cassola Carlo). Di
fronte alla critica belante, forzando anche noi i toni, non era male opporre
che Cassola era un autore di Romanzi Rosa.
Quella crudele battuta è stata
tante volte riesumata, spesso per pura malignità, che si è quasi perduto il
senso della verità che conteneva. Ne feci una desolata verifica nel 1976,
quando uscì L'antagonista e ne parlai
in queste pagine. Cassola avrebbe voluto disinfestare il romanzo, purgarlo di
tutto ciò che è bassamente romanzesco: l'intreccio, le idee, le connotazioni
sociologiche e storiche, le impurità del linguaggio, le situazioni definibili.
Avrebbe voluto scrivere un romanzo puramente poetico. Ma il puramente poetico,
se mai è esistito, oggi non lo puoi cercare più. Vagheggiarlo dimessamente
colora la scrittura di rosa spento. Vorrei provare a rileggere Il taglio del bosco. Dopo tanti anni,
quei racconti saranno svaniti o avranno ancora uno sfuggente bouquet?
la Repubblica, 30 gennaio 1987
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