Nella rubrica “La Stampa e la
Storia”, il quotidiano torinese riprende vecchi articoli dal suo archivio
ultracentenario. Quello che segue risale al tempo della Grande Guerra e fu
ripubblicato il 7 agosto 2012. (S.L.L.)
Le suffragette e la guerra. Ecco
un tema in cui la piccola retorica ufficializzante posta sugli altari dalla
guerra può diguazzare come un'anitra. Essa vi giura che la questione del
suffragio femminile è sepolta, e che le suffragette si sono mutate di colpo in
brave donne normali bravamente votate alla patria, pronte a dar tutto senza
chieder niente. La semplice, verità è invece che le suffragette lavorano oggi
per il voto, assai più di prima... sanno, e non nascondono, che la guerra ha
loro offerto una chance insperata.
«La nostra grande ora è giunta»,
scriveva fin dall'inverno scorso una delle più notorie. «Non abbiamo sempre
lottato a far valere il nostro diritto a un posto nelle prime file, tra gli
uomini? Non abbiamo sempre sostenuto che di nulla sono incapaci le donne di cui
siano capaci; gli uomini, inclusa la milizia? Avanti, dunque».
Il giuoco delle suffragette è di
carpire il voto mostrandosene degne. Per mostrarsene degne, han sempre giuocato
ad imitare i maschi, che il voto inventarono. Hanno sempre avuto una brama
ardente di dar spettacolo di virilità. Sono naturalmente rotolate
nell'esagerazione. Hanno adottato la violenza, sfidato il carcere e la morte; e
come i maschi, al lume dell'esperienza, sorridevano di tanta sproporzione, tra
i metodi e il fine, esse si stimarono più virili di loro e li dissero indegni
di governare. Questa ostentazione di virilità esagerata si fa mansuefatta nella
forma, non nella sostanza, dallo scoppio della guerra.
Alcuni si attendevano che
continuassero a comportarsi da suffragette nel senso artificioso del termine;
che acuissero il baccano per il voto tendendo dei ricatti ai maschi angustiati
dalla guerra. Costoro non le avevano comprese. Le avevano derise e vituperate
per scansar la fatica di comprenderle. Chi le comprendeva, trova invece
naturalissimo che le suffragette da un anno in qua abbiano sospeso l'azione
diretta per il suffragio, buttandosi a capofitto nei problemi immediati della
guerra. Esse si ritenevano e si ritengono degne di salire al Parlamento e anche
al Governo né più né meno che gli uomini, in molti casi assai più che gli
uomini. La guerra offriva loro un'occasione magnifica per provare la saldezza
del loro assunto. Insistere nella campagna per il voto durante la guerra avrebbe
significato regalare agli uomini la prova contraria, e procacciarsi una
inevitabile condanna.
"La Stampa", 7 agosto 2013
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