Racalmuto, Santuario della Madonna del Monte, Statua della Vergine |
Può capitare che uno alla fine
dell'estate si rechi una domenica senza preavviso a salutare Sciascia nella sua
casa di campagna, fra le pergole d'uva gialla, e arrivi due ore troppo tardi, e
non trovi nessuno, ma indovini soltanto, poliziescamente, nel terriccio ancora
umido d'un'aiola l'affettuoso arrivederci della signora Maria ai suoi fiori,
prima di partire per l'esilio cittadino. Sarà il caso allora, in alternativa,
di proseguire qualche chilometro fino a Racalmuto, la "Regalpetra"
delle "Parrocchie", a cercarvi una controprova fisica, l'occasione
d'un tuffo non più esclusivamente mentale nella carnalità umana e storica del
luogo: il modo migliore, forse, di ri-convertire in moneta di luce, odore,
sapore, sangue il ricordo di tante pagine care.
E si cominci, dunque, col farsi
amici certi piccoli vecchi, seduti sulla soglia d'un Circolo di Zolfatari e
Salinari in pensione. Sudori antichi, raccontano quelle facce, e colpi di
piccone per anni e anni sulle pareti d'una caverna, e prismi d'abbagliante
salgemma strappati con le mani ai soffitti di sottoterra... I loro occhi ne
bruciano ancora, mentre si levano verso la chiesa della Madonna del Monte, qui
dirimpetto, dove una scalinata s'impenna, e a luglio vi si recita una festa
religiosa d'impareggiabile brio.
Noi contentiamoci d'arrampicarci
lassù (ma ci vorrebbero polmoni più giovani) ad ammirarvi un bell'altare di
pietra scolpita, un tabernacolo aureo, una Vergine di scuola gaginesca, due
meticolose ingenue pitture che svolgono il miracolo della statua, quando i buoi
che la trasportavano rifiutarono di muoversi, e fu segno che qui essa dovesse
avere culto e sede perpetua.
Restano a questo punto da
visitare la Matrice, le chiese minori, il Castello, e bisognerà chiedere la
strada ai passanti. Chiediamola almeno tre volte: a un giovane, a un vecchio, a
un ragazzo. Dalla reticenza, sollecitudine, innocenza, malizia delle rispettive
risposte impareremo qualcosa sulla Sicilia, sul ricambio delle generazioni, sul
confronto invasore-invaso, perfino sul mistero mafioso... Prima d'andarcene,
l'insegna d'un locale, dov'è dipinto un inopinato sombrero, per un istante ci
sbalordirà: « Parapam-pamponero»... (Dimenticavo: tutto questo è a venti minuti
da Agrigento, sulla via per Canicattì. Colazione al sacco).
L'Espresso, 14 novembre 1982
Nessun commento:
Posta un commento