Olindo Guerrini. Firmò con il nome di Lorenzo Stecchetti le sue poesie più note |
Olindo Guerrini, più conosciuto
come Lorenzo Stecchetti, fu sempre ritenuto poeta di secondaria importanza,
anzi perfino di nessuna importanza. Ma resta, quasi inesplicabile, il
«successo» dei suoi libri — tuttora ristampati — e l'interesse costante e
sincero per la sua opera da parte di un pubblico «popolare».
Una scelta delle Rime o, meglio, una «lettura» della
sterminata produzione poetica stecchettiana, è stata condotta da Piero Santi in
occasione dell'apertura del Centro culturale Olindo Guerrini a S. Alberto di
Ravenna, il paese natale del poeta, e raccolta in un libro in cui «i miti
provincialeschi, pose, odii, magari piuttosto inventati che realmente sentiti,
non offuschino i momenti nel quali il poeta riesce ad ascoltarsi nel suo rapporto
più vero con la natura in modo semplice, senza schemi pretenziosi, senza
velleitarismi» (Lorenzo Stecchetti, Rime,
Una lettura di Piero Santi, I viaggi,
Ravenna, 1983).
Sull'emarginazione del suoi libri
da parte della critica ufficiale furono determinanti motivi di ordine
moralistico più che estetico: infatti Stecchetti fu accusato di essere un
pornografo e un poeta bassamente macabro e provocatorio. Guerrini in realtà fu
un rivoluzionario sincero anche se ingenuo che voleva sposare la causa del
proletariato agli ideali di carità (pensò anche di risolvere i problemi dei
lavoratori con l'elemosina).
Scrisse anche un pregevole
ricettarlo sulla cucina povera, sull'utilizzo degli avanzi della mensa
(deprecando, ovviamente, gli sprechi) che rimane — dopo quello immortale dell’Artusi
— uno dei libri di cucina più interessanti del tempo. Contrariamente al grande
Carducci, Stecchetti non si fece mal abbagliare dai miti della grandezza della
nazione; in una poesia scrisse: “La nostra patria è qui, non nel deserti /
dell'orrenda Abissinia”.
Scrive Mario Luzi in una
testimonianza in appendice al libro, che i versi un po' underground dello
Stecchetti «ci divertivamo ai tempi del ginnasio a contrapporre alla severità
ancora carducciana della tradizione scolastica» lodando peraltro Santi per aver
escluso dalla raccolta Canto dell'odio:
«Questa italica versione del poeta maudit
tu l'hai giustamente presa per quel che era, cioè una bravata paesana».
Olindo Guerrini e Lorenzo Stecchetti,
scrive Valerio Magrelli, rinviano costantemente l'uno all'altro: «Polemiche,
pubblicità, successo, tutto quanto circondò lo "stecchettismo" come
fatto di costume appare collegato a questo beffardo scambio di nomi. Uno
scambio e una moltiplicazione che ben corrispondono d'altronde al sostanziale
eclettismo individuato dal Cusatelli nell'opera del Guerrini, in cui si va
dalla Scapigliatura a Prati, da Betteloni (specie nel Guado, dove Montale scorse una temperie gozzaniana) al Foscolo
cimiteriale, dal Baudelaire più satanico alla poesia di protesta anticlericale
e socialista».
Ritaglio da “il manifesto” senza
data (ma 1983)
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