26.12.13

Lorenzo Stecchetti. Un tocco macabro (di Attilio Lolini)

Olindo Guerrini. Firmò con il nome di Lorenzo Stecchetti le sue poesie più note
Olindo Guerrini, più conosciuto come Lorenzo Stecchetti, fu sempre ritenuto poeta di secondaria importanza, anzi perfino di nessuna importanza. Ma resta, quasi inesplicabile, il «successo» dei suoi libri — tuttora ristampati — e l'interesse costante e sincero per la sua opera da parte di un pubblico «popolare».
Una scelta delle Rime o, meglio, una «lettura» della sterminata produzione poetica stecchettiana, è stata condotta da Piero Santi in occasione dell'apertura del Centro culturale Olindo Guerrini a S. Alberto di Ravenna, il paese natale del poeta, e raccolta in un libro in cui «i miti provincialeschi, pose, odii, magari piuttosto inventati che realmente sentiti, non offuschino i momenti nel quali il poeta riesce ad ascoltarsi nel suo rapporto più vero con la natura in modo semplice, senza schemi pretenziosi, senza velleitarismi» (Lorenzo Stecchetti, Rime, Una lettura di Piero Santi, I viaggi, Ravenna, 1983).
Sull'emarginazione del suoi libri da parte della critica ufficiale furono determinanti motivi di ordine moralistico più che estetico: infatti Stecchetti fu accusato di essere un pornografo e un poeta bassamente macabro e provocatorio. Guerrini in realtà fu un rivoluzionario sincero anche se ingenuo che voleva sposare la causa del proletariato agli ideali di carità (pensò anche di risolvere i problemi dei lavoratori con l'elemosina).
Scrisse anche un pregevole ricettarlo sulla cucina povera, sull'utilizzo degli avanzi della mensa (deprecando, ovviamente, gli sprechi) che rimane — dopo quello immortale dell’Artusi — uno dei libri di cucina più interessanti del tempo. Contrariamente al grande Carducci, Stecchetti non si fece mal abbagliare dai miti della grandezza della nazione; in una poesia scrisse: “La nostra patria è qui, non nel deserti / dell'orrenda Abissinia”.
Scrive Mario Luzi in una testimonianza in appendice al libro, che i versi un po' underground dello Stecchetti «ci divertivamo ai tempi del ginnasio a contrapporre alla severità ancora carducciana della tradizione scolastica» lodando peraltro Santi per aver escluso dalla raccolta Canto dell'odio: «Questa italica versione del poeta maudit tu l'hai giustamente presa per quel che era, cioè una bravata paesana».
Olindo Guerrini e Lorenzo Stecchetti, scrive Valerio Magrelli, rinviano costantemente l'uno all'altro: «Polemiche, pubblicità, successo, tutto quanto circondò lo "stecchettismo" come fatto di costume appare collegato a questo beffardo scambio di nomi. Uno scambio e una moltiplicazione che ben corrispondono d'altronde al sostanziale eclettismo individuato dal Cusatelli nell'opera del Guerrini, in cui si va dalla Scapigliatura a Prati, da Betteloni (specie nel Guado, dove Montale scorse una temperie gozzaniana) al Foscolo cimiteriale, dal Baudelaire più satanico alla poesia di protesta anticlericale e socialista».


Ritaglio da “il manifesto” senza data (ma 1983)

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