1899. Il manifesto di Adolfo Hohenstein per la prima della Tosca (gennaio 1900) |
Trovo in un vecchio ritaglio de
“L’Espresso” una celebrazione dei cento anni della Tosca, che è giudicata dagli articolisti “l’eroina più sanguigna e
vivace tra i personaggi femminili del melodramma pucciniano”, “più forte, più
energica della fragile … Mimì, meno ingenua della sventata Madame Butterfly”.
Condivido: verdista spinto fin
quasi al fanatismo, in tutto Puccini trovo un che di vano e poco convincente,
trovo fragilità e sventatezza tranne che nella Tosca. Mi piace la lettura del perenne successo dell’opera che
danno i due articolisti, Genone e Stinchelli: non solo la “recondita armonia”
che nasce da bellezze diverse, ma la grande disponibilità all’interpretazione,
le tante letture a cui si presta.
Già il solo personaggio della
protagonista sembra moltiplicarsi – seguendo la storia delle interpretazioni –
nelle sue sfaccettature: la Tosca drammatica della Callas e la Tosca sublime
della Muzio, la Tosca aggressiva della Collier e quella forsennata della
Tebaldi, la Tosca tutta cantata della Scotto e quella solenne di Montserrat
Caballé. “Una Tosca per ogni gusto e in continua metamorfosi … diversa a
seconda della miscela operata dal soprano tra gli ingredienti della trama …
fatta di sesso, brutalità, sadismo e religione”. Miscela che, dati gli eccessi
truculenti della trama che – come diceva George Bernard Shaw – “vuol far
piangere ad ogni costo”, potrebbe perfino far ridere a crepapelle, considerato
che tutti muoiono, chi accoltellato, chi fucilato, chi spiaccicato al suolo.
Intorno alle scene cruente del grande melodramma è fiorita una ricca aneddotica
di cui l’articolo de “L’Espresso” raccoglie qualche frammento. E’ la parte che
qui posto. (S.L.L.)
Londra 1964. UNa edizione della Tosca con Maria Callas |
Particolarmente cruenta è la
morte del barone Scarpia, consacrata da un rituale melodrammatico: con mosse
accorte e sangue freddo, Tosca pone un crocefisso sul corpo esanime dell'odiato
Scarpia. A questi gesti che si ripetono di recita in recita, sono legati due
episodi riguardanti il celebre Giuseppe Taddei, storico Scarpia in tante
edizioni: in una prima occasione egli ricevette un pesantissimo crocefisso di
ferro sulle parti molli, rispondendo con uno scatto che fece pensare a una
miracolosa risurrezione; un'altra volta la risurrezione ci fu sul serio, poiché
l'incauta Tosca gli aveva incendiato la parrucca con il candeliere posto a
distanza troppo ravvicinata. Di parrucche infuocate ve ne sono state diverse:
quella di Maria Callas, prontamente soccorsa dal baritono Tito Gobbi che,
spaventatissimo per le fiamme, si lanciò sulla cantante per sedare l'incendio.
La diva noncurante lo respinse, come da libretto, sussurrandogli poi nell'orecchio,
«Grazie Tito», prima di ucciderlo.
Con la fucilazione di Mario le
cose non sembrano essere andate meglio. Al teatro San Carlo di Napoli, in una
recente inaugurazione, non potendo il tenore Pavarotti cadere al suolo, si
preferì farlo sedere, e in quella posizione rimase; così come sempre al San
Carlo venne applaudita la fucilazione di Martinucci, a significare la giusta
punizione dopo una recita non ben cantata. Durante il festival di Macerata del
1995, i giornali locali pubblicarono sulle prime pagine: «Cavaradossi è stato
fucilato!». Il protagonista della vicenda era il tenore Fabio Armiliato, ferito
incidentalmente dal plotone da pallottole vere: fu allora che Raina Kabaiwanska
urlò fuori copione «Un medico presto!», prima di svenire alla vista del sangue.
Si favoleggia poi di una recita d'inizio secolo diretta da Toscanini in cui il
tenore che interpretava Cavaradossi al fianco di Lina Cavalieri venne ucciso
realmente per sbaglio.
Tosca 100, ma non li dimostra, “L’Espresso”, 20/1/2000
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