14.12.13

22 gennaio 1987. Milano da bere (Fruttero & Gramellini)

Nel 2010 Carlo Fruttero e Massimo Gramellini tennero su “La Stampa” una rubrica bisettimanale, Storia d’Italia in 150 date,  in preparazione dei 150 anni di unità nazionale. Com’è normale nella riuscita dei pezzi (e nella stessa scelta degli argomenti) ci sono alti e bassi. La rievocazione che segue, di una certa Milano, è magnifica. La data indicata, 22 gennaio 1987, è quella del debutto di uno slogan di successo. Cinque anni dopo arrivarono le scoperte di Tangentopoli e le manette di Mani pulite. (S.L.L.)
Dentro un pacchetto di spot ad alta gradazione alcolica (in attesa dei telefonini, sono gli aperitivi e gli amari a fare la parte del leone), irrompono in tv le immagini patinate di piazza del Duomo e le note raffinate dei Weather Report, mentre la voce fuori campo esalta «questa Milano da vivere, da sognare, da godere «… questa Milano da bere». L’autore dello slogan è Marco Mignani, capofila di quei «creativi» pubblicitari che sono parte integrante del bestiario umano che anima i giorni e le notti della Milano da bere. Fra le vetrine esclusive di via Montenapoleone e le luci stroboscopiche di discoteche come il Nephenta, si aggirano agenti di Borsa che fanno il verso agli yuppie americani, stilisti venerati come artisti rinascimentali, aspiranti modelle e modelle aspiranti cocaina. Gli odori e i rumori della fabbrica sono un ricordo degli anni di piombo. Persino la nebbia è cambiata. E lo smog: ormai tutto deve essere «glamour», anche lui. Si lavora tantissimo, benché non sia sempre chiaro che cosa si fa. È l’epoca del «terziario avanzato», ma non avanza quasi niente: si prendono tutto loro.
Il sommelier di questa Milano ubriaca di vita è Bettino Craxi, erede del riformismo socialista di Turati e Nenni improntato alla sobrietà. Roba da museo. È Roberto D’Agostino a coniare la nuova formula esistenziale: «edonismo reaganiano». Belle macchine, belle donne, molto alcol, molta droga per reggere il ritmo infernale. E tantissimo denaro per oliare il meccanismo. Non tutti gli edonisti sono craxiani, ma dovunque ci sia dell’edonismo, lì c’è un craxiano. Il sindaco è il cognato di Bettino e l’imprenditore di punta il suo migliore amico, Berlusconi. L’ufficio di Craxi in piazza del Duomo diventa meta ininterrotta di un pellegrinaggio di fedeli, conoscenti e riconoscenti, che lasciano ex voto sotto forma di bustarelle sempre più gonfie. Oltre lo spot, a immortalare l’epoca è come sempre un delitto. Dopo una notte da vivere, da godere ma soprattutto da bere, una modella americana strafatta entra in un appartamento della Milano dei ricchi e scarica un revolver addosso al playboy che la importuna da tempo con parole e gesti volgari. Lei si chiama Terry Broome e alla sua storia si ispirano un romanzo e un film dal titolo emblematico: Sotto il vestito niente.
Intanto l’inventore della Milano da bere sta già lavorando a un altro progetto. La DC gli ha chiesto uno slogan per le imminenti elezioni e Mignani si inventa «Forza Italia». Nella sua villa di Arcore comperata a prezzo di saldo, un imprenditore laureato con una tesi sulla pubblicità ritaglia la réclame e la infila in una cartellina. Chissà che non possa tornargli utile, un giorno.


“La Stampa”, 5 novembre 2010

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