Tre dei fratelli Marx in "Una notte all'Opera" |
Mia madre alla fine giunse alla
conclusione che il modo migliore di sfondare nello show business non era
lanciare un ragazzo alla volta ma tutti assieme. Gummo aveva l'anima e gli
istinti di un inventore ed era meglio toglierlo da quell'ordine di idee prima
che trasformasse tutto in qualcosa d'altro. In quel momento Gummo stava
adocchiando mio padre. Fu allora che mamma espresse la decisione che avrebbe
cambiato il corso della nostra vita. Annunziò che Gummo sarebbe diventato un
attore. Gummo, fra tutti noi! Aveva una naturale attitudine per le scene come
ne può avere uno zulù per la psichiatria.
«Ho idea di formare un numero che
farà sensazione», dichiarò mamma «prenderemo una cantante. Questo darà un po'
di sesso. E Gummo e tu» disse, puntando il dito verso di me «sarete gli
yachtsmen. Sesso e marinai, non può fallire!»
Un po' sorpreso, chiesi, «Mamma,
perché yachtsmen?» «Te lo spiegherò», rispose, «Stamattina, passando dai grandi
magazzini Bloomingdale avevano dei completi bianchi in svendita a 9 dollari e
98. Prenderemo qualche cappello di paglia da poco - sono in saldo adesso perché
l'estate è quasi finita - e delle scarpe bianche. Anche quelle sono in saldo,
perché sono misure grandi. Io ho già fatto il vestito per la ragazza della
scenetta».
«Mamma», interruppi di nuovo,
debolmente, «come sai che il vestito andrà bene alla ragazza che sceglieremo?»
«Non essere sciocco», disse,
alzando le spalle, «ci sono centinaia di cantanti in giro dobbiamo solo
scegliere quella alla quale andrà bene il vestito!»
Non molto tempo dopo, stavamo
provando nel nostro salotto tutti vestiti con abiti bianchi, cappelli di paglia
bianchi, scarpe bianche, cravatte bianche che ciondolavano, colletti di
celluloide e rose di carta nei nostri occhielli. Non ricordo esattamente come era
vestita la ragazza. Tutto quello che ricordo è che l'abito non le stava.
Non avevamo ancora un titolo per
la scenetta, ma dopo che mia madre ci udì cantare una canzone Hoiv'd You like fo be my little sweelheart?»
disse, «Ho il titolo perfetto per la scenetta. La chiameremo I tre usignoli!»
«Ma perché usignoli?» chiesi.
«Perché», rispose, «tutti sanno
che gli usignoli passano tutto il loro tempo a cantare».
C'erano tre logiche ragioni per
la quale lei ci aveva chiamato i tre usignoli. Uno, non aveva va mai sentito un
usignolo. Due, era quasi sorda. Tre, aveva un grande senso dell'humour.
In "il manifesto", 30 settembre 1990
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