4.7.17

Il fascismo tra parentesi. Assisi ricorda Arnaldo Fortini (Salvatore Lo Leggio)

Arnaldo Fortini
Nelle piccole città e perfino nei paesi è dato di rintracciare “glorie municipali”: eruditi che, ispirati dal genius loci, hanno cercato di valorizzarne la storia rinvenendo e persino inventando i segni di una grandezza talora improbabile; oppure notabili e personaggi d'autorità impegnati a restaurare opere, a realizzare edifici e opifici, ad abbellire. Nel caso dell'assisiate Arnaldo Fortini (1889 - 1970) le due tipologie si fondono, giacché nella sua vicenda è possibile ritrovare sia l'appassionato di storie, nella fattispecie di storie francescane, che l'uomo d'azione, capace di realizzazioni pratiche.
Fortini, avvocato di formazione cattolica, fu tra quei popolari che prima di papa Ratti riconobbero in Mussolini un uomo della provvidenza. Eletto sindaco per la concentrazione filofascista nel 1923, rimase per un ventennio alla guida di Assisi, con la carica di podestà da quando – nel 1926 - il regime abolì l'elezione delle amministrazioni locali e ne affidò al governo la nomina. Di Fortini, dal 1930 presidente dell'Istituto di studi francescani, già in epoca fascista si autorizzava una specie di canonizzazione, sulla scia di un epiteto formulato da d'Annunzio, “frate Arnaldo del Subasio”. Attribuita a Mussolini è la definizione di “francescano senza saio”.
Gli agiografi amano ricordare due momenti nella carriera forense del Fortini. Il primo riguarda il ruolo, svolto nella Grande Guerra, di difensore presso la Corte marziale, determinante per l'assoluzione di alcuni “caporettisti” accusati di diserzione; il secondo il processo di Verona ove difese il gerarca Cianetti, suo concittadino e amico che era stato ministro dei fasci e delle corporazioni. Costui il 25 luglio aveva votato l'ordine del giorno Grandi e rischiava la pena capitale come Ciano e De Bono: Fortini ottenne per lui le attenuanti e una condanna a 30 anni, visto che subito dopo il Gran Consiglio s'era pentito e lo aveva scritto a Mussolini.
A proiettare Fortini al di là del contesto municipale è sopratutto la carriera di sindaco e podestà. Quando la iniziò erano da tempo in corso manovre di avvicinamento tra il fascismo e la Curia vaticana, ma l'ascesa di Mussolini a capo del governo accelerava i tempi. Una delle prime aperture riguardò proprio Assisi. Già nel 1922 d’Annunzio aveva proposto di rendere il Sacro Convento ai frati francescani, che avrebbero creato lì “un vivaio vivacissimo di messaggeri della fede italiana in Oriente”: l'operazione giunse a compimento due anni dopo, preceduta da un colloquio tra Fortini e Mussolini. Il Duce usò peraltro abilmente l'imminenza del centenario francescano (1926). Nel 1925 collocò il fraticello nel Pantheon patriottico: “Il più alto genio della poesia, con Dante; il più audace navigatore degli oceani, con Colombo; la mente più profonda alle arti e alla scienza, con Leonardo; ma l'Italia, con S. Francesco, ha dato anche il più Santo dei Santi al Cristianesimo e all'umanità”. L'anno appresso fu utilizzata una formula che risaliva a Vincenzo Gioberti, “il più italiano dei santi e il più santo degli italiani”, tanto fortunata da essere ripresa anche da Pio XII nel 1939, in occasione della promozione dell'assisiate a Patrono d'Italia. Fortini ottenne che – dopo il riuscito Centenario - incontri preparatori del Concordato si svolgessero nel municipio della sua città, in quella che sarebbe diventata la Sala della Conciliazione, un successo di immagine che l'Assisi clerico-fascista bissò nel 1930 con le nozze regali tra Boris di Bulgaria e Giovanna di Savoia, figlia del re d'Italia.
Il podestà colse le opportunità offerte dai tempi per lasciare una forte impronta sulla città; si è scritto con buone ragioni che inventò lui l'Assisi spiritualizzata del Novecento, “goticizzando” lo spazio urbano con un uso mirato del pubblico ornato e completando la medievalizzazione con la ripresa delle scene del Calendimaggio. Il “pace e bene” francescano non gli impedì tuttavia di adeguarsi alle spinte militaristiche del regime. L'avventura imperiale trovò infatti sostegno propagandistico in alcuni libri di frati che denunciavano la barbarie del negus; il podestà Fortini, dal canto suo, si spinse nel 1935 a lanciare un incitamento, trasmesso per radio, alle truppe che aggredivano l'Etiopia, marciando «per le strade segnate dalle orme sanguinose dei missionari francescani».
Nel dopoguerra l'uomo, sfuggito alle epurazioni, si fece democristiano. Fu Ermini, il ministro Dc rettore dell'Università di Perugia, ad istituire apposta per lui una cattedra di studi francescani. Continuò ad occuparsi di storie assisane fino alla morte, nel 1970. Intanto ne aveva raccolto il testimone la figlia Gemma che, sui quotidiani conservatori, scriveva di storia civile e religiosa con particolare attenzione alle cose d'Assisi, di Francesco e dei francescani.
Quest'anno il Comune di Assisi e la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia hanno messo in cantiere una iniziativa per celebrare padre e figlia, un ambizioso progetto dal titolo Assisi Rinnovata. Arnaldo e Gemma Fortini (2017-2019), ideato da Maurizio Terzetti, che dovrebbe svilupparsi nell'arco di tre anni. Esso prevede la sistemazione dell'ampia biblioteca e dell'archivio, contenente documenti dei rapporti di Arnaldo Fortini con esponenti della cultura e della politica di tutto il mondo, la catalogazione delle opere e opportuni convegni sulla materia. A queste scelte meritorie si affianca però una stravagante teoria di manifestazioni: cerimonie, cortei canori, concorsi a premi, proiezione di filmati, balli, spettacoli. Il tutto si dovrebbe concludere con uno spettacolo teatrale appositamente scritto, con protagonisti padre e figlia, ma al momento non si sa se sarà realizzato, visto che Terzetti, che doveva esserne l’estensore, si è dimesso da direttore artistico. Pare non abbia gradito che “studiosi e testimoni di Assisi e dell’Umbria” da lui chiamati a raccolta non sostenessero adeguatamente l'iniziativa, considerandola smisurata e dispendiosa.
Il triennio fortiniano è comunque iniziato regolarmente l'8 giugno, presente il nuovo direttore artistico, il musicista Rinaldi, con la conferenza stampa degli organizzatori, l'amministrazione comunale e la Fondazione CRP, e con la deposizione di una corona d'alloro sulla lapide dedicata al “primo cittadino benemerito”. I comunicati usano sistematicamente tale eufemismo per assimilare alla carica di sindaco quella di podestà, per 17 anni occupata da Fortini; è il caso di ricordare agli immemori che codesta qualifica di primo cittadino ha un sapore di beffa: la carica di podestà nasce per effetto della soppressione dei diritti di cittadinanza, specialmente del diritto a libere elezioni.
La cosa, probabilmente, non crea imbarazzi nella Fondazione CRP. Ispirata dal mussolinista Campi, la fondazione ha sempre rivalutato i “fascisti buoni”, ieri l'artista Dottori e l'industriale Spagnoli, oggi il podestà Fortini, domani – chissà – il sindacalista Cianetti. Non stupisce perciò che Bianconi, succeduto a Colaiacovo nella presidenza, esalti “il modello Assisi ideato da Arnaldo Fortini un secolo fa” e voglia renderlo “ancor più vivo”. Così non stupisce che monsignor Peri, vicario del Vescovo, magnifichi nell'occasione quel Concordato che sacrificava alla pace religiosa importanti diritti civili, visto che continua a garantire, nonostante gli aggiustamenti di era craxiana, privilegi al Vaticano. Sorprende piuttosto l'acriticità del sindaco Stefania Proietti, che da cattolica ambientalista dovrebbe essere sensibile alle denunce dell'ingiustizia sociale e del degrado ecologico contenute nella recente enciclica “francescana” Laudato si': invece parla enfaticamente di “due luci culturali, vitali ed innovative di Assisi” e di un “percorso di rinascita senza precedenti”.

Quando “micropolis” uscirà si sarà già svolta ad Assisi la prima del docufilm La vita di Arnaldo Fortini francescano senza saio”, di Arturo Sbicca. Vedremo se confermerà la fastidiosa impressione tratta da questo inizio. Non ci disturba affatto che si dia risalto al positivo che può esserci nell'opera di un podestà e della sua figliola giornalista, ma l'assenza di una presa di distanza, questo mettere tra parentesi il fascismo quasi si trattasse di mero accidente. In tempi di risorgente barbarie autoritaria e bellicista non è una buona cosa. 

micropolis, giugno 2017

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