Arnaldo Fortini |
Nelle piccole città e
perfino nei paesi è dato di rintracciare “glorie municipali”:
eruditi che, ispirati dal genius loci, hanno cercato di
valorizzarne la storia rinvenendo e persino inventando i segni di una
grandezza talora improbabile; oppure notabili e personaggi d'autorità
impegnati a restaurare opere, a realizzare edifici e opifici, ad
abbellire. Nel caso dell'assisiate Arnaldo Fortini (1889 - 1970) le
due tipologie si fondono, giacché nella sua vicenda è possibile
ritrovare sia l'appassionato di storie, nella fattispecie di storie
francescane, che l'uomo d'azione, capace di realizzazioni pratiche.
Fortini, avvocato di
formazione cattolica, fu tra quei popolari che prima di papa Ratti
riconobbero in Mussolini un uomo della provvidenza. Eletto sindaco
per la concentrazione filofascista nel 1923, rimase
per un ventennio alla guida di Assisi, con la carica di podestà da
quando – nel 1926 - il regime abolì l'elezione delle
amministrazioni locali e ne affidò al governo la nomina. Di Fortini,
dal 1930 presidente dell'Istituto di studi francescani, già in epoca
fascista si autorizzava una specie di canonizzazione, sulla scia di
un epiteto formulato da d'Annunzio, “frate Arnaldo del Subasio”.
Attribuita a Mussolini è la definizione di “francescano senza
saio”.
Gli
agiografi amano ricordare due momenti nella carriera forense del
Fortini. Il primo riguarda il ruolo, svolto nella Grande Guerra, di
difensore presso la Corte marziale, determinante per l'assoluzione di
alcuni “caporettisti” accusati di diserzione; il secondo il
processo di Verona ove difese il gerarca Cianetti, suo concittadino e
amico che era stato ministro dei fasci e delle corporazioni. Costui
il 25 luglio aveva votato l'ordine del giorno Grandi e rischiava la
pena capitale come Ciano e De Bono: Fortini ottenne per lui le
attenuanti e una condanna a 30 anni, visto che subito dopo il Gran
Consiglio s'era pentito e lo aveva scritto a Mussolini.
A
proiettare Fortini al di là del contesto municipale è sopratutto la
carriera di sindaco e podestà. Quando la iniziò erano da tempo in
corso manovre di avvicinamento tra il fascismo e la Curia vaticana,
ma l'ascesa di Mussolini a capo del governo accelerava i tempi. Una
delle prime aperture riguardò proprio Assisi. Già nel 1922
d’Annunzio aveva proposto di rendere il Sacro Convento ai frati
francescani, che avrebbero creato lì “un vivaio vivacissimo di
messaggeri della fede italiana in Oriente”: l'operazione giunse a
compimento due anni dopo, preceduta da un colloquio tra Fortini e
Mussolini. Il Duce usò peraltro abilmente l'imminenza del centenario
francescano (1926). Nel 1925 collocò il fraticello nel Pantheon
patriottico: “Il più alto genio della poesia, con Dante; il più
audace navigatore degli oceani, con Colombo; la mente più profonda
alle arti e alla scienza, con Leonardo; ma l'Italia, con S.
Francesco, ha dato anche il più Santo dei Santi al Cristianesimo e
all'umanità”. L'anno appresso fu utilizzata una formula che
risaliva a Vincenzo Gioberti, “il più italiano dei santi e il più
santo degli italiani”, tanto fortunata da essere ripresa anche da
Pio XII nel 1939, in occasione della promozione dell'assisiate a
Patrono d'Italia. Fortini ottenne che – dopo il riuscito Centenario
- incontri preparatori del Concordato si svolgessero nel municipio
della sua città, in quella che sarebbe diventata la Sala della
Conciliazione, un successo di immagine che l'Assisi clerico-fascista
bissò nel 1930 con le nozze regali tra Boris di Bulgaria e Giovanna
di Savoia, figlia del re d'Italia.
Il
podestà colse le opportunità offerte dai tempi per lasciare una
forte impronta sulla città; si è scritto con buone ragioni che
inventò lui l'Assisi spiritualizzata del Novecento, “goticizzando”
lo spazio urbano con un uso mirato del pubblico ornato e completando
la medievalizzazione con la ripresa delle scene del Calendimaggio. Il
“pace e bene” francescano non gli impedì tuttavia di adeguarsi
alle spinte militaristiche del regime. L'avventura imperiale trovò
infatti sostegno propagandistico in alcuni libri di frati che
denunciavano la barbarie del negus; il podestà Fortini, dal canto
suo, si spinse nel 1935 a lanciare un incitamento, trasmesso per
radio, alle truppe che aggredivano l'Etiopia, marciando «per le
strade segnate dalle orme sanguinose dei missionari francescani».
Nel
dopoguerra l'uomo, sfuggito alle epurazioni, si fece democristiano.
Fu Ermini, il ministro Dc rettore dell'Università di Perugia, ad
istituire apposta per lui una cattedra di studi francescani. Continuò
ad occuparsi di storie assisane fino alla morte, nel 1970. Intanto ne
aveva raccolto il testimone la figlia Gemma che, sui quotidiani
conservatori, scriveva di storia civile e religiosa con particolare
attenzione alle cose d'Assisi, di Francesco e dei francescani.
Quest'anno
il Comune di Assisi e la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia
hanno messo in cantiere una iniziativa per celebrare padre e figlia,
un ambizioso progetto dal titolo Assisi Rinnovata. Arnaldo
e Gemma Fortini (2017-2019),
ideato da Maurizio Terzetti, che dovrebbe svilupparsi nell'arco di
tre anni. Esso prevede la sistemazione dell'ampia biblioteca e
dell'archivio, contenente documenti dei rapporti di Arnaldo Fortini
con esponenti della cultura e della politica di tutto il mondo, la
catalogazione delle opere e opportuni convegni sulla materia. A
queste scelte meritorie si affianca però una stravagante teoria di
manifestazioni: cerimonie, cortei canori, concorsi a premi,
proiezione di filmati, balli, spettacoli. Il tutto si dovrebbe
concludere con uno spettacolo teatrale appositamente scritto, con
protagonisti padre e figlia, ma al momento non si sa se sarà
realizzato, visto che Terzetti, che doveva esserne l’estensore, si
è dimesso da direttore artistico. Pare non abbia gradito che
“studiosi e testimoni di Assisi e dell’Umbria” da lui chiamati
a raccolta non sostenessero adeguatamente l'iniziativa,
considerandola smisurata e dispendiosa.
Il
triennio fortiniano è comunque iniziato regolarmente l'8 giugno,
presente il nuovo direttore artistico, il musicista Rinaldi, con la
conferenza stampa degli organizzatori, l'amministrazione comunale e
la Fondazione CRP, e con la deposizione di una corona d'alloro sulla
lapide dedicata al “primo cittadino benemerito”. I comunicati
usano sistematicamente tale eufemismo per assimilare alla carica di
sindaco quella di podestà, per 17 anni occupata da Fortini; è il
caso di ricordare agli immemori che codesta qualifica di primo
cittadino ha un sapore di beffa: la carica di podestà nasce per
effetto della soppressione dei diritti di cittadinanza, specialmente
del diritto a libere elezioni.
La
cosa, probabilmente, non crea imbarazzi nella Fondazione CRP.
Ispirata dal mussolinista Campi, la fondazione ha sempre rivalutato i
“fascisti buoni”, ieri l'artista Dottori e l'industriale
Spagnoli, oggi il podestà Fortini, domani – chissà – il
sindacalista Cianetti. Non stupisce perciò che Bianconi, succeduto a
Colaiacovo nella presidenza, esalti “il modello Assisi ideato da
Arnaldo Fortini un secolo fa” e voglia renderlo “ancor più
vivo”. Così non stupisce che monsignor Peri, vicario del
Vescovo, magnifichi nell'occasione quel Concordato che sacrificava
alla pace religiosa importanti diritti civili, visto che continua a
garantire, nonostante gli aggiustamenti di era craxiana, privilegi al
Vaticano. Sorprende piuttosto l'acriticità del sindaco
Stefania Proietti, che da cattolica ambientalista dovrebbe essere
sensibile alle denunce
dell'ingiustizia sociale e del degrado ecologico contenute nella
recente enciclica “francescana” Laudato si':
invece parla enfaticamente di “due luci culturali, vitali ed
innovative di Assisi” e di un “percorso di rinascita senza
precedenti”.
Quando “micropolis”
uscirà si sarà già svolta ad Assisi la prima del docufilm La
vita di Arnaldo Fortini francescano senza saio”, di Arturo
Sbicca. Vedremo se confermerà la fastidiosa impressione tratta da
questo inizio. Non ci disturba
affatto che si dia risalto al positivo che può esserci nell'opera di
un podestà e della sua figliola giornalista, ma l'assenza di una
presa di distanza, questo mettere tra parentesi il fascismo quasi si
trattasse di mero accidente. In tempi di risorgente barbarie
autoritaria e bellicista non è una buona cosa.
micropolis, giugno 2017
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