"Il Riformista", il quotidiano fondato nel 2005 da Antonio Polito, dopo la sua rinuncia, si collegò alla rivista "Le Ragioni del Socialismo" di Emanuele Macaluso ed ebbe come direttore Paolo Franchi. Era un foglio intelligente e vivace, ma durò poco. L'articolo di cui qui ho ripreso uno stralcio fu pubblicato in occasione della scissione di Storace da AN, nell'estate del 2007. Il titolo non è quello originale, ma è mio, e porto io - intera - la responsabilità di definire osceno il rapporto tra l'allora Presidente della Repubblica e i caporioni del partito postfascista, quel Msi, che prendeva nome dalla Repubblica di Salò. (S.L.L.)
Era il 19 gennaio del Novantadue picconato da Cossiga e Francesco Storace avrebbe compiuto trentatré anni sei giorni dopo. Storace, allora, era il portavoce del Movimento sociale italiano e con un’abile operazione di marketing politico fece gridare da tutti i quotidiani nazionali titoli come questo: «Adunata missina al teatro Lirico. È suspence sul messaggio-bomba dal Colle». Rincarando la dose, al telefono coi vari giornalisti, il portavoce del Msi specificava che si sarebbe trattato di un «clamoroso colpo di scena». Era, quello, il fatidico gennaio ’92 delle esternazioni di Francesco Cossiga e il Msi grazie soprattutto agli spin storaciani divenne il partito del Presidente. Di un Presidente che picconando ogni santo giorno la Prima repubblica era stato mollato dalla chiesa madre democristiana e investito dalle richieste di impeachment del Pds erede del Pci.
Così
Cossiga si ritrovò al suo fianco l'impresentabile Msi almirantiano
guidato dal quarantenne Gianfranco Fini. E Storace, che di Fini era
il portavoce (insieme superavano di poco i settant’anni), ebbe il
colpo di genio di accreditare il partitino post-fascista devastato
dalla gestione rautiana come lo strenuo difensore del Colle Un colpo
di genio, appunto, perché in realtà si trattava di un vero e
proprio bluff. Il giochino lo spiegò lui stesso anni dopo.
Funzionava in questo modo: «Ogni volta che Cossiga faceva ma
esternazione, Gianfranco faceva un comunicato riprendendo la
dichiarazione, spiegandola. Dopo un po’ tutti iniziarono a pensare
che Fini era d’accordo con Cossiga, e noi finimmo su tutti i
giornali tutti i giorni, quelli del Colle e del Piccone. Ovviamente,
eh, eh, non era vero nulla». Testimoni dell’epoca aggiungono poi
che Storace, nell’ufficio di Fini a via della Scrofa, sottolineava
le parole-chiave di Cossiga per inserirle nelle note ufficiali del
segretario politico.
La
finzione finì per diventare vera perché al Lirico di Milano,
laddove Benito Mussolini tenne il suo ultimo discorso pubblico il 16
dicembre 1944, quel 19 gennaio del Novantadue parlava Gianfranco Fini
e il «colpo di scena», la «bomba» arrivò puntuale. Una lettera
di Cossiga per chiedere un nuovo patto nazionale e finanche la
rivoluzione morale. I camerati radunati al Lirico si alzarono in piedi
e al grido di «Italia, Italia» tributarono un’ovazione al
firmatario della missiva. Nemmeno tre mesi dopo, alle politiche del 5
aprile, il Msi con lo slogan «Con Cossiga per la Repubblica degli
Italiani» ritornò alle felici percentuali almirantiane di una
volta: 6,7 per cento al Senato e 5,6 alla Camera.
Quindici
anni dopo quell’aprile di resurrezione della destra italiana, Fini
e Storace non stanno più nello stesso partito... In realtà, a
sdoganare il Msi prima di Berlusconi fu Cossiga e questo grazie a un
trentenne di nome Storace. Per questo forse è utile ricordare cosa
avvenne allora, al di là dei caratteri rustici e folkloristici della
biografia storaciana, fatta di battute feroci e di poltrone di
peso...
il Riformista, 4 luglio 2007
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