Giovanni Berlinguer nel 1953 (da Wikipedia) |
Nella collana “I libri
del Tempo”, la stessa ove vide la luce il primo libro importante di
Leonardo Sciascia, Le Parrocchie di Regalpetra,
l'editore Laterza nel 1959 pubblicò La medicina è malata,
un libro di Giovanni Berlinguer e Severino Delogu, che denunciava con
dovizia di documentazione e con un rigore insolito i cedimenti, i
compromessi, i servilismi della corporazione medica nei confronti del
rampante capitalismo industriale degli anni del boom.
Quello
che segue è una delle manifestazioni più estreme e rivelatrici di
un andazzo che l'istituzione del servizio sanitario nazionale, per
cui Berlinguer, Delogu e altri scienziati e studiosi si battevano (il
mio pensiero va a soprattutto Maurizio Mori, che di Berlinguer fu
amico e compagno in tante battaglie), avrebbe dovuto correggere e in
gran parte davvero corresse. (S.L.L.)
Un
caso che pare tratto dai racconti di Poe è accaduto a Pisa,
protagonista un operaio affetto da una semplice forma di esaurimento.
Fu visitato, fu compilato il suo foglio clinico e gli fu prescritta
una cura ricostituente: iniezioni, endovenose di calcio. La cura
proseguì per uno, due, tre mesi, sempre negli affollati ambulatori,
dove il paziente faceva la fila e dopo un timbro sulla scheda
riceveva l’iniezione, praticata peraltro in modo assai accurato. Il
medico di turno cambiava assai spesso, e non poteva notare che
malgrado le cure il malato non migliorava. Dopo alcuni mesi l’operaio
si rivolse dì nuovo a un medico dell’ente perché rivedesse la
diagnosi; ma questi confermò l’esistenza dell’esaurimento e
convinse il malato a proseguire la cura prescritta, che era stata
munita persino del “visto” dell’ambulatorio. E così, giorno
dopo giorno e mese dopo mese, riconfortato da una diagnosi che con
tutta probabilità era quella giusta, l’operaio si recò a ricevere
per oltre un anno le benefiche iniezioni che dovevano guarirlo. Il
medico iniettore, sempre diverso, vedeva poco più del braccio in cui
ficcava l’ago e firmava distratto la cartella clinica sempre più
lunga. Come Gordon Pym di Nantucket navigava inconscio verso
l’abisso, così il nostro malato faceva ad ogni iniezione un passo
avanti, ma in direzione opposta a quella della guarigione. Un brutto
giorno, nell’ambulatorio stesso dell’ente, ebbe un collasso e
morì all’improvviso. Il magistrato ordinò la perizia
necroscopica, per svelare la causa del decesso, e risultò che quasi
tutti gli organi — il cuore, le arterie, i polmoni, il cervello, i
reni e così via — erano più o meno completamente calcificati,
invasi dal calcio iniettato che aveva come murato vivo dal di dentro
l’operaio pisano.
Da
La medicina è malata,
Laterza, 1959
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