Forse
per noi, che non abbiam che pane,
forse
più bella è la tua Santa Pasqua,
o
Gesù nostro, e la tua mite frasca
si
spande, oliva, nelle stanze quadre.
Povero
il cielo e povere le stanze,
Sabato
Santo, il tuo chiaror ci abbaglia,
e il
nostro cuore fa una lenta maglia
col
cielo, che ne abbraccia le speranze.
Semplice
vita, alle nostre domande
tu ci
rispondi: Su coraggio, andate!
Noi
t’ubbidiamo; e questa povertà
non
ha bisogno più d’altre vivande.
Noi
siamo tanti quanti alla campagna
sono
gli uccelli sulle mosse piante,
cui
sembra ancor che le parole sante
giungan
col vento e l’acqua che li bagna.
A
noi, non visti, nelle grigie stanze,
miriadi
in mezzo alla città che fuma,
Sabato
Santo, la tua luce illumina
solo
le mani, unica festa, stanche:
a noi
la pace che verrà, operosa
già
dentro il cuore e sulla mano sta,
che
ti prepara, o Pasqua, e che non ha
che
il solo pane per farti festosa.
Da
Prime (1930-1954) in Poesie scelte, a cura di Carlo Bo,
Mondadori 1978
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