9.7.14

Asia alimentare. Il trionfo del riso e il ritorno del miglio (Marco Moretti)

Tratto dall'inserto de “La Stampa” sul Salone del Gusto di Torino del 2012 un ampio stralcio di un articolo sul continente più vegetariano. (S.L.L.)
Campo di riso nel Bihar (India)
Sono i chicchi del riso il filo conduttore di tutte le cucine dell'Asia, dalla Turchia al Giappone, passando per India, Indonesia e Uzbekistan. Un continente che concentra il 90 per cento della produzione mondiale di questo cereale. Dove più di 4 miliardi di persone (i tre quinti dell'umanità) si nutrono di riso due - quando non tre - volte al giorno. Dove i chicchi fumanti di ogni varietà accompagnano carni, verdure, pesci. Vengono trasformati in vermicelli per zuppe o tagliatelle saltate in padella in Cina, Thailandia (phad thai), Indonesia (barai goreng), Malesia, Sri Lanka. Creano la base dei sushi in Giappone. Formano i dischi cotti a vapore (idli) che gli indiani del Sud inzuppano all'alba in salse piccanti. Insieme a zafferano, ceci, uvetta e pezzetti di carne sono l'ingrediente base del plov (detto anche pilaf o pulao): il piatto forte dell'Asia centrale. Ma finiscono anche in croccanti crépes, sfoglie, cialde e in un'infinità di dolcetti, nei croccanti di riso soffiato e nel riso glutinato indocinese. E il riso è stato alla base di tutte le riforme agricole orientali: dalla ciotola di ferro di Mao Zedong alla rivoluzione verde in India. La via del riso è quest'anno uno degli approfondimenti del Salone. Terra Madre accende i riflettori anche su un cereale più bistrattato: il miglio – che in India proprio la rivoluzione verde cancellò a vantaggio di nuove risaie - e oggi è stato reintrodotto grazie a una iniziativa congiunta di Slow Food con associazioni indigene e per la biodiversità. Il suo ritorno è utile al riscatto alimentare delle regioni aride dell'India nord-orientale. Bihar, Madhya, Jharkhand, Chhattisgarh e Orissa: gli Stati più poveri dell'Unione, dove il riso non cresce ma il miglio prospera.
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Sfamare 4 miliardi di esseri umani e al contempo rispettare l'ambiente sembra un'utopia. L'Asia non sfugge alle contraddizioni: sono stati commessi molti errori. Dalla pesca indiscriminata (balene e delfini compresi) dei giapponesi per appagare l'insaziabile mercato ittico, alle foreste pluviali tagliate in Indonesia per fare spazio a piantagioni di olio di palma e altre colture per la vendita. Dall'uso massiccio di pesticidi e diserbanti in agricoltura agli allevamenti di gamberetti per l'export che distruggono le selve di mangrovie. Fino a monocolture e introduzione di sementi Ogni: attentati alla biodiversità botanica a zoologica. L'Asia vanta però il minore impatto ambientale prò capite d'origine alimentare. Un americano consuma a tavola le risorse di dieci asiatici. Perché gli orientali sono - per tradizione culinaria - i più aderenti alla piramide ambientale, oltre che a quella alimentare. In Asia si mangiano soprattutto cereali, verdure, legumi e frutta. Tra 700 e 800 milioni di asiatici sono vegetariani: in India la maggioranza della popolazione, e ce ne sono grandi comunità a Sri Lanka, in Nepal, nel Sud-Est Asiatico, e ovunque ci siano indù e buddhisti. A parità di calorie un vegetariano consuma 16 mq globali contro i 42 di un carnivoro. E anche nei Paesi che non mettono al bando carne e pesce, dalla Cina al Medio Oriente, l'80 quando non il 90 per cento della dieta è formato da vegetali...

Speciale La Stampa, 25 ottobre 2012

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