Abu Bakr al-Baghdadi, il "califfo"
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Il cosiddetto ISIL (Stato islamico
dell'Iraq e del Levante) è stato proclamato poco più di un mese fa
dal movimento jihadista di Abu Bakr al-Baghdadi, che controlla gran
parte del Nord dell'Iraq ed è tra i più agguerriti avversari armati
del regime di Assad nella Siria di cui rivendica alcune importanti
province.
L'uomo s'è fatto proclamare “califfo”, in
sostanza capo militare di tutto il mondo musulmano, ruolo che trova rifiuti più riconoscimenti ufficiali nei paesi arabi, ma
la presunta restaurazione del “califfato” ha suscitato simpatie e speranze non solo nel vicino Oriente asiatico, ma in Egitto e
nel Maghreb.
Tra gli occidentali e peculiarmente tra gli statunitensi
c'è molta ambiguità nel trattare con il personaggio e con il suo
movimento (e con personaggi e movimenti simili). In passato li sostennero contro Saddam Hussein e si può
ragionevolmente dire che la crescita esponenziale della loro forza è legata strettamente alle guerre americane e
occidentali in Iraq. Solo più tardi, forse troppo tardi, l'Occidente ne ha condannato le scelte politiche e le
proclamazioni di “guerra santa”, inserendo Abu Bakr al-Baghdadi
nelle liste dei peggiori nemici. Ma nello stesso tempo continuava ad armare i
suoi simpatizzanti in Libia e, ancora oggi, li sostiene con ogni
mezzo in Siria.
Le ultime deliberazioni dell'ISIL sono espressione di
un maschilismo odioso e orripilante: scelte retrograde che esplicitamente mirano a conquistare e irrobustire un consenso di tipo identitario. La prima è un appello a
"offrire le donne non sposate" ai "fratelli
mujaheddin", diffuso a Ninive dai jihadisti Isil, che da
settimane controllano quella provincia nord-irachena: chiedono alle
donne di "fare la loro parte nella jihad al-nikah"
(letteralmente la Jihad matrimoniale) dandosi in spose ai
combattenti. "Alla luce della liberazione della provincia di
Ninive - si legge nel comunicato - e del benvenuto dato dalla
popolazione ai suoi fratelli mujaheddin, e dopo la grandiosa
vittoria conseguita ... nella provincia di Ninive e la sua
liberazione, provincia questa che con il permesso di Dio sarà la
residenza e il rifugio dei mujaheddin, alla luce di questo
chiediamo alla popolazione di questa provincia di offrire le donne
non sposate a favore dei loro fratelli mujaheddin. Su chi mancherà
di farlo erigeremo la sharia e applicheremo le sue leggi".
"Oh Dio, abbiamo dato
comunicazione, sii testimone", si legge infine nel comunicato firmato "Provincia di Ninive" e timbrato con il logo
salafita e la dicitura "Stato islamico in Iraq e nel Levante,
comitato giuridico generale".
Il comunicato appare
l'ufficializzazione di una pratica denunciata nei mesi scorsi,
soprattutto in Siria, altro fronte che vede l'Isil in prima linea. I
media parlavano di donne inviate soprattutto dalla Tunisia, a
partecipare al 'jihad del sesso', che in genere prevede brevi
contratti di matrimonio tra i jihadisti e le ragazze. Anche il
governo tunisino in parlamento, attraverso il ministro degli Interni
di Tunisi, Lotfi Bin Jeddou, ha ammesso l'esistenza del fenomeno.
Orrore ha suscitato nei giorni
successivi l'ordine di mutilazioni dei genitali per le donne del
'califfato'. I jihadisti dell'Isil affermano che la pratica è stata
imposta dal profeta Maometto e riportano un elenco di suoi 'hadith'
(i 'detti'), che a loro dire contengono questo ordine. Non si
prevedono ancora sanzioni per i trasgressori, per cui l'iniziativa
sembrerebbe ancora avere il carattere prevalente di una “guerra di culture” e non di una persecuzione.
Abu Bakr al-Baghdadi avrebbe dato l'ordine di infibulare le ragazze
e le bambine presenti sul suolo iracheno al fine di allontanarle
dalla prostituzione e dal peccato.
Souad Sbai, giornalista e scrittrice
italo-marocchina, ha definito l'ordine un 'gesto agghiacciante'.
Aggiunge in un comunicato, che la vicenda "rivela ancora una
volta quanto pericoloso sia, nella sua follia, questo personaggio a
cui l'Occidente continua colpevolmente a lasciare mano libera".
In verità, prima o poi bisognerà fare
un bilancio della guerra che dagli anni Ottanta gli USA hanno
lanciato e sviluppato con tutti i mezzi contro il socialismo e
nazionalismo dei paesi arabi e di altri paesi musulmani, coltivando
contro di esso tutti gli integralismi e i jihadismi. Perfino
l'espansione di Hamas a scapito dell'Olp fu un aspetto di quella
offensiva. Sembrava che l'ideale degli Usa fossero l'Arabia Saudita e
alcuni emirati, privilegi feudali ed usanze medievali all'interno,
occidentalismo incrollabile in politica estera. Quando poi si è
voluto passare all'intervento diretto, alla guerra imperiale, si è
spesso fatto ricorso all'ideologia “democratica”, fino ad
arrivare a teorizzare – con i cosiddetti neocons –
l'esportazione della “democrazia occidentale”. I risultati sono
fallimentari dappertutto: in Afghanistan, in Palestina, in Iraq, in
Algeria, in Libia. I nostri governi, sia di destra che di centro
sinistra (sebbene con qualche differenza), hanno sempre assecondato
queste politiche imperiali, che hanno sistematicamente dato spazio
alla superstizione e alla violenza brutale contro le donne e (ancor
più) gli omosessuali. Io lo chiedo al Presidente Napolitano che ogni
volta che può ripete la tiritera che “non ci possiamo sottrarre ai
doveri internazionali”: per quale scopo sono morti i “nostri
ragazzi” a Nassyria e altrove? Per permettere agli Abu Bakr
al-Baghdadi di organizzare stupri, infibulazioni, roghi e
lapidazioni?
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