È
morto nei giorni scorsi Severino Cesari, intellettuale e letterato
perugino di grande spessore per ricchezza e qualità degli interessi,
che sapeva accompagnare il rigore all'immaginazione. Lavorò per un
decennio al “manifesto”, responsabile delle pagine culturali, poi fu autore in proprio di saggi, testi narrativi e di un memorabile
libro-intervista con Giulio Einaudi, ma soprattutto inventore di
collane e realizzatore di libri preziosi nel suo lavoro editoriale
(soprattutto alla Einaudi).
Posto qui - anche per ricordarlo - un breve pezzo ritrovato quasi per caso tra i ritagli, da lui scritto nel 1981 per “il manifesto”. Se ben rammento era l'anno in cui ebbi il piacere di conoscerlo e di apprezzarne la conversazione proprio nella storica sede del “quotidiano comunista”, in via Tomacelli. (S.L.L.)
Il
Nobel giusto
per la letteratura che auguravamo due giorni fa è andato davvero al
settantaseienne Elias Canetti. Scrittore di saggi romanzi drammi
diari, di origine ebreo bulgaro (da genitori di lingua spagnola),
emigrato a Londra dove vive tuttora — ma lo si può incontrare più
facilmente nei caffè dell’amata Vienna — Canetti è l’ultimo
vivente dei grandi mitteleuropei. Il suo romanzo Autodafé
pubblicato nel 1935 in lingua tedesca come tutte le opere di questo
scrittore all’incrocio di lingue e tradizioni culturali molteplici,
appartiene in assoluto ai classici letterari del ’900. È la storia
di un raffinato intellettuale sinologo, padrone di una sterminata
biblioteca, che brucerà con lui in uno stupendo rogo finale (assai
prima dunque della biblioteca bruciata nel Nome della rosa
di Umberto Eco). Ma l’opera più importante di Canetti è forse
Massa e potere, uscito
nel 1960, una affascinante ricognizione (antropologica, storica,
mitologica, politica) sulle strutture del potere.
Severino Cesari |
In
Italia è stato pubblicato da Rizzoli, ma è introvabile; sarà certo
ristampato dopo il Nobel. In libreria tradotte in italiano si possono
trovare altre opere di Canetti. Autodafé
è pubblicato da Garzanti in edizione economica. Il saggio L’altro
processo sulle Lettere
a Felice di un autore da Canetti
prediletto, Franz Kafka, è pubblicato da Longanesi; lo hanno appena
ristampato gli Oscar Mondadori. Adelphi ha in catalogo il bellissimo
auto-biografico La lingua tagliata,
un volume di diario dal titolo La provincia dell’uomo,
e una piccola raccolta di saggi sul tema ossessivo di Canetti: Potere
e sopravvivenza. Il motivo della
sopravvivenza è centrale nell’opera dì Canetti. Può diventare,
nei potenti, la sfida orgogliosa contro la morte (contro la propria
morte) che li spinge a dare la morte agli altri, può essere il folle
meccanismo che spinge l’eroe a ergersi, per sopravvivere, sopra una
montagna di cadaveri; può essere infine le speranza tenace a morire,
per larghe masse d uomini, nel tempo della possibile catastrofi
nucleare. Le forme diverse di sopravvivenze sono legate alle forme
del potere, insegna Canetti; e descrive gli orrori di ogni tempo con
la serenità di uno squisito bibliotecario, un poco sciamano,
vaccinato ormai dall’incendio di ben altro che le biblioteche.
Molti
altri, si intende, sono i meriti di Canetti. Non ultimo quello
riportato nelle motivazioni del Nobel. «Masse und Macht
è l’opera magistrale di un uomo dal sapere enciclopedico, che
eccelle nell’arte di suscitare una quantità infinita di
riflessioni sul comportamento degli uomini in quanto elementi delle
masse... Canetti chiarisce la problematica psicologica del comando e
dell’obbedienza». Questo — l’avversione per meccanismi funesti
e dannatamente eterni di comando e dell’obbedienza, ma anche la
volontà di capirli perché si riduca nel mondo lo spazio del male e
del potere — è tutt’uno con quella «avversione per la guerra e
la distruzione che pure compare nelle motivazioni dell'Accademia di
Svezia. È anche ciò che permette di considerarlo un autore
interamente nostro, di
amarlo per questo.
“il
manifesto”, 16 ottobre 1981
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