Tra le scritture
narrative di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che Feltrinelli pubblicò
sotto il titolo di Racconti, il testo a mio avviso più affascinante
è “Lighéa”, di cui vivamente consiglio la lettura a chi finora
non l'abbia sperimentata. Riprendo un brano in cui il protagonista,
il vecchio senatore La Ciura, insigne grecista, parla della Sicilia
con il giovane Corbera, giornalista, che racconta in prima persona.
Entrambi i personaggi sono, in modo diverso, una proiezione
dell'autore. (S.L.L.)
“Raccontami della
nostra isola; è una bella terra benché popolata da somari. Gli Dei
vi hanno soggiornato, forse negli Agosti inesauribili vi soggiornano
ancora. Non parlarmi però di quei quattro templi recentissimi che
avete, tanto non ne capisci niente, ne sono sicuro”.
Cosi parlammo della
Sicilia eterna, di quella delle cose di natura; del profumo di
rosmarino sui Nèbrodi, del gusto del miele di Melilli,
dell’ondeggiare delle messi in una giornata ventosa di maggio come
si vede da Enna, delle solitudini intorno a Siracusa, delle raffiche
di profumo riversate, si dice, su Palermo dagli agrumeti durante
certi tramonti di Giugno. Parlammo dell’incanto di certe notti
estive in vista del golfo di Castellammare, quando le stelle si
specchiano nel mare che dorme e lo spirito di chi è coricato riverso
fra i lentischi si perde nel vortice del cielo mentre il corpo, teso
e all’erta, teme 1’avvicinarsi dei demoni.
Dopo un’assenza quasi
totale di cinquanta anni il Senatore conservava un ricordo
singolarmente preciso di alcuni fatti minimi. "Il mare: il mare
di Sicilia è il più colorito, il più romantico di quanti ne abbia
visti; sarà la sola cosa che non riuscirete a guastare, fuori delle
città, s’intende. Nelle trattorie a mare si servono ancora i
'rizzi' spinosi spaccati a metà?". Lo rassicurai aggiungendo
però che pochi li mangiano adesso, per timore del tifo. “Eppure
sono la più bella cosa che avete laggiù, quelle cartilagini
sanguigne, quei simulacri di organi femminili, profumati di sale e di
alghe. Che tifo e tifo! Saranno pericolosi come tutti i doni del mare
che dà la morte insieme all’immortalità. A Siracusa li ho
perentoriamente richiesti a Orsi. Che sapore, che aspetto divino! Il
più bel ricordo dei miei ultimi cinquanta anni!”
da Racconti, Feltrinelli,
1983
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