Abito
nero e guanti bianchi sono finiti nell’armadio. La livrea
d’ordinanza ormai è una rarità, sostituita dall’imprescindibile
smartphone. E la rigorosa serietà nel portamento ha lasciato il
passo a capacità manageriali e un’impeccabile conoscenza di due o
tre lingue.
Il
maggiordomo del nuovo millennio è un lontano parente del suo
predecessore di un secolo fa. Ha attraversato i decenni cambiando
pelle. Sembrava un mestiere destinato all’oblio, confinato in
qualche aristocratica tenuta del Kent o del Berkshire. E invece il
butler non solo è sopravvissuto ai tempi, ma non ha mai goduto di
così tanto successo. Secondo la società internazionale Nanny &
Butler, nel 2015 la richiesta di questa figura professionale è
aumentata del 20% in Italia (soprattutto in Veneto, Lombardia e
Piemonte) e del 60% in Svizzera e nel Regno Unito, con una crescita
notevole anche in Cina. E in un mercato del lavoro globalizzato, i
maggiordomi più ricercati sono inglesi e italiani. Sauditi, russi,
americani, inglesi e svizzeri sono disposti a spendere cifre
esorbitanti per garantirsi i servizi di personale made in Italy
altamente qualificato. All’estero, una tata può arrivare a
guadagnare 4 mila euro al mese. Un maggiordomo capace di gestire un
intero staff domestico arriva a 100 mila euro netti all’anno, più
vitto, alloggio e altri benefit.
Nel
nostro Paese, dal 2009, è attiva l’Associazione italiana
maggiordomi (Aim), un ente no profit che si occupa della formazione e
del placement della categoria. «Si tratta di un mercato in forte
crescita da anni», spiega il presidente dell’Aim Elisa dal Bosco,
«famiglie e hotel sono sempre in cerca di queste figure». Gli
stipendi in Italia partono dai 1.500 euro mensili per i junior, a
salire fino a 10 mila per chi ha alle spalle anni di curriculum. Ma
non si tratta di un lusso esclusivo per nababbi. Sono in aumento
anche coloro che “affittano” un maggiordomo per farsi organizzare
una cena speciale con la fidanzata o per pianificare nei dettagli un
trasloco. Un servizio del genere, a giornata, costa intorno ai 300
euro. Il livello qualitativo richiesto è altissimo, la preparazione
meticolosa. Non ci si improvvisa maggiordomi. Per questo l’Aim
organizza in tutta Italia corsi professionali, di durata variabile
tra 100 e 400 ore, dedicati alla formazione di questa eccellenza
nostrana. In Lombardia, con la partnership della società Formawork,
ne sono stati portati a termine cinque nel solo 2015, completamente
gratuiti per i disoccupati under 29. Il prossimo, con iscrizioni
ancora aperte, partirà a inizio febbraio. «Diamo una mano a chi
cerca lavoro: il 70% dei nostri corsisti ha trovato un impiego»,
spiega dal Bosco. Pochi e molto ambiti i posti a disposizione nei
corsi: si impara a fare una valigia, gestire un guardaroba, pulire
una calzatura o l’argenteria. Si studiano materie come galateo,
cucina, management, usanze culturali, cura degli animali.
«Gli
allievi hanno tra i 18 e i 60 anni, alcuni di loro lavorano in tutto
il mondo», dice la presidente dell’Aim, che al momento ha circa
300 professionisti nel suo organico. Ex funzionari di banca, agenti
di viaggio, neolaureati, casalinghe: c’è chi ha perso il lavoro e
vuole reinventarsi, chi semplicemente ha trovato la sua soluzione
alternativa alla crisi. Capita anche che ai corsi si iscrivano
manager che vogliono imparare come comportarsi in occasioni di gala o
imprenditori interessati a migliorare la gestione del proprio
personale. Dopo l’apprendistato si aprono opportunità lavorative
molto diverse: alberghi, yacht e navi da crociera, case private.
Le
sfaccettature professionali sono infinite: si va dall’assistente
personale al manager della casa fino al gestore delle spese
domestiche o all’event planner.
Un problem-solver
dalle mille etichette. «Immaginiamo il maggiordomo come come un
direttore d’orchestra, capace di dare armonia e tempi a più voci»,
si legge nel sito dell’Aim. Secondo gli esperti del settore, anche
in questo campo italians do it better.
«Tate professioniste, cuochi privati e maggiordomi italiani non sono
mai stati richiesti come adesso, anche dall’estero, in particolare
in Svizzera e a Londra», spiega Paola Diana, fondatrice e
amministratore di Nanny & Butler (nannybutler.com), società di
ricerca e selezione di personale specializzato nella cura della casa
e dei bambini, con sedi a Roma, Milano e nella capitale del Regno
Unito. «L’essere italiani si associa nell’immaginario comune
all’eleganza, alla dolcezza nella cura dei bambini e al buon cibo,
ed è sicuramente un valore aggiunto per chi cerca queste figure».
Lo
stile del maggiordomo made in Italy, insomma, si distingue dal
classico cliché british tanto caro a cinema, serie tv e romanzi
gialli (vedi il box). Non è un caso quindi che sia italiano uno dei
primi flying butler al
mondo. Si tratta di Roberto Lietti, 33enne proveniente dal comasco,
che da circa un anno fa parte della ristretta squadra di 13
maggiordomi volanti che operano a bordo degli Airbus della Etihad
Airways. La compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti nei suoi
voli da Abu Dhabi a Londra, Sydney e New York mette a disposizione il
pacchetto The Residence: tre camere private con doccia, soggiorno e
butler personale. Il tutto a una cifra tra 15 e 20 mila euro a
tratta. Con eleganza e discrezione, sempre a passo felpato, il
maggiordomo è passato dai gialli di Agatha Christie alla conquista
dei cieli.
“Pagina
99”, 30 gennaio 2016
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