Quarant'anni fa Charles
M. Schulz, classe 1923, nato nel Minnesota, trasferito in California,
pubblica in America la prima striscia coi fumetti di Charlie Brown e
di quell'altra banda di bambini in un mondo senza adulti. Nella
banda, cogli anni, il più famoso diventerà Linus (coperta
all'orecchio e pollice in bocca). Fin dalla prime strisce tra i
bambini c'è un cane, Snoopy, che con gli anni cambierà faccia: il
muso di Snoopy si ingrossa come in casa Disney con gli anni si
accorcia e si allarga il becco di Paperino.
Charlie Brown &
Company sono festeggiati come quarant'anni d'eterna giovinezza,
quest'anno. La festa comincia martedì prossimo a Parigi, al Musée
des Arts Décoratifs; in Italia Rizzoli prepara un grande libro
storico.
Sembra che i fumettologi,
gli esperti di comunicazioni di massa e tutta la banda dei semiologi,
bambini in un mondo senza adulti, siano pronti a riconoscere che
l'Italia ha avuto un peso determinante nel successo planetario di
Charlie Brown & Co. L'Italia, Milano forse. Dunque c'era una
volta, alla fine degli anni Cinquanta, una città chiamata Milano. La
città di Bacchelli e di Bagutta! diranno i miei lettori di destra.
La città di Bianciardi e del Giamaica! diranno i miei lettori di
sinistra. La città di Gaetano Baldacci e di Arbasino! diranno i miei
lettori di centro. Se ne possono dire tante. C'era, fra le altre, una
Milano di anglomani e anglofoni. Gente che non solo andava a Londra
per comprarsi le scarpe leggendo gialli in lingua originale:
leggevano fantascienza, che verrà di moda più tardi, e fumetti, che
erano già di moda tra gli intellettuali di sinistra (specie fiorente
in quegli anni), ma costituivano un grande continente, ancora in gran
parte da scoprire. L'avvocato Francesco Mottola in particolare aveva
scoperto per conto suo le storie di Charlie Brown, che arrivavano
saltuariamente, fortunosamente dagli Stati Uniti in volumetti
brossurati. Li amava perdutamente, li prestava agli amici, li
regalava. Fra l'avvocato Mottola e Charlie Brown probabilmente c'era,
prima di ogni considerazione letteraria e artistica, un'affinità
elettiva. Già prima di conoscere Charlie Brown l'avvocato Mottola
diceva frasi del tipo Il mondo si divide in due, quelli a cui
piace il gelato e quelli a cui piace il gelato. Gli amici
spiegavano a chi non lo conosceva, e non capiva, che se per assurdo a
qualcuno non piace il gelato non bisogna tenerne conto.
Tra gli amici più
stretti dell'avvocato Mottola erano l'avvocato Bruno Cavallone, il
notaio Franco Cavallone, e Ranieri Carano. Tutti e quattro da bambini
erano vissuti nella stessa casa, Bianca di Savoia 8. Questa strada fa
angolo con via Mercalli, dove stavano Leo Longanesi e Giorgio
Manganelli. Nell'improvviso, profondo amore per le strisce di Charlie
Brown viene coinvolto Giovanni Gandini, il miglior amico del notaio
Cavallone. È il vero poeta del gruppo; è un esperto di grafica; ha
un forte spirito imprenditoriale. Dopo un negozio di formaggi e un
caffè-bar-ristorante ha aperto, con la moglie, una libreria. La
moglie, la ragazza Gregorietti, l'Anna Maria Gandini detta
Annamariagandini, dice che la libreria l'ha aperta lei, con alcune
amiche; il Giovanni ha solo dato una mano, con la sua esperienza
imprenditoriale. Importano i libri di Schulz, in originale. Si
vendono bene. La piccola banda di anglomani milanesi pensa che forse
può valer la pena di tradurli, quei libri. Qui interviene la mente
imprenditoriale di Giovanni Gandini, che prende gli accordi coi
distributori, decide per il cartonato invece della brossura. Giugno
1963, esce il primo libro, intitolato Arriva Charlie Brown. Ha
successo, altri ne seguono, finché Giovanni Gandini fa il passo
decisivo, fonda e dirige una rivista di fumetti che prende nome da
quell'altro personaggio, Linus.
Siamo al 1965. È la
rivista “Linus” che determina il grande successo di questi
fumetti, non solo in Italia, ma, a catena, in Francia e Spagna e poi
in Giappone. La Gran Bretagna arriva in ritardo, benché Giovanni
Gandini impianti un ufficio a Londra, in King's Road. Questo è vero
perché il numero zero del “Linus inglese”, maggio 1970, ce l'ho
anch' io. I primi numeri di Linus, il Linus dei primi anni, valgono
oro, nel mercato antiquario.
Poi la storia è stata
lunga, complicata, non sempre gradevole. Saltiamo al momento in cui,
nella storia di Charlie Brown & Company, compare un altro
personaggio, sempre milanese, Fulvia Serra. È una ragazzina coi
capelli rossi e una gamba ingessata per incidente di sci. È a
Riccione con la mamma, a cercar casa per l' estate. Scopre Charlie
Brown. Colpo di fulmine. Interrompe gli studi di architettura (a
Milano) e entra nella redazione di Linus. Dal 1982 è il direttore.
Ha saputo ristabilire buoni rapporti fra Linus e i padri fondatori,
Gandini e Cavallone, dopo un periodo di freddezze con direttori
intermedi. Parliamo delle traduzioni. “Fin dall'inizio le
traduzioni di queste strisce sono state curate come ben pochi curano
le traduzioni nelle case editrici, dice Fulvia Serra. I primissimi
traduttori furono Bruno e Franco Cavallone, poi Ranieri Carano che ci
lavora ancor oggi. Sono famose le dispute corali per l'interiezione
di Charlie Brown, Good grief, che a volte venne lasciata così,
a volte fu tradotta Misericordia, Santo Cielo. Adesso, per questioni
complicate di diritti, anche altri editori, oltre noi, possono usare
il marchio di Snoopy, e tradurre certe cose. The Great Pumpkin viene
tradotto letteralmente la Grande Zucca, ed è sgradevole. La nostra
traduzione, il Grande Cocomero, resta quella classica, quella
giusta”.
L'italiano che parlano
Charlie Brown & Company è un italiano settentrionale? padano?
milanese? “Certo, risponde Gandini. Gli esperimenti di Paese Sera,
con toni romaneschi, sono fortunatamente dimenticati”. A certe
strisce di Charlie Brown tradotte con patina romanesca accenna anche
Franco Cavallone, per un vecchio libro di Roberto Gianmarco. Allora
forse per la delizia dei linguisti e dei campanilisti in occasione di
queste feste si potrebbe vedere davvicino se è vero o no che Charlie
Brown nasce a Milano. Forse è nato a Roma, e si è trasferito negli
anni delle grandi migrazioni interne. Che poi si sia ambientato a
Milano sarebbe solo il secondo, lungo, felice periodo di una storia
più complicata di quel che sembra.
Per oggi, per festeggiare
i quarant'anni di Charlie Brown, qualcuno proverà a leggerlo per la
prima volta, c'è sempre una prima volta. Qualcuno proverà a
riprenderlo in mano. Forse è un miracolo, essere ancora qui, mentre
Charlie Brown veleggia nell'Eternità dell'Arte e della Storia. È un
miracolo, Santo Cielo, passeggiare con Giovanni Gandini nella zona
quasi intatta di Milano dove lui ha lo studio, con finta vetrina di
piccolo antiquariato: giocattoli, libri per ragazzi. Gandini,
ascoltami. Charlie Brown si legge ancora bene. Ma a rileggere quello
che tu facesti scrivere sul primo numero di Linus da personaggi come
Elio Vittorini, Umberto Eco, Oreste Del Buono, si sente il gelo di
un'epoca morta e sepolta, gelo di cenotafio. Cercheresti ancora
sponsorizzazioni di quel genere? Ah, sì. Io ho un grande spirito
manageriale. Sapevo cosa bisognava fare perché certa gente si
accorgesse di Charlie Brown, l'ho fatto, con successo, lo rifarei,
inventerei cose analoghe.
“la Repubblica”, 20
gennaio 1990
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