19.11.17

Il giovanotto Charlie Brown (Giampaolo Dossena)

Quarant'anni fa Charles M. Schulz, classe 1923, nato nel Minnesota, trasferito in California, pubblica in America la prima striscia coi fumetti di Charlie Brown e di quell'altra banda di bambini in un mondo senza adulti. Nella banda, cogli anni, il più famoso diventerà Linus (coperta all'orecchio e pollice in bocca). Fin dalla prime strisce tra i bambini c'è un cane, Snoopy, che con gli anni cambierà faccia: il muso di Snoopy si ingrossa come in casa Disney con gli anni si accorcia e si allarga il becco di Paperino.
Charlie Brown & Company sono festeggiati come quarant'anni d'eterna giovinezza, quest'anno. La festa comincia martedì prossimo a Parigi, al Musée des Arts Décoratifs; in Italia Rizzoli prepara un grande libro storico.
Sembra che i fumettologi, gli esperti di comunicazioni di massa e tutta la banda dei semiologi, bambini in un mondo senza adulti, siano pronti a riconoscere che l'Italia ha avuto un peso determinante nel successo planetario di Charlie Brown & Co. L'Italia, Milano forse. Dunque c'era una volta, alla fine degli anni Cinquanta, una città chiamata Milano. La città di Bacchelli e di Bagutta! diranno i miei lettori di destra. La città di Bianciardi e del Giamaica! diranno i miei lettori di sinistra. La città di Gaetano Baldacci e di Arbasino! diranno i miei lettori di centro. Se ne possono dire tante. C'era, fra le altre, una Milano di anglomani e anglofoni. Gente che non solo andava a Londra per comprarsi le scarpe leggendo gialli in lingua originale: leggevano fantascienza, che verrà di moda più tardi, e fumetti, che erano già di moda tra gli intellettuali di sinistra (specie fiorente in quegli anni), ma costituivano un grande continente, ancora in gran parte da scoprire. L'avvocato Francesco Mottola in particolare aveva scoperto per conto suo le storie di Charlie Brown, che arrivavano saltuariamente, fortunosamente dagli Stati Uniti in volumetti brossurati. Li amava perdutamente, li prestava agli amici, li regalava. Fra l'avvocato Mottola e Charlie Brown probabilmente c'era, prima di ogni considerazione letteraria e artistica, un'affinità elettiva. Già prima di conoscere Charlie Brown l'avvocato Mottola diceva frasi del tipo Il mondo si divide in due, quelli a cui piace il gelato e quelli a cui piace il gelato. Gli amici spiegavano a chi non lo conosceva, e non capiva, che se per assurdo a qualcuno non piace il gelato non bisogna tenerne conto.
Tra gli amici più stretti dell'avvocato Mottola erano l'avvocato Bruno Cavallone, il notaio Franco Cavallone, e Ranieri Carano. Tutti e quattro da bambini erano vissuti nella stessa casa, Bianca di Savoia 8. Questa strada fa angolo con via Mercalli, dove stavano Leo Longanesi e Giorgio Manganelli. Nell'improvviso, profondo amore per le strisce di Charlie Brown viene coinvolto Giovanni Gandini, il miglior amico del notaio Cavallone. È il vero poeta del gruppo; è un esperto di grafica; ha un forte spirito imprenditoriale. Dopo un negozio di formaggi e un caffè-bar-ristorante ha aperto, con la moglie, una libreria. La moglie, la ragazza Gregorietti, l'Anna Maria Gandini detta Annamariagandini, dice che la libreria l'ha aperta lei, con alcune amiche; il Giovanni ha solo dato una mano, con la sua esperienza imprenditoriale. Importano i libri di Schulz, in originale. Si vendono bene. La piccola banda di anglomani milanesi pensa che forse può valer la pena di tradurli, quei libri. Qui interviene la mente imprenditoriale di Giovanni Gandini, che prende gli accordi coi distributori, decide per il cartonato invece della brossura. Giugno 1963, esce il primo libro, intitolato Arriva Charlie Brown. Ha successo, altri ne seguono, finché Giovanni Gandini fa il passo decisivo, fonda e dirige una rivista di fumetti che prende nome da quell'altro personaggio, Linus.
Siamo al 1965. È la rivista “Linus” che determina il grande successo di questi fumetti, non solo in Italia, ma, a catena, in Francia e Spagna e poi in Giappone. La Gran Bretagna arriva in ritardo, benché Giovanni Gandini impianti un ufficio a Londra, in King's Road. Questo è vero perché il numero zero del “Linus inglese”, maggio 1970, ce l'ho anch' io. I primi numeri di Linus, il Linus dei primi anni, valgono oro, nel mercato antiquario.
Poi la storia è stata lunga, complicata, non sempre gradevole. Saltiamo al momento in cui, nella storia di Charlie Brown & Company, compare un altro personaggio, sempre milanese, Fulvia Serra. È una ragazzina coi capelli rossi e una gamba ingessata per incidente di sci. È a Riccione con la mamma, a cercar casa per l' estate. Scopre Charlie Brown. Colpo di fulmine. Interrompe gli studi di architettura (a Milano) e entra nella redazione di Linus. Dal 1982 è il direttore. Ha saputo ristabilire buoni rapporti fra Linus e i padri fondatori, Gandini e Cavallone, dopo un periodo di freddezze con direttori intermedi. Parliamo delle traduzioni. “Fin dall'inizio le traduzioni di queste strisce sono state curate come ben pochi curano le traduzioni nelle case editrici, dice Fulvia Serra. I primissimi traduttori furono Bruno e Franco Cavallone, poi Ranieri Carano che ci lavora ancor oggi. Sono famose le dispute corali per l'interiezione di Charlie Brown, Good grief, che a volte venne lasciata così, a volte fu tradotta Misericordia, Santo Cielo. Adesso, per questioni complicate di diritti, anche altri editori, oltre noi, possono usare il marchio di Snoopy, e tradurre certe cose. The Great Pumpkin viene tradotto letteralmente la Grande Zucca, ed è sgradevole. La nostra traduzione, il Grande Cocomero, resta quella classica, quella giusta”.
L'italiano che parlano Charlie Brown & Company è un italiano settentrionale? padano? milanese? “Certo, risponde Gandini. Gli esperimenti di Paese Sera, con toni romaneschi, sono fortunatamente dimenticati”. A certe strisce di Charlie Brown tradotte con patina romanesca accenna anche Franco Cavallone, per un vecchio libro di Roberto Gianmarco. Allora forse per la delizia dei linguisti e dei campanilisti in occasione di queste feste si potrebbe vedere davvicino se è vero o no che Charlie Brown nasce a Milano. Forse è nato a Roma, e si è trasferito negli anni delle grandi migrazioni interne. Che poi si sia ambientato a Milano sarebbe solo il secondo, lungo, felice periodo di una storia più complicata di quel che sembra.
Per oggi, per festeggiare i quarant'anni di Charlie Brown, qualcuno proverà a leggerlo per la prima volta, c'è sempre una prima volta. Qualcuno proverà a riprenderlo in mano. Forse è un miracolo, essere ancora qui, mentre Charlie Brown veleggia nell'Eternità dell'Arte e della Storia. È un miracolo, Santo Cielo, passeggiare con Giovanni Gandini nella zona quasi intatta di Milano dove lui ha lo studio, con finta vetrina di piccolo antiquariato: giocattoli, libri per ragazzi. Gandini, ascoltami. Charlie Brown si legge ancora bene. Ma a rileggere quello che tu facesti scrivere sul primo numero di Linus da personaggi come Elio Vittorini, Umberto Eco, Oreste Del Buono, si sente il gelo di un'epoca morta e sepolta, gelo di cenotafio. Cercheresti ancora sponsorizzazioni di quel genere? Ah, sì. Io ho un grande spirito manageriale. Sapevo cosa bisognava fare perché certa gente si accorgesse di Charlie Brown, l'ho fatto, con successo, lo rifarei, inventerei cose analoghe.


“la Repubblica”, 20 gennaio 1990  

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